XVI LEGISLATURA PROPOSTA DI LEGGE D’iniziativa delle deputate Cenni, Amici
“Norme per la parità di accesso ai mezzi di comunicazione in campagna elettorale, e per l’istituzione di un’Agenzia per la parità, per la non discriminazione tra i generi e per la tutela della dignità della donna nell’ambito della pubblicità e della comunicazione”
RELAZIONE
On. Colleghe, On. Colleghi,! – Appare con ogni evidenza un punto di snodo imprescindibile per un corretto e, speriamo, migliore sviluppo della nostra società, quello di valorizzare le presenze femminili a tutti i livelli: strategico ci appare, dunque, lo scenario pubblico, in tutte le sue varie declinazioni, iniziando da quello che è diventato uno dei veri cardini del dibattito politico, e cioè il mondo dei mass-media e, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto della rappresentazione dell’immagine della donna. Considerando il numero bassissimo di presenze femminili in televisione le trasmissioni di approfondimento politico e le poche o nulle durante le campagne elettorali, la situazione nel nostro Paese è drammatica. Malgrado in Italia non siano mancati i tentativi di accendere l’attenzione sul tema della corretta rappresentazione dell’immagine femminile (citiamo, ad esempio, il Documento di indirizzo alle emittenti sulla rappresentazione della donna del Comitato per l’applicazione del Codice Tv e Minori), appare evidente il fatto che il nostro Paese necessita di una decisa iniziativa nella promozione di una più moderna cultura della comunicazione intorno alla donna, laddove per moderna intendiamo più attenta alla sua crescita sociale, più consapevole della complessa identità femminile, più rispettosa dei suoi “diritti di cittadinanza” e del diritto costituzionalmente garantito a non essere discriminata sulla base del genere di appartenenza.
I dati a nostra disposizione riportano un quadro sicuramente sconfortante: in televisione, ad esempio, lo spazio offerto alla figura femminile è ampio, ma quasi sempre “gestito” da una figura maschile, in posizione (quando va bene) di “comprimaria”, in relazione a figure maschili “ordinanti”. Lo status socio economico delle donne rappresentate è quasi sempre medio alto, l’età assolutamente giovanile, è l’estetica è la chiave di volta che permette sempre e comunque di accedere al mondo del femminile. In Italia negli ultimi anni il rapporto tra l’immagine delle donne offerto dai media e il ruolo delle donne nella realtà, a causa della rappresentazione distorta che ne fanno i mezzi di comunicazione ricorrendo a stereotipi riduttivi e fuorvianti è senza dubbio compromesso: l’informazione e la comunicazione sono elementi integranti di ogni organizzazione sociale, fattori cruciali di qualsiasi processo di sviluppo e di empowerment e svolgono un ruolo critico nell’ottica del cambiamento sociale anche per quel che riguarda il raggiungimento dell’uguaglianza di genere. La rappresentazione delle donne trasmessa più frequentemente dai media e dalla pubblicità incide soprattutto sulle giovani generazioni, e il tema delle pubblicità lesive della dignità delle donne e di una più rispondente, rispettosa e attenta rappresentazione del genere femminile nei media è al centro del dibattito sociale del Paese.
Lo sviluppo esponenziale dei mezzi di comunicazione di nuova generazione come Internet e i Social Networks ha un ruolo crescente nella vita delle persone con nuove opportunità e nuovi rischi, richiedendo alle tradizionali agenzie educative una maggiore e diversa responsabilità e presenza per contrastare una rappresentazione delle donne nella società italiana largamente non rispondente alla realtà e modelli effimeri e distorti proposti ai giovani, mentre altri modelli di donne impegnate nelle professioni, nella ricerca, nella cultura, nel volontariato non hanno adeguata visibilità.
In questo contesto è necessario, e, riteniamo, urgente, ribadire la responsabilità dei media nel determinare una tendenza ad un uso strumentale della figura femminile e ad una sua inappropriata rappresentazione negandole dignità nella diversa identità. Tutto ciò è da anni oggetto di appelli di intellettuali, petizioni popolari, mozioni parlamentari, studi scientifici, risoluzioni e raccomandazioni dell’Unione europea e dell’ONU. Negli ultimi anni la condizione generale delle donne in Italia è regredita al punto tale che l’immagine prevalente che ne deriva è quella degradata di un oggetto di sfruttamento sessuale, da valutare soprattutto per la prestanza fisica e la giovane età, la triste immagine che emerge del mondo femminile, così come rappresentato dai media, è quella di giovani donne attratte da un modello femminile basato sulla possibilità di ottenere un facile successo, di «diventare famose» usando il proprio corpo anche a costo di stare «nude e mute» sulla scena. La grande visibilità e, purtroppo non di rado, il miraggio di successo e di guadagni economici che le giovani donne acquistano solo grazie a qualche apparizione televisiva hanno portato inevitabilmente alla convinzione che cultura, talento e impegno non siano assolutamente requisiti necessari per ricoprire ruoli anche importanti: risultato della diffusione deteriore di una certa immagine della donna è l’idea che sia sufficiente apparire per essere, per esistere, per dare un senso alla propria vita, come dimostrano le ricerche più recenti. Lo spazio offerto alla figura femminile è di solito ampio, ma generalmente «gestito» da una figura maschile: di conseguenza le donne, pur essendo spesso protagoniste della situazione o della vicenda rappresentata, lo sono ma nel ruolo di «oggetto», e non di “soggetto” del racconto. Falsata ed edulcorata è poi la rappresentazione del mondo femminile nella sua completezza: non si parla quasi mai delle donne impegnate nella politica, nella cultura, nel mondo del lavoro, per non parlare dell’universo delle donne anziane o disabili delle donne disabili, veri e propri “fantasmi” dell’informazione, se non nell’ambito della cronaca nera (anche l’estrazione sociale finisce per diventare un ulteriore fattore di invisibilità: come solo nel 9,6 per cento dei casi rilevati la donna sembra appartenere ad un ceto medio-basso, lo status sociale rappresentato prevalentemente è quello medio-alto cui appartengono solo donne ben vestite e truccate, estremamente attente alla cura dell’aspetto fisico).
Nei programmi di intrattenimento il conduttore è quasi sempre un uomo mentre della donna, mostrata in abiti succinti, si sottolineano le «doti» considerate tipiche della giovinezza, quali la bellezza, la malizia e la spregiudicatezza, e solo in pochi casi le doti artistiche, culturali o le qualità umane. Al contrario, nei programmi di informazione la donna compare soprattutto all’interno di servizi di cronaca nera, protagonista di vicende drammatiche in cui appare o come vittima di violenze, stupri e prevaricazioni, o come «carnefice» (basti pensare a tutta la serie di «madri assassine» di cui la cronaca ha parlato negli ultimi anni), vicende in cui i particolari più macabri o scabrosi sono dati in pasto al pubblico in una difesa ipocrita ed in malafede del diritto di cronaca.
La mancata visibilità di donne che hanno successo in politica, nella ricerca scientifica, nell’imprenditoria, nella medicina, nella cultura, contrapposta all’eccessiva visibilità delle partecipanti ai reality show o ai concorsi di bellezza ha come triste, ma inevitabile, conseguenza, il fatto che gran parte delle adolescenti, di qualsiasi estrazione sociale e livello culturale, consideri quale obiettivo primario diventare una «velina» o, comunque, semplicemente apparire pur non avendo alcun talento da mostrare, utilizzando a tal fine non la propria cultura, ma la propria immagine di «corpo femminile» muto. Tutto questo contribuisce a creare un’immagine della donna divisa tra il mondo dello spettacolo e quello della cronaca nera: la donna o è bella, maliziosa, vincente e spregiudicata oppure è vittima. Tertium non datur. L’immagine del femminile è dunque quasi sempre associata ai temi dello spettacolo e della moda, oppure a quelli della violenza fisica e della giustizia; quasi mai ai temi della politica, alla realizzazione professionale e all’impegno nel mondo della cultura, mentre nei programmi di approfondimento la conduzione è in mano agli uomini nel 63 per cento dei casi e quando le donne intervengono in qualità di «esperte» lo fanno soprattutto su argomenti come l’astrologia, la natura, l’artigianato e la letteratura. La situazione non appare migliore per quanto riguarda la rappresentazione della figura femminile sulla carta stampata, laddove troppo spesso si ritrova un linguaggio legato agli stereotipi, proprio della comunicazione televisiva indirizzata ad un pubblico indistinto lo stesso, purtroppo, che è utilizzato per la pubblicità che appare sui quotidiani, sulle riviste femminili ed anche sui settimanali di informazione politica e di attualità, apparentemente indirizzati ad un pubblico più selezionato rispetto a quello televisivo.
E’ ormai evidente, al di là di ogni analisi sprezzante e cinica sull’enfatizzazione “snobistica” di questo problema, l’effetto dirompente di questo tipo di messaggio, ripetuto all’infinito, sui bambini e sugli adolescenti: i bambini di oggi e i ragazzi di domani non potranno che considerare la donna essenzialmente come un «corpo», mentre le bambine e le ragazze saranno perennemente alla ricerca ansiosa ed ossessiva di un bell’aspetto, da usare come arma di seduzione e come biglietto di ingresso nel mondo dello spettacolo; l’affermarsi di questa subcultura che ha al centro una distorta rappresentazione-visione della figura femminile si può certamente, come detto, considerare come una concausa del dilagare di varie forme di violenza nei confronti delle donne da parte di uomini di tutti le età, non da ultimo da parte di minorenni in età pre-adolescenziale.
Le disparità passano per molti livelli, non ultimo, certo, quello della rappresentanza politica: la legge sulla disciplina delle campagne elettorali (la cosiddetta “par condicio”) ha introdotto il principio di un’equa ripartizione degli spazi tra tutte le forze concorrenti costituendo un primo tentativo, ancorché assai rigido, di arginare quelle degenerazioni che la struttura del nostro sistema partitico avrebbe potuto portare in luce. Per questo motivo la presente proposta di legge contiene anche delle modificazioni alla legge 22 febbraio 2000, n. 28, che disciplina la presenza delle forze politiche durante le campagne elettorali e referendarie e nelle trasmissioni di approfondimento politico. In quel testo normativo viene infatti previsto che non solo venga esplicitato il vincolo generale contenuto nell’articolo 51, comma 1 della Costituzione per la promozione delle pari opportunità fra generi ma anche che i tempi dedicati ai partiti che partecipano alle elezioni siano equamente ripartiti tra i due generi, durante le campagne elettorali, e che tale previsione venga estesa anche ai programmi di approfondimento politico fuori dai periodi di campagna elettorale.
Analoghe disposizioni vengono previste anche con riferimento alle emittenti locali, obbligandole, quanto alle misure relative al rispetto del pluralismo, anche a garantire pari opportunità fra i candidati, pur tenendo conto del regime diverso – decisamente meno regolamentato, considerando la decisività del codice di autoregolamentazione che influenza le scelte finali – cui essi sono sottoposti. Per garantire la realizzazione degli obiettivi esposti viene prevista, all’uopo, l’istituzione di un’Agenzia per parità, per la non discriminazione tra i generi, e per la tutela della dignità della donna nell’ambito della pubblicità e della comunicazione, con poteri di impulso e di controllo, oltre che sanzionatori sul tema.
TITOLO I
Articolo 1
(Finalità e definizioni)
1. La presente legge ha lo scopo di tutelare la dignità della donna e dell’uomo nell’ambito della comunicazione mediatica e pubblicitaria, di garantire la parità di accesso alle campagne elettorali per le competizioni politiche, nonché di rendere effettivo il diritto alla parità di trattamento tra donne e uomini, con particolare riferimento alla loro rappresentazione nei messaggi dei mezzi di comunicazione, al fine di evitare effetti lesivi della dignità delle persone e di promuovere, invece, l’affermazione di un’immagine rispettosa delle differenze che si allontani da ogni stereotipo legato al “genere”.
1. Ai fini della presente legge si intende “comunicazione mediatica” qualunque forma di messaggio veicolato per mezzo di organi di informazione, quali la stampa, la radio, la televisione, internet, oppure altro tipi di divulgazione anche di tipo artistico.
2. Ai fini della presente legge si intende comunicazione pubblicitaria qualunque forma di messaggio che venga diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere o di servizi.
Articolo 2
(Disposizioni in materia di comunicazione mediatica e pubblicitaria)
1. E’ fatto divieto di utilizzare in modo vessatorio o discriminatorio l’immagine della donna e dell’uomo, utilizzando il corpo umano in modo offensivo della dignità della persona, assimilando l’immagine femminile e maschile, oppure parti del corpo umano ad oggetti inanimati, animali od ai prodotti pubblicizzati, evocando immagini di consumo, commercio, sfruttamento sessuale o violenza, sottomissione delle persone e del loro corpo, oppure direttamente o indirettamente contribuendo alla diffusione di stereotipi, di violenza e discriminazione;
2. Si considerano illecite le trasmissioni televisive di intrattenimento che prevalentemente presentino contenuti lesivi della dignità della persona ai sensi dei commi primo e secondo del presente articolo.
TITOLO II
Articolo 3
(Disposizione per la parità di accesso ai mezzi di comunicazione in campagna elettorale)
1. Alla legge 22 febbraio 2000, n. 28, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
«2-bis. Ai fini dell’applicazione della presente legge, i mezzi di informazione nell’ambito delle trasmissioni per la comunicazione politica, sono tenuti al rispetto dei princìpi di cui all’articolo 51, comma 1, della Costituzione per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini.»;
b) all’articolo 3, dopo il comma 1, è inserito il seguente:
«1-bis. Le emittenti radiotelevisive devono altresì assicurare una paritaria presenza dei generi nelle trasmissioni di cui al comma 3.»;
c) al comma 2 dell’articolo 4 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«d-bis) per ogni tipo di consultazione elettorale e referendaria gli spazi sono ripartiti in misura uguale tra i generi»;
d) al comma 1 dell’articolo 11-quater, dopo le parole «la parità di trattamento» sono inserite le seguenti: «,la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini»;
e) al comma 2 dell’articolo 11-quater, dopo le parole «la parità di trattamento» sono inserite le seguenti: «, la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini».
TITOLO III
Art. 4
(Agenzia per la parità, per la non discriminazione tra i generi e per la tutela della dignità della donna nell’ambito della pubblicità e della comunicazione)
1. È istituita un’Agenzia per la parità, per la non discriminazione tra i generi e per la tutela della dignità della donna nell’ambito della pubblicità e della comunicazione, di seguito denominata «Agenzia».
2. L’Agenzia è soggetto giuridicamente distinto e funzionalmente indipendente dal Governo.
3. L’Agenzia opera sulla base di principi di autonomia organizzativa, tecnico-operativa e gestionale, di trasparenza e di economicità.
Art. 5
(Composizione dell’Agenzia per la parità, per la non discriminazione tra i generi e per la tutela della dignità della donna nell’ambito della pubblicità e della comunicazione)
1. L’Agenzia è organo collegiale costituito dal presidente, nominato con determinazione adottata d’intesa dai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, e da altri sei componenti eletti, in numero di due dal Senato della Repubblica e in egual numero dalla Camera dei deputati e in numero di due dalla Conferenza Stato Regioni.
2. Risultano eletti in ciascun ramo del Parlamento i candidati che riportano il maggior numero di voti.
3. Il Presidente e gli altri componenti durano in carica sette anni e non possono essere rieletti. Almeno sei mesi prima della scadenza del mandato sono attivate le procedure per la nomina del nuovo presidente e per l’elezione dei nuovi componenti. I membri dell’Agenzia restano in carica fino alla nomina dei nuovi componenti.
4. I componenti dell’Agenzia sono scelti tra persone che assicurino indipendenza e idoneità alla funzione, che possiedano un’esperienza pluriennale nel campo della tutela e della promozione della non discriminazione tra i generi e della tutela della dignità della donna con particolare riferimento all’ambito della pubblicità e della comunicazione e che siano di riconosciuta competenza nelle discipline afferenti al campo citato..
Art. 6
(Compiti dell’Agenzia ).
1. L’Agenzia in conformità alla presente legge, ha il compito di:
a) promuovere iniziative volte ad adempiere agli obblighi comunitari sanciti dalle risoluzioni sul tema dell’Unione europea, nonché a dare impulso agli organi preposti in merito alle raccomandazioni del Comitato Onu per la CE-DAW, al fine di garantire un’informazione pubblicitaria che sia rispettosa della figura femminile e pari dignità di tutti i generi;
b) promuovere campagne di informazione finalizzate alla diffusione ed alla valorizzazione del lavoro e delle opere delle donne in ambito imprenditoriale, artistico, culturale, scientifico, sociale e politico in particolare nelle scuole al fine di evitare che i giovani e le giovani ricevano messaggi discriminatori e fuorvianti e si perpetuino stereotipi non veritieri che costituiscono modelli sbagliati di riferimento;
d) promuovere ogni iniziativa utile a valorizzare e potenziare gli strumenti di educazione dei giovani ad un utilizzo critico, consapevole e responsabile dei mezzi di comunicazione;
e) promuovere azioni positive che favoriscano l’accesso alle posizioni dirigenziali del sistema radiotelevisivo pubblico, con particolare attenzione alle testate giornalistiche, finalizzato ad una crescente influenza sulle scelte editoriali e di palinsesto;
f) vigilare affinché, in sede di stipula dei Contratti di servizio con la RAI , il sistema radiotelevisivo pubblico, che attualmente rappresenta il principale e più popolare strumento di diffusione della conoscenza e dell’informazione, svolga realmente un’opera di sensibilizzazione al rispetto della diversità di genere, finalizzando la corretta rappresentazione della figura e del ruolo delle donne alla rimozione di ogni espressione di discriminazione e di stereotipi lesivi della dignità delle stesse;
g) elaborare, anche in collaborazione con lo IAP, Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, delle proposte di “codici di autoregolamentazione”che forniscano, nel rispetto delle norme e dell’indipendenza dell’informazione, linee guida al sistema radiotelevisivo, della carta stampata e della pubblicità che perseguano, anche nelle forme di linguaggio, il massimo rispetto della rappresentazione della figura femminile;
h) svolgere, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni dell’autorità giudiziaria, inchieste al fine di verificare l’esistenza di fenomeni discriminatori;
i) promuovere l’adozione, da parte di soggetti pubblici e privati, e in particolare da parte delle organizzazioni e delle associazioni portatrici di interessi legittimi, di misure specifiche, ivi compresi progetti di azioni positive, dirette ad evitare o a compensare le situazioni di svantaggio connesse alle cause di discriminazione di cui agli articoli precedenti;
f) promuovere e sostenere accordi con il sistema delle imprese, pubbliche e private, che prevedano un utilizzo responsabile, nell’ambito della comunicazione pubblicitaria e non, nel marketing dell’immagine femminile, e che rimandino ad una più moderna e rispettosa rappresentazione dei ruoli;
g) diffondere la massima conoscenza possibile degli strumenti di tutela vigenti anche mediante azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul principio della parità di trattamento e la realizzazione di campagne di informazione e di comunicazione;
l) raccogliere, coordinandosi con i Co. Re. Com e con le Commissioni Pari Opportunità delle regioni, relazioni annuali in merito all’applicazione dei principi della presente legge anche nell’ambito della comunicazione locale nell’emittenza televisiva regionale/locale;
m) redigere una relazione annuale per il Parlamento sull’effettiva applicazione dei principi di cui alla presente legge.
Art. 7
(Tutela dinanzi all’Agenzia).
1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, ha facoltà di denunziare violazioni di competenza dell’Agenzia.
2. I soggetti di cui al comma precedente possono far valere i propri diritti in via alternativa a quella giurisdizionale e ottenere la cessazione della violazione della disciplina in materia di parità e la rimozione dei relativi effetti, disponendo con provvedimento motivato la sospensione provvisoria di campagne pubblicitarie, di trasmissioni radiotelevisive, di rappresentazioni di tipo artistico, teatrale o cinematografico, in violazione della presente legge e ordinare la rimozione delle medesime.
Art.8
(Accertamenti e controlli).
1. Per l’espletamento dei propri compiti l’Agenzia può richiedere alle parti, o anche a terzi, di fornire informazioni e di esibire documenti.
2. L’Agenzia può disporre l’accesso a banche dati e archivi o altre ispezioni e verifiche nei luoghi ove si sono verificati gli atti, i comportamenti o le prassi discriminatori, o nei quali occorre effettuare rilevazioni comunque utili al controllo del rispetto della disciplina in materia di parità di trattamento.
Articolo 9
(Della rimozione)
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1. La rimozione della pubblicità e della comunicazioni nel senso previsto dalla presente legge, considerate illecite sempre ai sensi della presente legge e i costi del procedimento davanti all’Agenzia di cui agli articoli precedenti e sono a carico dell’ azienda promotrice dell’ente della pubblicità o della comunicazione.
Articolo 10
(Delle sanzioni)
1. In caso di inosservanza del divieto disposto dalla presente legge in ordine alla discriminazione fra generi nella pubblicità, si applicano le sanzioni previste dall’articolo 27 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, aumentabili fino a un terzo.
2. In caso di inosservanza delle disposizioni della presente legge si applicano le sanzioni previste dall’articolo 51 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, aumentabili fino a un terzo, fatta salva la competenza dell’Agenzia di cui alla presente legge nei confronti degli eventuali altri soggetti coinvolti .