La dignità, quell’obiettivo per cui lavorare
No. Non è il 2013.
La rielezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica non ha a mio parere quei connotati.
Quello al suo secondo mandato è stato un “sì” forse non del tutto inatteso, maturato in rispetto della volontà delle Camere e per la convinzione che non è il tempo di crisi politiche mentre il Paese è ancora in sofferenza.
Dal suo discorso, davanti alle Camere riunite, un messaggio alto, con al centro la difesa del Parlamento, della sua centralità per il funzionamento della democrazia.
Un discorso rivolto al Paese, ai cittadini, alle imprese, alla politica, ai corpi intermedi. Una idea chiara della democrazia, che vive se c’è la fiducia nelle istituzioni, se le istituzioni tutte funzionano. Un discorso che ha posto al centro la “dignità”, quella dell’Italia, e della sua rinnovata rilevanza in Europa, quella degli uomini, e delle donne che non devono essere costretti a scegliere tra maternità e lavoro, quella dei giovani che hanno diritto al futuro, quella delle imprese che non possono continuare a combattere contro il peso dei costi energetici o delle procedure, quella di chi lavora e deve poterlo fare in sicurezza e con la giusta retribuzione. Un discorso sul diritto alla pari dignità sociale, non solo perché è giusto ma anche perché “è presupposto per lo sviluppo”. Un discorso sulle urgenze e sulle priorità del Paese: il superamento della pandemia, le risorse con cui far crescere la nostra economia e ridurre i divari, la sfida della transizione ecologica, una giustizia più efficace e veloce. Quel discorso è stato molto applaudito e con convinzione; ma per trasformare quegli applausi in atti concreti il Pd si è già messo in moto, proponendo una specifica sessione di dibattito parlamentare sul seguito da dare a quelle parole e a quegli applausi.
Emozione, orgoglio, fiducia.
Queste forse le sensazioni più forti che ho provato durante il discorso del Presidente.
Emozione per la forza di quelle parole e la direzione precisa che ognuna aveva nel suo procedere.
Orgoglio per aver scelto di scrivere più volte quel nome sulla scheda, come molti altri colleghi e colleghe, nella consapevolezza che fosse la scelta giusta, la più forte da fare in questo momento. Fiducia, perché Sergio Mattarella è il miglior interprete di quel filo da ricucire tra Paese reale e luoghi della rappresentanza democratica.
Nei giorni scorsi ho letto molti messaggi e commenti sulla lunga settimana del Quirinale. Anche una cifra di offese e denigrazioni per il Parlamento, per i parlamentari, per la politica tutta. Ma del resto questo è il tempo che viviamo, un tempo di semplificazioni.
Sono stati giorni difficili. Vissuti con apprensione e responsabilità. Ma è anche vero che troppi commenti e commentatori, dalle banalità sui social alle troppe maratone televisive, in molti casi avevano come rimosso la realtà dei fatti: la realtà di un Parlamento senza maggioranze, quel 2018 in cui fu celebrata la fine del bipolarismo e si inaugurarono Governi ritenuti prima impossibili, come il matrimonio tra la Lega di Salvini e il M5S di Beppe Grillo. E poi a seguire il Governo Giallorosso, per poi giungere, in tempo di pandemia e di PNRR, ad una maggioranza che va da da LeU alla Lega, presieduta da Mario Draghi. Noi lo abbiamo detto sin dal primo momento: per la Presidenza della Repubblica sarebbe stato necessario ricercare una figura di alto profilo istituzionale, morale, in grado di raccogliere il più ampio consenso possibile, possibilmente nel perimetro dell’alleanza di Governo. Ed ancora, mettere in sicurezza il Governo ed il suo lavoro sino a fine legislatura, proseguendo nel lavoro su vaccinazioni e crescita.
Né il centrodestra né il centrosinistra avevano i numeri per eleggere da soli un presidente “di parte”. Il nostro Segretario ha lavorato con grande serietà e determinazione per tenere assieme Pd, LeU e M5S, per dialogare con IV, ma anche per avere un confronto permanente con tutte le forze della maggioranza di Governo.
Nonostante questo, abbiamo visto di tutto. Il leader della Lega che ha bruciato una media di due candidature al giorno, l’incenerimento spietato della seconda carica dello Stato, la messa in campo di “donne” come fossero una soluzione salvifica ai pasticci combinati senza alcuna verifica l istituzionale, né del reale consenso.
È cresciuta sempre di più la volontà della rielezione del Presidente Mattarella, giorno dopo giorno, in modo importante e trasversale, con un contributo decisivo del Pd ad andare in quella direzione. In molti hanno scritto che “la saggezza del Parlamento è arrivata dove non era riuscito a giungere il tavolo dei leader”. Forse non è vero pienamente, ma posso assicurarvi che nel confronto tra di noi in quei giorni, nel nostro commentare lo stato di avanzamento delle trattative e le informazioni che puntualmente il nostro Segretario e le nostre capogruppo ci fornivano, quello era lo scenario ed il nome cui tutti guardavamo con convinzione crescente.
E del resto non è un caso che quel risultato così alto all’ottavo scrutinio abbia un solo precedente migliore, l’elezione di Sandro Pertini.
Chi ha vinto e chi ha perso, dunque? Non è tempo di pagelle, ma è certo che in quel passaggio il centrodestra, quello che aveva annunciato che l’Italia avrebbe avuto un Presidente di centrodestra, è deflagrato.
Io credo che abbiano vinto il Paese, la stabilità. Credo che nessuno possa tacere la profonda crisi di sistema e politica che stiamo vivendo e che dovremo affrontare e risolvere ragionando sul tema della governabilità, a partire da una legge elettorale, e ragionando sulla ricostruzione di un rapporto di fiducia tra il Paese ed i partiti. Partiti che sono chiamati a rafforzare il loro radicamento nella quotidianità, nella vita reale di persone, democrazia, imprese. Sono però anche convinta che il Pd esca a testa alta da un passaggio istituzionale difficilissimo da cui siamo usciti anche grazie alla nostra tenuta.
“La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo. Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno di ogni prospettiva di crescita. Nostro compito, come prevede la Costituzione, è rimuovere gli ostacoli. Accanto alla dimensione sociale della dignità c’è un suo significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società. La dignità…è azzerare i morti sul lavoro…è opporsi al razzismo e all’antisemitismo…impedire la violenza sulle donne..è interrogata dalle migrazioni…diritto allo studio..non dover scegliere tra maternità e lavoro…”
ha detto il Presidente nel suo discorso.
Sì, ha vinto il Paese. Quest’Italia ha ancora profondamente bisogno di Lei, Presidente Mattarella.