“Donne italiane e mercato del lavoro sono ancora due pianeti lontani. Lo dimostrano gli ultimi dati presentati dalla Banca d’Italia: il nostro Paese, nel confronto internazionale, risulta tra i più arretrati nel divario di genere. La donna italiana, insomma, partecipa ancora troppo poco alla nostra economia”. Lo ha denunciato ieri, venerdì 21 ottobre, la parlamentare Pd Susanna Cenni intervenendo al convegno “La crisi e il peso delle donne nell’economia: lavoro, diritti, condivisione, welfare” organizzato dall’associazione Archivio Udi della provincia di Siena a Poggibonsi.
“Nelle classifiche mondiali – ha ricordato Cenni – l’Italia è al 74° posto su 134, in coda a tutti i Paesi europei. Nel 2010 era occupato il 46,1% delle donne tra i 15 e 64 anni, contro il 67,7% degli uomini. Il divario si accentua al Sud, dove lavorano solo tre donne su dieci. La stessa Banca d’Italia ha calcolato che se il Paese riuscisse a centrare l’obiettivo di Lisbona dell’occupazione femminile al 60%, il nostro Pil crescerebbe del 7%. La scarsa valorizzazione delle donne è, quindi, un vero e proprio spreco di talenti: il loro reddito, infatti, contribuisce non solo al benessere familiare, ma anche alla massa fiscale e previdenziale, nonché alla domanda di servizi di cura alla persona. Per questa ragione l’occupazione femminile attiva un circolo virtuoso che genera, oltre al reddito, anche lavoro e imprenditoria aggiuntiva”.
“Con questo Governo – ha sottolineato la parlamentare – per le donne è peggiorata la qualità dell’occupazione e la possibilità di entrare nel mercato del lavoro. Una situazione aggravata dai continui tagli delle manovre finanziarie, che rendono sempre più difficile avere servizi adeguati per l’infanzia, per gli anziani e per la conciliazione. Eppure le ragazze sono più istruite dei loro coetanei e le donne ai vertici delle imprese sono portatrici di governance migliori e di comportamenti meno rischiosi. In provincia di Siena, per esempio, si registrano i migliori risultati a livello regionale, con un elevato tasso di occupazione femminile. Secondo il rapporto Irpet, le aziende senesi sono caratterizzate da un tasso di femminilizzazione alto rispetto alla media regionale. In particolare, la percentuale di addetti donna nel settore agricolo è al 26,5%, mentre nell’industria e nel terziario è rispettivamente pari al 34,2% e al 56,4%, con una forte predominanza del contratto a tempo indeterminato (95,6%). L’incidenza del tempo determinato è di appena il 2,2%: la più bassa tra le dieci province e la metà rispetto all’incidenza media in Toscana. Il divario di genere nella diffusione dei contratti a tempo indeterminato è quasi assente (95,8% vs 95,5%) e l’incidenza del tempo determinato è minore per gli uomini rispetto alle donne (1,7% vs 2,7%)”.
“I dati positivi del territorio senese – ha aggiunto la parlamentare – non possono però farci perdere di vista la gravità del quadro complessivo. Lo slittamento dell’età pensionabile nel settore privato, per esempio, è una scelta molto dannosa senza prevedere alcuna azione di sostegno alla conciliazione della vita lavorativa con quella familiare. La strada da percorrere, al contrario, dovrebbe essere quella di promuovere nuove politiche che favoriscano la conciliazione: flessibilità, part-time, telelavoro e congedi parentali, oltre a interventi fiscali a sostegno dell’occupazione delle madri e delle imprese al femminile. Riforme che vanno unite alla volontà di rimuovere gli ostacoli culturali. L’Italia, campione del divario di genere, si muove ancora a velocità ridotta e secondo alcune stime “eroiche” ci vorrebbero oltre 50 anni per arrivare a una pari presenza nelle posizioni apicali, ad esempio nelle carriere accademiche. Un lasso di tempo enorme che le donne italiane non sono più disposte ad aspettare, perché è ormai chiaro che promuovere la presenza delle donne sul mercato del lavoro non è solo una questione di equità, ma di benessere e un investimento sul futuro di tutti”.