Lo scorso 7 settembre un numero inaspettato di donne si è riunito al Santa Maria della Scala a Siena condividendo la stessa voglia di rompere il silenzio di fronte a una rappresentazione della modernità femminile che le riduce a oggetti, a corpi da mettere in vetrina. Un modello culturale che si è affermato nel Paese sotto la spinta del Premier, per cui la bellezza e l’incondizionata disponibilità nei confronti del capo sembrano essere i requisiti necessari per entrare nelle liste elettorali o in Parlamento. Quel modello è andato oltre, ha riempito le tv, i giornali, ha assuefatto il Paese e “messo il silenziatore” a tante donne, e soprattutto alle tante cose importanti che le donne continuano a fare e produrre.
Perché il dibattito su l’Unità aperto dall’intervista a Nadia Urbinata di metà agosto, seguito ogni giorno da tante lettere e interventi, così come il nostro incontro a Siena, sono il segno che ci sono donne che hanno voglia di parlare, di dire a voce alta che la loro affermazione personale non passa dal corpo, ma dalle loro capacità, dall’impegno, dal merito, che il percorso di liberazione non può tornare indietro. “Non è una denuncia della bellezza rappresentata dai media – ha detto lunedì a L’infedele di Gad Lerner Lorella Zanardo, autrice del documentario “Il corpo delle donne” – ma una presa di posizione per dire che le donne sono anche e soprattutto altro”. Noi, a Siena, il 7 settembre siamo partite da quel video per affermare lo stesso concetto; lo abbiamo fatto per reagire, per tornare a incontrarci e confrontarci, per costruire pensiero, strumenti e azioni capaci di contrastare un modello culturale che non ci rappresenta. C’erano donne diverse per percorso, generazione e linguaggi, ma c’erano.
Adesso è importante scegliere insieme la strada giusta per continuare, per non lasciare che il nostro incontro rimanga un sasso gettato in uno stagno. Intanto è nato uno spazio virtuale su facebook “Noi siamo qui”: vi invito a visitarlo, a scrivere, a provocare discussioni e dibattiti, a darci appuntamenti nelle piazze o nelle scuole, a farci sapere delle iniziative che state portando avanti nelle vostra città. Abbiamo iniziato da noi stesse, dalle donne, perché mi sembrava giusto che fosse così, che fossimo noi a decidere quale cammino intraprendere per parlare di cose che ci riguardano. Penso, per esempio, che dovremmo confrontarci su come far vivere in modo dinamico memoria e forza di genere tra diverse generazioni di donne; far emergere le tante competenze e professionalità femminili, che ci sono, ma non hanno voce e visibilità per i media; per approfondire il tema della comunicazione con le donne e sulle donne, coinvolgendo i mezzi di informazione, o per affrontare il tema donne e potere.
Abbiamo bisogno di mantenere relazioni, ma anche di costruirne di nuove – con le ragazze, le studentesse, le donne più lontane dai circuiti della politica o delle associazioni – per fare di queste relazioni un elemento di forza nei luoghi in cui siamo presenti, nei luoghi della rappresentanza. Rappresentanza, un tema quanto mai attuale se guardiamo a quanto successo a Taranto, dove la giunta provinciale di centrosinistra è stata dichiarata illegittima a causa del mancato rispetto delle quote rosa, disposte dallo stesso regolamento dell’ente. In tutta fretta, il presidente Gianni Florido ha nominato un assessore donna, ma non è il solo a dover correre ai ripari per mettersi in regola con quanto stabilito dalla carta fondamentale degli enti locali, il testo unico del 2000 che, all’articolo 6, comma 3, chiede a tutti gli statuti di “stabilire norme per assicurare le condizioni di pari opportunità tra uomo e donna”. Dall’indagine del Il Sole 24 Ore, pubblicata lunedì scorso, sono quasi 1600 le giunte comunali di soli uomini; situazione che peggiora se si analizzano i dati delle Province, con 23 amministrazioni al maschile su 109, mentre tra le Regioni, Lombardia e Basilicata sono le uniche che non hanno donne in giunta.
Tra i dati pubblicati dal quotidiano economico ci sono anche le percentuali di lavoratrici e lavoratori nelle diverse professioni, in base alle ultime rilevazioni Istat. Su 7,5 milioni di donne dipendenti in Italia, 6,6 milioni sono operaie e impiegate, mentre solo 632 mila (8.38%) sono dirigenti o quadri. Educazione e cura alla persona rimangono i settori dove la presenza femminile è più massiccia: il 99,5% dei maestri di asilo è donna, come il 95,5% degli insegnanti elementari. Sono le stesse donne che oggi stanno subendo un attacco gravissimo dalla riforma dell’istruzione voluta dal ministro Maria Stella Gelmini.
Impoverire la scuola o ridurre i servizi all’infanzia è una scure dalla doppia faccia: significa tagliare le possibilità di cambiare e migliorare la propria vita per generazioni di giovani donne che vogliono lavorare, essere madri e vivere pienamente la loro libertà femminile e, al tempo stesso, creare precarietà in un settore dove sono le donne, maestre, insegnanti o professoresse, ad essere le prime a pagare. In difesa dei precari della scuola ho sottoscritto una mozione, insieme ad altri parlamentari del Partito democratico, per chiedere al governo misure concrete e straordinarie, che tutelino i lavoratori e incidano sulla quantità dell’offerta e sulla qualità del funzionamento delle scuole di ogni ordine e grado, che stanno subendo effetti pesanti dall’applicazione della riforma. Su questi temi sarebbe interessante sviluppare un confronto fra chi lavora nell’universo del sapere e nella scuola e chi la frequenta come madre, come studentessa. Abbiamo tanto di cui parlare e forza necessaria per agire, se riusciremo a creare unità e condivisione.
Adesso a noi tutte il compito di continuare a cercarci e ad ascoltarci, anche se parliamo linguaggi diversi. Io credo che “il tempo sia adesso”, credo che sia importante che parta da noi, e credo che molti uomini intelligenti appoggeranno e condivideranno quello che stiamo facendo.
PER APPROFONDIRE:
- L’indagine de Il Sole 24 ore su donne e politica
- L’indagine de Il Sole 24 ore su donne e lavoro
- L’interrogazione di Susanna Cenni sull’esclusione dalla “Conferenza internazionale sulla violenza contro le donne” di alcune delle associazioni italiane più impegnate nella lotta contro il fenomeno e a sostegno delle vittime di abusi
ero presente all’incontro e ringrazio chi ci ha dato l’occasione di incontrarci. era un po’ difficile, secondo me, prendere la parola, perchè quasi tutti gli interventi erano di dirigenti del pd, o comunque persone che avevano incarichi istituzionali. anch’io ho applaudito la pollastrini e la sua autocritica( io l’ho vissuta così) ma mi domando come continuare? come dare la possibilità a tante giovani donne di parlare e di essere ascoltate? come portare avanti uno scambio di esperienze fra generazioni? mi colpiscono molto le giovani del pdl, che ho ascoltato all’infedele e ad anno zero, mi colpisce come siano cieche e difendano berlusconi non solo come imprenditore e politico, ma anche e soprattutto come uomo. penso comunque che dobbiamo continuare e soprattutto riuscire veramente a parlarci.