Siccità e tempeste politiche

La terra brucia, anche a casa nostra. Le immagini desolanti del Po, secco ai minimi storici; le grida d’allarme disperate dell’agricoltura e dell’allevamento piegati dalla siccità incessante di questi mesi; le temperature africane che deformano i nostri territori; la crisi idrica che ha già costretto centinaia di Comuni a razionare l’acqua e cinque Regioni a dichiarare lo stato di emergenza, mentre altre lo faranno nei prossimi giorni. E, infine, le immagini drammatiche che arrivano dalla Marmolada, le vite spazzate via, i corpi che chissà quando saranno restituiti da una montagna che pare ribellarsi al caldo, scrollandosi di dosso un grattacielo di ghiaccio e pietre. La giustizia cercherà di capire se ci sono responsabilità umane in quello che è accaduto sulla Marmolada, ma quel che è certo è che tutte queste calamità hanno un filo comune, una responsabilità – quella sì – ben chiara: si chiama crisi climatica. Le parole sono importanti: ecco perché dobbiamo smetterla di cercare alibi, di aggrapparci ai concetti di emergenza, calamità, evento inaspettato o imprevedibile. Tutto quello che sta accadendo a ogni latitudine del mondo è aspettato ed è prevedibile: la causa è, in larga parte, il cambiamento climatico.

Lo ha detto anche il segretario, Enrico Letta, aprendo giovedì scorso la Direzione del Pd: l’emergenza ambientale riguarda ognuno di noi e lo fa oggi, tocca il tempo che stiamo vivendo e ci costringe a cambiare stili di vita. Questo ha bisogno di scelte politiche nette, ma in questi giorni, ogni volta che si è votato su questi temi, il Pease si è diviso in due: da una parte le destre di ogni tipo che hanno scelto di coprirsi gli occhi e rimandare le scelte al futuro; dall’atra parte noi che invece abbiamo fatto le scelte del presente. La lotta al cambiamento climatico deve essere per il Partito Democratico un tema centrale, non una bandierina, ma un fondamentale discrimine in base al quale stabilire le alleanze per il governo del futuro. Sappiamo bene dove dobbiamo andare, ma sappiamo bene – soprattutto – che non c’è più tempo: non possiamo più rinviare le decisioni sul clima. Ha cominciato a farlo il Consiglio dei ministri, varando la dichiarazione di emergenze per cinque Regioni, con un primo stanziamento di 36,5 milioni di euro, cui farà seguito un vero e proprio “decreto siccità” con un probabile commissario e struttura commissariale per gestire l’emergenza e, mi auguro, una cabina di regia sul governo della risorsa idrica, di cui ho parlato anche qualche giorno fa a Radio Immagina. Intanto anche la Toscana si appresta a chiedere lo stato di emergenza.

Queste ultime settimane prima della pausa agostana continuano a metterci di fronte, incancellabili e non rinviabili, le priorità del Paese: innanzitutto il tema dei prezzi e del costo della vita, ancora centrale a causa dei pesanti rincari che stanno colpendo famiglie e imprese, dell’impennata dei costi delle materie prime, dell’energia e perfino dei beni di prima necessità. In seconda battuta, ma in stretto legame, quello dell’adeguamento dei salari: abbiamo salutato con favore la decisone dell’Europa di muoversi verso un salario minimo adeguato, ma adesso dobbiamo mettere in campo delle misure reali perché questa intenzione diventi concreta. E inizieremo a farlo già questo giovedì, confrontandoci con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che interverrà alla Festa del Pd a Poggibonsi.

Anche alla luce dei tanti temi che sono aperti e che premono sul presente e sul futuro del Paese, è del tutto evidente la necessità di portare avanti fino in fondo questa legislatura e proseguire sulla strada intrapresa dall’Esecutivo. Pensare oggi di mettere a rischio la tenuta del Governo Draghi è illogico e irresponsabile. Abbiamo osservato dall’esterno, come è ovvio che sia, la scissione e la spaccatura che sono maturate all’interno del M5S; queste, tuttavia, non mettono in discussione il nostro sistema di valori o la bontà di una proposta politica progressista che abbiamo condiviso fin qui. Anche le ultime elezioni amministrative del resto – e in particolare i ballottaggi – ci hanno dimostrato che si possono ottenere risultati convincenti mostrando al Paese le capacità e le potenzialità di un campo allargato. Senza sottovalutare il preoccupante dato sull’astensionismo, che ci interroga profondamente sulla relazione con il Paese e con le condizioni materiali di vita dei cittadini, il PD ha ottenuto risultati abbastanza positivi, con alcuni seri punti di riflessione profondi in Toscana. L’abbiamo fatto soprattutto dove non ci siamo spaccati, dove abbiamo scelto di investire su figure nuove, preparate, su alcune donne, capaci di parlare alle loro comunità, di costruire con loro una relazione autentica e politica, fatta di concretezza.

Quello è il nostro posto, con la vita delle persone. Su questo dobbiamo lavorare di più, per costruire un’altra storia nel 2023, fuori dalle larghe intese. Partendo dalle condizioni di vita delle persone, i salari, la possibilità di avere una vita dignitosa, di accedere ai servizi, alla formazione, alla sanità, e poi i diritti civili, per gli italiani e per coloro che hanno diritto di diventarlo.

 

PS: Poche settimane fa la Corte Suprema americana ha cancellato gli effetti di una sentenza storica come quella “Roe vs. Wade” del 1973, di fatto rimettendo in discussione il diritto delle donne di interrompere la gravidanza. Sono i colpi di coda dell’era Trump. Ovunque le proteste delle donne e dei democratici si sono fatte sentire, in alcuni Stati si sta lavorando per evitare le conseguenze della decisione della Corte. Anche nel nostro Paese non sono mancati i commenti nefasti di una parte della destra e ancora una volta si rende necessario vigilare per non arretrare, per non rimettere in discussione diritti che sembravano acquisiti. Non permetteremo che si torni a mettere le mani sul corpo delle donne.

[credit: l’immagine di copertina del bacino del Po in secca è dell’Ansa]

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