Al voto. Non c’è più spazio per l’indifferenza.

Ci siamo. Pochi giorni, una manciata di ore, ci separano dal 26 maggio. Candidati alla guida dei Comuni, una Regione importante, il Piemonte, in ballo. Le Europee.

Sono state settimane di mobilitazione, di confronto sui programmi delle comunità al voto, e sullo sfondo il vero grande scontro in campo, che avrà un peso sul domani e forse sugli anni che verranno: la fine del progetto Europeo e l’inaugurazione di un nuovo e pericoloso sovranismo.

Tanto spazio alle battute sul rosario in mano e sull’invocazione alla Madonna, ma la realtà è che il dibattito di cui avremmo avuto bisogno sulle proposte concrete, per l’Europa, e quindi per il nostro Paese, è stato trasformato in uno scontro ideologico, in modo particolare, dalla Lega. I temi che in parte hanno contribuito alla vittoria di un anno fa sono ancora lì: il nemico fuori dai nostri confini, che poi arrivi su un barcone, o abbia i colori dell’Europa poco importa al leader del carroccio, il punto è che “lui”, o loro (quelli della foto davanti al filo spinato), garantiscono la protezione da ogni nemico. Lo fa attaccando Bruxelles, così come le ONG, così come i magistrati.

E purtroppo la scelta stavolta è proprio a un bivio.

O si sceglie di archiviare il progetto europeo tornando ai nazionalismi e sposando la teoria sovranista, e magari la cosiddetta “democrazia illiberale”, rinunciando quindi a “qualche” diritto. E il volto di questa scelta è quello dei leader intervenuti a Milano all’appello di Salvini, è quello di Visegrad.

Oppure si combatte per un’Europa che cambia, che diventa davvero quell’area di cui da tempo parliamo, gli Stati Uniti d’Europa. Uno spazio in cui si rendano più omogenei i salari, con politiche comuni, a partire da un salario minimo europeo, le politiche fiscali, fermando il dumping fiscale che oggi vede le imprese, anche italiane, fare i bagagli e andare altrove dove si pagano meno tasse e molto meno i lavoratori. Uno spazio in cui si progettino assieme le coordinate delle grandi infrastrutture. Uno spazio in cui si investa sulla Transizione Ecologica Sostenibile, condizionando a questo obiettivo tutte le politiche della crescita, della difesa del suolo, dei trasporti, del lavoro, della produzione di energia.

Un’Europa più verde, più giusta, più democratica.

È innegabile che il voto per l’Europa assume un grande rilievo anche per le sorti di questo Governo e per la costruzione di un’alternativa all’esecutivo giallo verde. Il Pd di Nicola Zingaretti, in questi mesi, ha lavorato ovunque per allargare il suo campo. Lo ha fatto per le amministrative costruendo ovunque liste di centrosinistra, aperte a forze politiche e a realtà importanti del civismo, sociali, dell’associazionismo, radicate nei nostri territori.

La lista unitaria per l’Europa promossa dal Pd ha avviato lo stesso percorso e anche per questo candidiamo figure come Bartolo, o ex magistrati da sempre in prima fila nella lotta contro le mafie. Candidiamo esponenti che vanno da Pisapia a Calenda. Ci sono competenze, sensibilità differenti, ma tutte convinte che sia necessario non consegnare la guida delle istituzioni europee all’alleanza dei sovranisti e delle destre peggiori che abbiamo conosciuto nel dopoguerra.

Sì, perché è giusto ricordare che l’Europa nasce dalle tragedie delle guerre mondiali, dalla sconfitta del nazifascismo e delle persecuzioni razziali.

E tutto questo che vogliamo mettere in discussione? Insieme ai diritti delle donne, alla possibilità degli studenti di formarsi ovunque e crescere nel loro percorso formativo? Vogliamo dimenticare che la Convenzione di Istanbul è il documento più avanzato prodotto per attuare politiche contro la violenza di genere? Che la Politica agricola comunitaria ha consentito in questi anni investimenti, sostegno alle nostre produzioni agricole e che oggi, quelle risorse, in modo particolare quelle dei piani di sviluppo rurale, sono di fatto le sole risorse pubbliche a disposizione?

Pensiamo forse di poter gestire la guerra dei dazi riaperta da Trump, che vede in campo in modo aggressivo anche la Cina, come singolo Paese? Beh .. chiediamo ai nostri produttori di vino, di olio, alle imprese del manifatturiero, della moda…

È questo e molto altro che c’è in ballo. In questi giorni ce lo hanno ricordato in molti: l’Europa, nonostante i suoi limiti, resta l’idea migliore che siamo riusciti a mettere in campo. Possiamo decidere di migliorare quell’idea facendo vincere le forze democratiche e la sinistra, o consegnarci nelle mani di chi considera le democrazie un optional. Si decide adesso, si decide andando a votare e stavolta, agli “indifferenti”, non è consentito un secondo tempo.

Il Pd, nei nostri Comuni assieme ad altri dentro le liste del centrosinistra, e in Europa con il suo simbolo e le liste unitarie, è l’unica vera possibilità per dare forza a un’alternativa, presto, anche in Italia.

Non restate colpevolmente alla finestra.

Non è tempo di astensione. Non più. Non adesso.