E’ una crisi profonda quella che ha colpito la produzione del grano nel nostro Paese. Secondo i dati Ismea il prezzo del grano è sceso del 42% rispetto allo scorso anno, mentre si registra un calo del 19 per cento del prezzo del grano tenero destinato alla panificazione. Sempre guardando ai numeri, le analisi presentate dalla Coldiretti ci dicono che le perdite subite dagli agricoltori italiani, per il crollo dei prezzi rispetto allo scorso anno, ammontano a 700 milioni di euro. I produttori di grano sono sottoposti a una vera e propriaspeculazione finanziaria dovuta al fatto che i prezzi non garantiscono la copertura dei costi di produzione. Un disequilibrio che, come ha ricordato sempre la Coldiretti nel corso della maximobilitazione organizzata in varie città d’Italia la scorsa settimana, determina un vero e proprio crack del settore e che mette a rischio trecentomila posti di lavoro. Anche la Cia è scesa in campo e ha indetto lo “sciopero della semina“, una protesta per difendere la produzione di grano dalle importazioni e dal calo dei prezzi.
Sulle politiche del grano, e più in generale nel settore agroalimentare, occorre valorizzare le filiere e la qualità. In questa direzione il ministro Martina e il Parlamento hanno dato alcune prime risposte: nel decreto EELL sono stati inseriti 10 milioni per il sostegno ad alcune infrastrutture e si sta lavorando per un piano cerealicolo nazionale. Presentati al tavolo nazionale anche alcuni progetti: si va da creazione di una Commissione unica nazionale per il grano duro per rendere più trasparente la formazione del prezzo, alla conferma degli aiuti accoppiati europei Pac; dal rafforzamento dei contratti di filiera, alla sperimentazione di un nuovo strumento assicurativo per proteggere i produttori dalle eccessive fluttuazioni di mercato.
Utilissime saranno le iniziative tese alla strutturazione di filiere locali con messa a coltura di cereali di grande qualità, investendo sulla biodiversità per pasta e panificazione.