Scacchi, tattica e realtà

 

Mentre scrivo sta giungendo al termine il secondo giro di consultazioni del Quirinale per tentare di far nascere un Governo dopo il voto del 4 marzo. Il quadro è ancora complesso, i numeri sono noti a tutti, così come i veti incrociati, le fughe in avanti, gli stop and go. C’è tattica, tanta.

Nota è anche la scelta dei due principali vincitori, Lega e M5S, che hanno fatto tra loro ogni possibile accordo utile a occupare qualsiasi spazio, e da bravi scacchisti a divorare tutte le pedine istituzionale, dagli uffici di presidenza delle Camere, ai collegi dei Questori, per arrivare alle Presidenze, vice Presidenze, Segretari, delle Commissioni Speciali, archiviando ogni prassi di rispetto delle minoranze che ha sempre visto una presenza delle forze di opposizione, appunto nel collegio dei questori, così come la presidenza delle Commissioni Speciali attribuita di norma al presidente uscente della Commissione Bilancio (nel 2013 in virtù di questo principio fu Giorgetti a guidare fino all’avvio effettivo della legislatura).

Tutto farebbe pensare a un accordo già fatto anche per il Governo, anche se niente di ciò è avvenuto in queste settimane, anzi si è chiesto ulteriore tempo. Siamo a 40 giorni dal voto, e serve a poco guardare al resto d’Europa, i lunghi mesi di attesa di un accordo di Governo in Germania, addirittura gli anni in Belgio e così via. Un Governo al Paese serve. Certo, un Governo c’è, quello presieduto da Paolo Gentiloni, ma il 4 marzo è stato uno tsunami, e tsunami sono quelli in atto anche sullo scenario internazionale, a partire dalla tragedia Siriana di cui troppo poco si parla e dalle tensioni pesantissime da guerra fredda fra Usa e Russia. Il Quirinale lascia trasparire l’intenzione di non svolgere un terzo giro di consultazioni.

Quale Governo, quindi, visto che nessuno ha i numeri in questo momento? Il Governo Sovranista di Lega e M5S? Un accordo tra centro destra e M5S? Oppure a breve, viste le difficoltà, nuove elezioni dopo una qualche modifica alla legge elettorale?

Lo sapremo molto presto. A oggi mi pare che ognuna di queste ipotesi sia possibile, anche se la prima pare quella più probabile.

Qualche giorno fa si è svolta l’assemblea dei gruppi parlamentari del Pd, o forse sarebbe più corretto dire che è iniziata la discussione, discussione che proseguirà visto l’altissimo numero di interventi ancora non svolti. Al di là delle forzate interpretazioni giornalistiche mi sento di dire che finalmente si è svolta tra noi una discussione vera e per alcuni aspetti anche alta ed è giusto precisare che, in quel contesto, non c’è stata alcuna “frattura” tra “aperturisti” o meno a una ipotesi di Governo con il M5S. Le semplificazioni dei twittatori seriali non aiutano il racconto reale.

La delegazione che partecipa alle consultazioni ha, credo, ben rappresentato il sentimento generale.

Le differenze non banali sono, invece, emerse sul modo di svolgere il ruolo di minoranza e anche sulla necessità di non chiuderci in un angolo ad aspettare, ma rilanciare i temi che riteniamo centrali per l’interesse del nostro Paese.

In questo senso le prime iniziative di legge depositate sono chiare, a partire dal raddoppio delle risorse da stanziare sul Reddito di Inclusione Sociale.

Questo dovremo fare: stanare chi ha vinto e chi governerà sui provvedimenti che servono al Paese, e valutare sulla base del merito gli atti da votare o contrastare.

Su come lavorare credo che dovremo discutere meglio anche tra di noi, mentre penso che sia poco utile avere una posizione di mero rifiuto di un tavolo, nonostante i comportamenti ambigui e poco affidabili del leader del M5S. Dialogare, ascoltarsi, non significa contaminarsi né compromettersi, ma confrontarsi.

Qualcuno in questi giorni ha ricordato che il PCI, pur non avendo mai governato, ha fatto l’interesse del Paese e consentito importanti riforme dal suo ruolo di opposizione. È stato proprio così. È utile riaprire qualche libro, rileggere cronache parlamentari, discorsi. Vedo però due grandi differenze che non andrebbero dimenticate tra quel pezzo di storia del Paese e oggi:

La prima è una differenza dettata dai numeri che quella forza esprimeva, quasi il doppio rispetto al nostro risultato elettorale.

La seconda è che quel Partito aveva una grande forza nel Paese fatta da una miriade capillare di volontari, relazioni e radicamento straordinari nel mondo del lavoro, nei quartieri, nei territori, tra le donne, gli intellettuali, i giovani, in grado di mobilitare milioni di italiane e italiani che oggi noi non abbiamo.

Certo siamo comunque la seconda forza del Paese ed è anche per questo che dobbiamo trovare e provare a svolgere un ruolo propositivo anche in minoranza, un ruolo che non può essere quello di attendere le mosse false degli altri, o addirittura di “auspicare” un governo Lega- M5S.

Il 21 aprile ci sarà la nostra Assemblea Nazionale, un passaggio delicato dopo le dimissioni del Segretario e l’avvio della reggenza di Maurizio Martina.

Non so ancora cosa ci aspetta. Ma in queste settimane non sempre abbiamo dato il meglio di noi.

Ho un auspicio da condividere con voi: che davvero possiamo essere capaci di gestire una fase di grande chiarezza, collegialità e condivisione per poi scegliere i nostri futuri gruppi dirigenti, leadership. Non credo sarebbe compreso niente di diverso.

Collegialità e condivisione. Trasparenza.

Quando si viene da una sconfitta così grande, successiva ad altre grandi sconfitte, bisogna essere capaci di aprire pagine del tutto nuove per andare avanti. Discontinuità, collegialità, analisi seria degli errori e re-immersione sociale con una forte azione politica e propositiva. Solo così si esce dai guai.

Le questioni e i rischi internazionali, le condizioni economiche e sociali di una parte grande del Paese, le giovani generazioni, l’Europa, la competitività del nostro sistema economico, la giustizia… occupiamoci di tutto questo, torniamo a progettare e ad ascoltare. Penso che fuori dai palazzi istituzionali tutto ciò interessi assai più del fiume di autocandidature vere o presunte già annunciate.

Qualche giorno fa su iniziativa di alcune compagne ed ex colleghe è stato elaborato un documento, poi sottoscritto da centinaia di donne del Pd. Si tratta di un documento a tratti molto critico sul Pd, sulla costruzione delle liste e soprattutto sulle pluricandidature, ma che rappresenta a mio parere (almeno io così l’ho inteso) prima di tutto una sollecitazione alle donne e agli uomini del Pd a riprendere un percorso vero e riconoscibile sulla differenza di genere, tema fondante del Pd che sembra essere smarrito. Non mi ritrovo al 100% in tutto ciò che chi ha redatto quel documento scrive, forse io avrei scritto altro e avrei fatto uno sforzo anche per evidenziare le differenze tra noi, le luci e le ombre di questi anni, ma ho comunque dato a chi me l’ha chiesta la mia adesione, affinché si dia il senso di un collettivo che si rimette in moto, affinché ci si rimetta a lavorare seriamente tra donne dentro e fuori dal Pd con due premesse per me indispensabili: l’autonomia delle donne nei luoghi della politica, e la relazione con le donne fuori dal Pd, con le cittadine vere, con le loro difficoltà, altrimenti rischieremmo di fare una mera operazione di ceto politico femminile, e non servirebbe a nessuna.

Ma voglio essere fiduciosa e pensare che le difficoltà, a volte, possano generare una reazione positiva e un nuovo inizio, perché quella delegazione del Pd, tutta solo maschile, che sale al Quirinale ci ha fatto un po’ male a tutte quante e vorremmo considerarla un passaggio in un momento difficile da superare.

Ps:

Mentre nelle istituzioni e nei partiti si discute, si assiste a giochi tattici e a mosse di scacchi, nel Paese continuano ad accadere molte cose reali, concrete, a volte molto buone, come il premio europeo conquistato dallo scienziato Rino Rappuoli insieme alla Fondazione TLS, che proietta il territorio a livello internazionale nel campo delle scienze della vita. Penso anche però alla vicenda della sentenza sul ricorso dei lavoratori Foodora, una sentenza che ci rimette davanti agli occhi la situazione dei tanti lavoratori non garantiti.

Tornerò a parlarne, per adesso condivido con voi il commento di Barbara Pollastrini.

Ecco, tutto ciò, la realtà, dovrebbe riportarci “al via” e consigliare a tutti passi migliori.

Susanna