di Susanna Cenni su l’Unità, 27 febbraio 2012
Nel maggio del 2009 Lorella Zanardo ha messo in rete il documentario Il corpo delle donne per denunciare l’immagine deformata e offensiva della dignità femminile offerta dai media. Da allora molte cose si sono messe in moto, e soprattutto lo hanno fatto le donne. Profondi sono i danni che un modello culturale dominante ha prodotto su televisione, pubblicità e media, riproducendo stereotipi, ignorando saperi, talenti e ricchezza dell’universo femminile.
Un modello culturale che, come sappiamo, è penetrato anche in una parte della politica. Gli anni del berlusconismo, delle battute, di Ruby e del bunga bunga ci hanno visto reagire e indignarci ma i danni restano e anche le critiche sollevate su Sanremo ci ricordano che c’è ancora del lavoro da fare. «Spegnere la tv oggi non serve – scriveva Lorella Zanardo – il vero atto innovativo è guardarla. Insieme a chi normalmente la guarda», e magari come ci hanno ricordato in questi giorni proprio sulle pagine de l’Unità le giornaliste di “Giulia, la rete delle Giornaliste Unite Libere Autonome”, provare a cambiarla. E allora proviamo a farlo insieme: le professioniste dell’informazione, dello spettacolo, della pubblicità, i movimenti e le donne impegnate nelle istituzioni. Torniamo a parlarci di più. Un piccolo contributo forse può arrivare anche dalla proposta di legge, che ho depositato alla Camera l’estate scorsa, assieme a tante colleghe e colleghi che definisce alcune norme per garantire la parità di accesso ai mezzi di comunicazione e tutelare la dignità femminile nelle rappresentazioni mediatiche, grazie anche a un sistema che consente a soggetti pubblici e privati di segnalare trasmissioni televisive e pubblicità ritenute lesive della dignità femminile o proponenti stereotipi di genere. Un tentativo certo non risolutivo con punti sui quali noi stesse stiamo ancora discutendo e che prova a misurarsi con il bisogno di cambiare un sistema mediatico in cui continua a prevalere l’immagine della donna come oggetto di sfruttamento sessuale, o come vittima di violenza, valutato per la presenza fisica a la giovane età e purtroppo assai raramente per i meriti professionali o umani. Sui media, come dimostrano i dati del libro bianco Women and media in Europe realizzato dal Censis, non si parla mai di donne impegnate nella cultura, nella politica e nel mondo del lavoro, né tantomeno dell’universo delle donne anziane o disabili, veri e propri fantasmi dell’informazione e che sono invece un talento unico a cui la nostra società non può permettersi di rinunciare se vuole essere civile e moderna. Non spegniamo la tv, non chiudiamo gli occhi di fronte a ciò che non va nella nostra società. Cambiamo le cose e ridiamo dignità all’universo femminile. Ne rimarremo piacevolmente sorpresi, così come anche a Sanremo, dove preferiamo riconoscerci nel respiro che la brava Geppi Cucciari ci ha dato con la qualità della sua apparizione e con lo straordinario messaggio con il quale, in mezzo ad altrui lustrini e banalità, ha ricordato che c’èunanostra giovane ragazza Rossella Urru, che ha scelto la scomoda strada della cooperazione internazionale e che è ancora in mano ai rapitori. Le donne possono davvero cambiare questo Paese, e anche i media.
Anche in tv ridiamo spazio e dignità alle donne – Unità 27 febbraio 2012