68° Giornata nazionale vittime degli incidenti sul lavoro
14 ottobre 2018, San Quirico d’Orcia
Intervento On. Susanna Cenni
Cari concittadini, care concittadine, sindaco, autorità tutte,
vi ringrazio per la sensibilità dimostrata nell’ospitare questa manifestazione.
Nel salutarvi colgo l’occasione per rivolgere un ringraziamento all’associazione nazionale fra lavoratori, mutilati e invalidi del lavoro. Un grazie per avermi invitato a questa 68esima giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, ma soprattutto un grazie al Presidente Giuliano Mannucci per il lavoro difficile e prezioso che ogni giorno portate avanti. Oltre al monitoraggio sul fenomeno infortunistico e di rischio in tutti i settori produttivi il vostro impegno è determinante per aumentare la conoscenza e la consapevolezza rispetto alla prevenzione in tutti i settori lavorativi. Un impegno da rinnovare ancora.
Non è la priva volta che ANMIL mi chiede di svolgere l’orazione ufficiale, lo faccio
volentieri, ne sono onorata, sento tutta la responsabilità. In questi ultimi anni ogni incidente mortale, ogni ferimento grave avvenuto ci ha ancora una volta raccontato che nonostante gli intenti, le norme, gli strumenti, quando si passa ai numeri, alla contabilità, ed è una contabilità pesante, non è abbastanza ciò che si mette in campo, che qualcosa ancora non gira come deve. E allora lo sforzo da fare assieme è focalizzare ciò che non torna e aggiustare il tiro.
Reggio Emilia, Bologna, Verona, Beinasco, Dalmine, Arco, Cazzano di Tramigna, Cacioppo. Potrei andare avanti ancora a lungo purtroppo, perchè la lista è infinita, troppo..
Queste città del nostro Paese sono solo le ultime nelle quali si è registrata una morte o un incidente grave sul luogo di lavoro. È una geografia del sangue, perdonate la durezza, che sembra non conoscere confini e che, purtroppo, con cadenza più che quotidiana, ci racconta di fabbriche, campi, uffici ancora drammaticamente luogo di rischio, di infortunio, di morte.
Accanto alla geografia c’è una matematica del dolore, ci sono i numeri che segnano infortuni e morti. Ricostruendo molto rapidamente l’evoluzione del fenomeno infortunistico nell’ultimo decennio, purtroppo dobbiamo dire che questo dramma ha camminato di pari passo con l’andamento economico del Paese.
Dai primi anni Novanta si registrava un calo degli infortuni. Un trend positivo che si è accentuato a partire dal 2008, anno dell’emanazione del Testo unico sulla sicurezza, un testo importante, da applicare con serietà. Ma il 2008 è anche l’anno dell’esplosione della grave crisi economica, la più grave dal dopoguerra, che ha portato al taglio di produzione, posti di lavoro. Meno lavoro, meno incidenti. Con la ripresa produttiva (2015 – 2016) le cose hanno iniziato a cambiare, il miglioramento a rallentare per poi tornare a crescere nel 2017. Non possiamo considerare questo fatto ineluttabile, è una sconfitta. Non possiamo arrenderci.
Approfondendo i dati Inail vediamo che dal 2015 le denunce di infortunio sono cresciute dalle 637.000 unità circa alle 641.000 del 2017, con un incremento dello 0,6% e, anche per il 2018, sembra profilarsi un andamento infortunistico in linea con questa tendenza.
Nei primi cinque mesi di questo anno i casi mortali denunciati sono 389, 14 in più rispetto allo stesso periodo del 2017. E il dato potrebbe esser più alto se potessimo sommare la casistica di lavoratori non tutelati dall’INAIL..ma questo e un altro grande e grave tema del nostro Paese, l’economia illagale.
Significativo anche il dato che riguarda l’età dei lavoratori da cui emerge che, nello stesso triennio 2015-2017, sotto i 35 anni c’è un incremento di infortuni del 2,2% (da circa 167.000 a 191.000), un dato più che triplo rispetto a quello medio generale.
Gli infortuni mortali tra i giovani sono molti, troppi: 192 nel 2015, altrettanti nel 2016. C’è forse un calo nel 2017, ma non significativo.
Poi c’è la pagina Toscana. Una pagina tragica, aggiornata anche nei giorni scorsi. Gli infortuni totali denunciati nel 2018 sono oltre 29mila con 4812 malattie professionali denunciate (fonte: ANMIL su Open data INAIL). Le cave di Carrara, teatro tragico di piu incidenti, i campi, con mezzi agricoli, l’edilizia, la manutenzione stradale, le cadute dai cantieri, o dal pulire i vetri in una struttura turistica, cosa che è stata letale per una donna di 62 anni, i porti, e poi gli uffici, l’archivio di Stato ad Arezzo. Fatalità? Sappiamo che non è così. Non è la somma di fatalità, è una carneficina, fatta di tempi di lavoro, di stanchezza, di paura di perdere il posto, di distrazione..e qualche volta di tagli ai costi della sicurezza.
Il tema è stato oggetto lo scorso 14 giugno anche di una discussione nelle aule della Camera dei deputati su richiesta delle opposizioni. Il Ministro Di Maio ha svolto una informativa, si è assunto degli impegni. Ha parlato di quei lavoratori meno garantiti, i riders, della necessità di dichiarare guerra al lavoro nero, della ulteriore meccanizzazione dei lavori piu pericolosi, di innovazione nei dispositivi di sicurezza, del bisogno di aumentare il numero dei controllori, degli ispettori. Tutti impegni importanti che vigileremo vengano rispettati, assieme ad un altro necessario impegno, quello per un Piano Nazionale Strategico per la sicurezza sul lavoro. Investimenti, innovazione, controlli. E cultura della prevenzione.
Lo ha ricordato, e sono daccordo con lui, il Presidente nazionale di Anmil, Franco Bettoni,“questi numeri preoccupano e fanno riflettere sull’importanza di rivolgere il massimo impegno alla diffusione della cultura della sicurezza e alla formazione professionale”.
E’ indubbio. E forse è arrivato il momento di iniziare la formazione, la diffusione, di una cultura della prevenzione sin dai banchi della scuola, per poi svilupparsi a tutti i livelli incentivando azioni concrete che vadano nella direzione di una maggiore informazione, formazione e sensibilità diffusa.
Sensibilizzazione che dovrebbe trasformarsi anche in una opportunità per le imprese, incentivando, per esempio quelle che decidono di investire oltre quanto già previsto dalla legge, in sicurezza, trasparenza e tutela dei propri dipendenti e delle loro condizioni di lavoro. È già accaduto con tante forme di certificazione sociale, ambientale. Possiamo andare oltre sul tema del lavoro in sicurezza.
Un grande Piano per la sicurezza sul lavoro, esenzione delle tutele a tutti i lavoratori, perchè non si può lavorare per 5 euro l’ora, e non si deve morire o restare mutilati rovinando dalla propria bici mentre si consegna del cibo a domicilio.
E ancora, come vogliamo classificare i 12 lavoratori africani morti in due giorni nel Foggiano con la stessa identica scenografia di fondo: una strada provinciale, l’acciaio dei furgoni distrutti, pomodori. E corpi. Corpi che in qualche caso sono stati portati via anche con grande ritardo. In quale casella vogliamo metterli in un tempo nel quale la dignità umana sembra passata al setaccio e concessa in base all’etnia? Erano uomini, erano lavoratori, sfruttati, nei campi per pochi euro al giorno, trasportati come bestie in mezzi non adibiti al trasporto umano.
Il Presidente della Repubblica ha sottolineato, in occasione della Festa dei lavoratori del 1 maggio scorso che “La prevenzione degli incidenti va rafforzata con investimenti sulla sicurezza, e con controlli efficaci, che superino gli aspetti formali e assicurino risultati concreti per la garanzia della sicurezza delle persone”. Primo maggio. É giusto ricordarlo, questo Primo Maggio, che dovrebbe essere la festa del lavoro, è stato ovunque un giorno in cui si è ricordato prima di tutto il sangue versato sul lavoro.
Ci sono cose che possiamo ancora fare. Tutte proposte importanti, che non possono restare nel campo delle buone intenzioni. Devono diventare azioni concrete. Bene allora un Piano strategico nazionale per la sicurezza sul lavoro, che impegni lavoratori, aziende, parti sociali, governo, istituzioni locali, mondo della politica. Non ci devono essere differenze rispetto a contratti o tipologie di lavoro. Ogni lavoratore e lavoratrice deve essere garantito nella sicurezza e nella prevenzione dagli infortuni e dalle malattie legate alla sua professione. È necessario aggiornare la disciplina dettata dal Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, estendendola a tutte le tipologie contrattuali esistenti, a cominciare dalle collaborazioni occasionali. E va data piena attuazione al Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
I percorsi da intraprendere sono definiti, vedremo se questo Governo si dedicherà a questi temi che a mio parere sono assolutamente prioritari. Io lo spero vivamente. Ne abbiamo parlato in questi giorni anche in occasione dei congressi del principale sindacato agricolo, la Flai. C’è un tema cui ho già fatto cenno, che ha attinenza con la nostra giornata. Mi riferisco al lavoro nero, al caporalato. A quel fatturato enorme dell’illegalità che nasconde sempre al suo interno lo sfruttamento del lavoro.
Sono la Vicepresidente in commissione agricoltura e uno dei miei impegni più forti è proprio quello di contrastare le forme di caporalato ancora così diffuse soprattutto nel settore dell’agricoltura. In questo campo abbiamo una legge importante, la 166 del 2016, una legge che qualcuno vorrebbe cambiare. Ma qeulla legge, che ha già prodotto importanti risultati, non deve essere cambiata, deve semplicemente essere applicata pienamente. Affinchè il cibo che arriva sulle nostre tavole, magari a prezzi ridicoli, perche frutto di aste al doppio ribasso, non sia macchiato di sangue e di vero e proprio schiavismo, anche qui, nelle nostre civilissime terre senesi.
Abbiamo le leggi, gli strumenti, le professionalità negli istituti deputati ai controlli, affinchè la nostra Repubblica, e i nostri principi costituzionali siano onorati. Affinchè siano onorati i lavoratori, in qualsiasi professione e collocazione.
Non è impossibile. Qualche anno fa, dopo il rogo che ha visto morire lavoratori cinesi in un laboratorio, la Toscana ha reagito. Lo ha fatto assumendo ispettori che ogni giorno si sono recati a fare controlli a tappeto, prescrivendo modifiche, tornando a controllare, è stato un passo importante che qualcosa ha cambiato.
La strada è quella. Le norme, i controlli, il coordinamento tra i vari soggetti, istituzioni, imprese, sindacati.
Noi oggi siamo qui a chiedere di continuare, ed anche a chiedere a tutti di crederci, di lavorare assieme, di farlo per un unico obiettivo: il rispetto di quell’articolo della Costituzione, siamo una Repubblica fondata sul lavoro. Il lavoro è dignità, sicurezza.
Non può essere niente di meno, in ogni tempo, ed in modo particolare quando i venti che spirano, rischiano di spazzare via i diritti di chi sta più indietro.
Assieme possiamo farcela.