Donne in pensione a 65 anni, irricevibile la proposta del Ministro Brunetta

Chi mi conosce sa che il tema delle donne e delle pari opportunità ha percorso come un filo rosso tutta la mia attività politica, umana e professionale. Una parte importante del mio lavoro di assessore alla Regione Toscana l’ho dedicata ai temi dei diritti della donna, del loro ruolo nella società, delle politiche di genere. Anche per questo, per la sensibilità maturata in tanti anni di lavoro e rapporti umani, che la proposta del ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, di mandare le donne in pensione a 65 anni, abolendo la differenza pensionistica tra lavoratori e lavoratrici, mi sembra oggi una scelta sbagliata e inopportuna. Una proposta irricevibile, che non fa altro che alimentare quella tendenza alla “politica spot” che contraddistingue il governo guidato da Berlusconi.

Sono d’accordo con Anna Finocchiaro quando dice che fino a quando lo stato del welfare italiano sarà tale da costringere le donne a fare almeno due lavori di cui uno non pagato e non riconosciuto, l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne non è un’ipotesi percorribile. Non si può partire dalle pensioni per cercare di progredire sulla strada della giustizia di genere, in una situazione nella quale non esiste una parità effettiva. Insomma quando si parla di lavoro femminile non si può non affrontare il tema della conciliazione tra tempo di vita e tempo di lavoro e quello della revisione del modello organizzativo dell’impresa, che consenta la fruizione di congedi o di periodi sabbatici per la cura e la crescita dei figli, per esempio, nei primi anni di vita, riconoscendo anche questi periodi ai fini pensionistici.

L’impressione è che anche in questo caso il governo voglia affrontare la questione soltanto in termini opportunistici e di “quadratura dei conti”. In un tema come questo, invece, occorre investire su nuove risorse e l’aumento dell’età pensionabile per le donne potrebbe essere realizzabile soltanto per una scelta volontaria, almeno in questa fase. Prima di arrivare ad affrontare la parità anche in termini pensionistici, insomma, io credo che vadano prima risolte le tante questioni che le donne, ogni giorno, sono costrette ad affrontare per conciliare la vita lavorativa e quella familiare. Dobbiamo lavorare per sostenere l’occupazione femminile, ancora troppo esclusa dal mondo del lavoro, per gli ostacoli che spesso le donne sono costrette ad affrontare nella carriera, per aiutarle a raggiungere posizioni di vertice senza penalizzazioni, per accompagnarle, anche a livello di servizi, nel difficile compito di essere straordinariamente lavoratrici, madri, moglie e donne. Solo allora, raggiunti questi obiettivi, potremo parlare dell’allungamento dell’età pensionabile delle donne.

6 thoughts on “Donne in pensione a 65 anni, irricevibile la proposta del Ministro Brunetta

  1. Io contiuo ha ripetere, tra pochi anni non cè bisogno di dire donne in pensione a 65 anni, perchè per fare gli anni di cotribuzione il massimo di contribuzione bisognerà andare a 65 anni per forza.
    altrimenti la pensione sarà sicuramente pochi spiccioli.
    I giovani di oggi per poter andare in pensione con 40 anni di contributi dovranno arrivare in servizio fino a 70 anni.

  2. Cara Susanna,
    spero che la battaglia contro questa “ennesima” proposta del Ministro Brunetta coinvolga le donne, concordo con te e la reputo scandalosa.
    Viviamo in un paese in cui il valore del lavoro delle donne non è ancora riconosciuto, dove la rete sociale fa acqua da tutte le parti e dove il lavoro di cura (doppio) che le donne fanno nelle loro famiglie non è riconosciuto.
    Quando avremo tutto ciò si potrà parlare di “parità” anche in questo senso, per ora siamo solo al dispari
    sarò al fianco di tutte/i quelle/i che vorranno opporsi con forza a questo progetto
    Un abbraccio Rossana

  3. Vorrei esprimere una mia opinione sulla proposta di legge del pensionamento delle donne a 65 aa. Sono un medico specialista in anestesia e rianimazione, lavoro all’ospedale “Le Scotte” di Siena con turni intensi e stressanti con una media di 4-5 guardie notturne al mese e turni di reperibilità che variano dai 4ai 7 al mese.Vorrei far presenteche i turni notturni, con l’avanzare dell’età, sono sempre più pesanti ed il tempo del recupero fisico è sempre più lungo per cui non riusciamo mai a recuperare. Tutto ciò è accompagnato dai turni diurni nei quali dobbiamo sempre essere attente e vigili. Pensare che tutto ciò dovrà essere fatto fino a 65 aa di età, sinceramente mi scoraggia. Le proposte che vorrei fare sono 2:
    1- il pensionamento a 65 aa facoltativo
    2- se obbligatorio, i lavori più pesanti e stressanti alleggerirli ( es.: togliere turno notturno,…)
    Va considerato che le donne uscite dal lavoro, hanno una casa ed una famiglia da mandare avanti!!!!!!!!!!!!!!

  4. Cara Susanna
    durante gli anni d’università ho affrontato il tema della rappresentanza delle donne italiane nelle istituzioni italani e d europee: siamo la Nazione, insieme alla Grecia e il Portogallo , con la minore rappresentanza femminile nelle istituzioni, siamo molto distanti dalle quote rose degli altri paesi. Siamo un paese molto maschilista dunque, ed è di questo che si dovrebbe occupare Brunetta e il governo, e non di fare cassa a discapito delle donne lavoratrici. In generale dovremmo superare il concetto secondo cui visto che la vita media si allunga qusta va impiegata lavorando.

  5. CARISSIMA SUSANNA

    CREDO IN DUE PAROLE , CHE L’ETA’ PENSIONABILE ATTUALE SIA GIA’ ABBASTANZA LARGA,

    CREDO PERO’ ,CHE CI VORREBBE ANCHE UN CRITERIO FACOLTATIVO DI LIBERA SCELTA DELLA PERSONA.

    UN PADRE DI FAMIGLIA SE E’ REALMENTE DEMOCRATICO VEDE TUTTI I GIORNI DOPOLAVORO

    SUO E DI SUA MOGLIE , QUANTE COSE CI SONO ANCORA DA FARE PRIMA DI DORMIRE.

    UN SALUTO MAURO

  6. Cara Susanna,
    concordo con il post pubblicato dalla collega Mariarosa Baldi. Non credo che sia un delitto che le donne “possano” (e non necessariamente “debbano”) andare in pensione a 65 anni; d’altra parte, ne andrebbe ridimensionato il carico di lavoro, come giustamente suggerisce Mariarosa. Questo, tuttavia, ritengo debba valere anche per gli uomini, visto che a 60 anni si diventa stanchi un po’ tutti, indipendentemente dal “genere”! Io voglio portare l’esempio di mio padre, indefesso lavoratore e abile medico chirurgo, che alla splendida età di 62 anni, infatti, continua a svolgere con scienza e coscienza questo nostro lavoro (che si fa, peraltro, sempre più ingrato e gravoso); oggi, tuttavia, egli deve convogliare su di esso anche quella quota di energia fisica che fino a pochi anni fa dedicava alla casa (giardinaggio, bricolage), alla famiglia (in primis, a mia madre) e, perché no, anche a se stesso (jogging, letture amene, viaggi).
    Ritengo, dunque, che non sia una questione di sesso maschile/femminile, ma di principio. La vita media si allunga, certo, e questo è un altro aspetto, tutto attuale, del problema, ma la sua qualità, così stando le cose, è sempre più scadente!
    E’ anche vero che se ai pensionamenti non corrisponde un pari numero di assunzioni e se queste ultime non hanno le “prospettive” (es, “durata”, “retribuzione” e “aspettativa pensionistica”) di quelle del passato, come si fa ad andare in pensione a 60 anni, uomini o donne che siamo? Bel dilemma. Lavorare tutti, giovani, vecchi e medioevi, e lavorare (e guadagnare) meno? Mah, non saprei! Non ci stupisca che, poi, della mia generazione siano pochi quelli che si potranno permettere di comprare la casa partendo da zero (come hanno fatto i nostri genitori, almeno alcuni e i più previdenti), che non ci consentiamo agevolmente il lusso di fare figli, salvo in età pensionabile (tanto per restare in tema!) e che consumiamo la nostra vita e gli stentati guadagni (se ne abbiamo alcuno) in un frenetico “carpe diem” (di “quel che resta del giorno”, dopo il lavoro, ovviamente) o, nella peggiore (?) delle ipotesi, sul lettino di un analista (sempre che ce lo possiamo permettere)!
    In bocca al lupo a tutti coloro, come Lei, ma anche la parte avversa, che migliaia di persone (di “noi”) scelgono affinché facciano proposte e prendano decisioni al loro posto, in bocca al lupo, dico, per le battaglie che combattete, con l’augurio che il clangore delle armi non vi distragga dagli obiettivi ultimi e che questi portino veramente ad un miglioramento per tutti, donne, uomini, giovani e meno giovani, piuttosto che essere puntigli e scelte di propaganda.
    Mi scusi per averle rubato tempo e attenzione.
    Le porgo cordiali saluti e Le auguro un Felice Anno Nuovo!
    Sara

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