Ha ragione Enrico Letta, il 24 febbraio è purtroppo il nuovo 11 settembre: uno spartiacque tra un prima e un dopo. Uno spartiacque drammatico. In pochi giorni è cambiata la storia del mondo.
Ho vissuto gli anni del mio avvicinamento all’impegno politico immersa nella mobilitazione di giovani, associazioni e parte della politica contro il rischio nucleare. Era il tempo dei blocchi, degli euromissili, ma era anche il tempo di Gorbaciov, poi del crollo del muro di Berlino che ci fece immaginare e credere davvero di consegnare al passato il rischio di conflitti globali, che un altro mondo fondato sui valori della pace e della convivenza fosse possibile.
La storia purtroppo non è andata in quella direzione e i conflitti hanno continuato a insanguinare il mondo, ma ciò che è sta accadendo oggi ha un terribile volto inedito. L’attacco di Putin, potentissimo autocrate, all’Ucraina è un colpo alle democrazie e al cuore dell’Europa. Questo sta avvenendo. Putin, prima annettendo Crimea e Donbass e poi invadendo un Paese democratico, ha avviato una guerra non solo nei confronti di Zelensky, ma della Democrazia e delle democrazie europee, una guerra che produrrà inevitabilmente conseguenze pesantissime.
Le prime riguardano la vita umana, la vita perduta delle vittime civili, dei bambini; la vita stravolta delle centinaia di migliaia di profughi; la vita delle città, quella dei cittadini e delle cittadine russe che hanno coraggiosamente affollato le piazze delle proteste e che sono stati arrestati.
Poi ci saranno le conseguenze economiche che, dopo una pandemia devastante, saranno ancor più disastrose per la Russia, colpita da sanzioni molto pesanti che l’Unione Europea ha varato e che stanno già producendo conseguenze anche nel nostro Paese in termini di forniture, a partire dal gas, di rincari sui prezzi anche di molti prodotti alimentare, di export.
Significa già da adesso ripensarsi, riorganizzarsi, come ha anticipato il Presidente Draghi (energia, sostegno alle imprese…).
Un uomo potente arroccato nel suo bunker sta generando tutto questo. Potente, con armi devastanti a disposizione, ma sempre più isolato dal mondo. Un uomo con cui a lungo sono state intrattenute relazioni continue dalla destra italiana ed europea; quella destra che oggi in modo funambolico condanna la guerra, ma non riesce a pronunciare quel nome, Putin.
In questo drammatico momento abbiamo un’Europa compatta come mai era avvenuto prima su sanzioni, aiuti, sostegno alla resistenza ucraina e soprattutto sull’adozione delle misure per l’accoglienza dei rifugiati, quell’Europa che oggi vede addirittura i Paesi di Visegrad aprire le loro frontiere. Fondamentale anche la presa di posizione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che, con solo 5 voti contrari, ha adottato una risoluzione che condanna l’invasione russa. E ancora il Parlamento italiano che ha visto il voto di tutte le forze politiche alla risoluzione che posiziona in nostro Paese in sintonia con tutti gli altri Paesi europei e impegna il Governo su molti fronti compreso quello straordinario, e molto delicato per noi tutti, degli aiuti con “apparati e strumenti militari” destinati alla protezione della popolazione Ucraina, e soprattutto impegna al sostegno di tutte le iniziative umanitarie e quelle destinate a tentare ogni soluzione diplomatica per fermare l’invasione.
E poi ci sono le piazze che ovunque, affollate, chiedono lo stop delle armi. C’è una moltitudine di associazioni, persone, anime, che si è messa in moto da subito per raccogliere aiuti, organizzarne l’invio, accogliere chi fugge.
Tutti, in questo tempo di comunicazione perenne, seguiamo con attenzione eventi, evoluzione, stato delle trattative e fa impressione come risultino lontane le discussioni di tanti sull’uscita dall’euro, dall’Europa: oggi, alla richiesta di adesione dell’Ucraina, si aggiungono Georgia ed altri Paesi.
Non sappiamo quanto questa guerra potrà durare e speriamo tutti che non evolva, che non si espanda, che le minacce dell’uso della strumentazione nucleare si limitino a questo, alla minaccia appunto. Ma è certo che la politica tutta, le democrazie e anche noi – il Partito Democratico, che in questi giorni abbiamo guidato processi e discussioni – siamo chiamati a svolgere un ruolo fondamentale per costruirne l’uscita, per ricostruire un orizzonte di pace solido e duraturo.
Pace, sì. Una parola con un valore immenso, troppo spesso data per scontata, troppo frequentemente ignorata di fronte a conflitti lontani o a quelli vicini che non volevamo vedere, voltandoci altrove. Un orizzonte che ha bisogno di pensiero, di diplomazia e di azioni. Del resto, l’Europa – nata dalle ceneri della tragedia della Seconda guerra mondiale – aveva questo obiettivo: essere terra della democrazia, delle libertà, della civiltà, della pace. Riusciremo a far uscire dal Covid e dalla guerra un’Europa come la pensarono a Ventotene?
PS: in queste settimane è successo molto altro, abbiamo iniziato a votare sul suicidio assistito, sventando tutti i blitz con il voto segreto, è stata finalmente approvata la legge per l’agricoltura biologica… ne accenniamo in questa newsletter ma, come potete capire, ci sarà un altro momento per approfondire questi temi.