Mancano pochi giorni al 25 settembre, giorno in cui si decide che strada prende l’Italia. Dopo che – un po’ per un gioco poco calcolato, un po’ per opportunismo di parte – è stato brutalmente e irresponsabilmente interrotto il percorso di Draghi alla guida del Paese in mezzo a difficoltà inedite, caratterizzate dal caro bollette, dal rischio di chiusura di molte imprese e di implosione di bilanci familiari, è il momento del voto. I sondaggi ci hanno raccontato di una superiorità della destra, ma i sondaggi possono essere cambiati dalla realtà, dalle persone in carne e ossa che prendono in mano il loro destino.
Perché è in discussione il destino non solo di un Paese, di una economia, di un sistema sanitario, di un assetto Costituzionale, della sua collocazione in Europa; è in discussione la vita dei singoli. Degli uomini e delle donne, dei progetti di vita.
“Parlate di programmi”, è la richiesta di molti. Ed è giusto farlo. Leggerli significa misurare la distanza tra due strade diametralmente opposte: da una parte, una destra che non ha mai creduto nella crisi climatica e, dall’altra, il PD che la mette al centro proponendo un piano per il clima, proposte concrete per la gestione e il risparmio idrico, lo stop al consumo di suolo. Le immagini, le storie, le notizie arrivate dalle Marche martoriate ci dimostrano che negare le crisi climatica significa negare il presente; non agire per combattere le crisi climatica, significa spendere per riparare ai danni delle calamità naturali, 51 miliardi di euro negli ultimi 40 anni in Italia.
Non è l’unica strada da scegliere. Da una parte, infatti c’è una destra che parla di diritto a non abortire (come se qualcuno imponesse alle donne di farlo) e, dall’altra, ci siamo noi che affermiamo oggi e per il futuro la piena autodeterminazione delle donne, la inviolabilità del corpo femminile. Una destra becera che esalta la “famiglia tradizionale” e noi che abbiamo voluto le unioni civili, che desideriamo norme a tutela di tutte le famiglie e le unioni che hanno alla base l’amore tra le persone. Una destra che propone la flat tax a tutela dei redditi più alti e noi che crediamo nel principio costituzionale della progressività del fisco. Una destra che invoca teoriche liberazioni da lacci e noi che mettiamo al centro lavoro, lotta alla precarietà, salario minimo e cuneo fiscale. E ancora una destra più vicina all’Ungheria che a Bruxelles, mentre noi vogliamo un’Europa più unita e più capace di politiche integrate, più in grado di pronunciare le stesse parole di fronte al mondo, ai conflitti alle sfide epocali che stiamo vivendo.
Su quest’ultimo punto forse giochiamo uno dei passaggi più significativi della competizione elettorale. Da poche settimane il mondo ha perso uno dei principali artefici dei nuovi assetti determinati negli anni Ottanta e Novanta: Michail Gorbaciov. L’uomo che, per primo, ha cambiato il corso della storia dell’Europa dell’est e ha provato a recitare un ruolo nei nuovi assetti mondiali del disarmo, scrivere nuovi orizzonti di pace e che, certo, ha purtroppo perso la sua sfida di cambiamento nell’allora Unione Sovietica. Oggi ai vertici di quella parte del mondo c’è uno dei principali attori, invece, di nuovi scenari di guerra; che ha invaso uno stato sovrano, che ha avuto rapporti, relazioni politiche e non solo con tutti i leader del centrodestra. Anche in delicati momenti nei quali l’Europa interrompeva ogni dialogo con la Russia, introducendo sanzioni per indebolirne lo sforzo bellico, alcuni di questi leader continuavano a intrattenere relazioni con quel Paese.
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Nei mercati dove si va a volantinare, dove le persone chiedono e si fermano a parlare, le domande sono per lo più pratiche: le bollette, la fine del mese, il lavoro, le file per avere una visita medica. E il disincanto, quello che ha generato distanza, astensione, quello che porta al “chi mi rappresenta?”.
Ma c’è un filo unico che tiene insieme tutto questo. Perché la ripartenza economica è legata a doppio filo con la transizione ecologica e con gli investimenti verdi in grado di generare nuovi lavori e professionalità. Innovazione, investimenti nelle imprese, nella formazione e nella scuola, nella salute, nelle infrastrutture verdi, in agricoltura, in parte già in corso con il PNRR, ma che hanno bisogno di una visione chiara del futuro.
In quei mercati, le persone che incontriamo non mancano di farci notare i nostri errori di questi anni e anche il peso della nostra responsabilità nel partecipare a governi anomali, in cui abbiamo dovuto pagare prezzi molto pesanti. Prezzi che non vogliamo e non dobbiamo più pagare nuovamente.
Ma quel futuro lo si gioca adesso, nella conclusione della campagna elettorale più corta e fuori stagione che possiamo ricordare.
Non lasciamoci silenziare dai sondaggi: quante volte non hanno raccontato la realtà? Quando hanno visto prevalere Trump su Hillary Clinton e per fortuna, Macron su Le Pen. I sondaggi fotografano un istante su un campione.
Noi sappiamo che ci sono invece dati significativi, come la maggioranza dei giovani al voto che dopo tanti anni tornano a scegliere il Pd. Ci confortano nella convinzione che esistono le basi per ricominciare a costruire un progetto di Paese fondato sull’eguaglianza dei diritti, sull’ambiente, sulla tutela della terra, delle persone, della salute, del lavoro, del futuro, del rispetto delle vite umane, quelle delle nostre comunità come quelle che scappano dalla guerra, dalla fame e dalla disperazione. Sulla vita delle donne che non sono un “fatto biologico”, ma metà dell’Italia e del mondo; che non esistono solo per procreare, ma hanno invece bisogno che siano rimossi gli ostacoli culturali e sociali per vivere pienamente le loro vite.
Per tutto questo si vota tra pochi giorni. Ci riguarda. E poiché ci riguarda chiede a tutte e tutti noi di fare il possibile affinché il 26 settembre si scelga la strada giusta. Dipende da noi. Facciamo di tutto, fino all’ultimo momento possibile per far vincere il Partito Democratico e la storia non sarà quella urlata dai palchi della destra più pericolosa, becera, ma quella che i giovani sotto i 35 anni stanno provando a rappresentare.
“Casa per casa, strada per strada”. Coraggio, cambiamoli quei sondaggi.
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