Qualche giorno fa è arrivato il via libera del Consiglio dei ministri al disegno di legge che consente ai figli di poter prendere il cognome della madre. So bene che le priorità sentite dai cittadini italiani, in questa fase, hanno a che fare, prima di tutto, con il lavoro e con la ripresa dell’economia, ma non necessariamente dobbiamo dare un ordine di priorità ai passi in avanti compiuti sui diritti civili. Un paese migliore, un paese che ha l’ambizione di crescere è anche un paese aperto, accogliente, che pone al centro i temi delle pari opportunità e di un’evoluzione culturale attraverso norme aperte e inclusive. La parità di genere, il superamento di una visione patriarcale della famiglia, si raggiungono attraverso un percorso prima di tutto culturale, fatto di linguaggi, di prassi e di norme. Dopo la condanna della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, la risposta da parte del Governo consentirà ad una coppia di scegliere: ai bimbi cognome del padre o della madre, o entrambi, come avviene altrove. Sul tema erano da tempo depositate numerose proposte di legge promosse da varie colleghe di più gruppi politici. Non e’ una priorità, ma indubbiamente è un segnale di civiltà.