Un emendamento sul Trentino. Si è fermata lì, la scorsa settimana, la strada aperta per una nuova legge elettorale. Ma il Trentino in questa storia c’entra ben poco. Il percorso avviato in realtà era un sentiero stretto: una legge proporzionale, collegi più listini, accordo tra i principali quattro partiti: Pd, M5S, Forza Italia e Lega. Un’ accelerazione fortissima dei tempi di esame in commissione e poi in Aula, e la data delle elezioni anticipate a fine settembre. Un testo che abbandonando il maggioritario si allontanava dalle scelte fatte da sempre in casa Pd. Quelle scelte che hanno connotato la nascita stessa del nostro Partito.
Un testo che abbracciava indubbiamente il tema della rappresentanza, abbandonando l’altra colonna necessaria di una buona legge elettorale: la governabilità (ricordate?…” il giorno dopo gli elettori devono poter sapere chi governa”). Un testo che avrebbe, con ogni probabilità, aperto la strada a un Governo di larghe intese, mettendo una pietra tombale sul centrosinistra.
Molti i seri rilievi emersi dal nostro campo, e non solo dalla minoranza che in Direzione Nazionale non aveva condiviso quel testo, ma anche dai padri del Pd, a partire da Walter Veltroni e Romano Prodi. Nonostante tutto ciò, dal momento che 4 forze politiche così rappresentative trovavano, per la prima volta, un accordo, quel percorso andava indagato, e magari corretto come alcuni emendamenti cercavano di fare, proponendo un premio di governabilità. Solo che non è stato possibile, perché tutto è saltato quasi immediatamente per responsabilità di una di queste forze: il M5S, che ha riproposto e votato suoi emendamenti in Aula, nonostante il parere negativo del relatore Fiano. Poi, certo, a questo si sono aggiunti alcuni voti segreti (anche se a dire vero il voto è stato meno segreto per un errore tecnico della Presidenza della Camera).
Adesso tutto è fermo. Il testo è tornato in Commissione Affari Costituzionali e spero che si possa comunque riprendere un lavoro capace di rimettere assieme alcuni principi: la rappresentanza, riprendendo la scelta dei piccoli collegi; la governabilità, consentendo ai cittadini di conoscere prima la coalizione e un piccolo premio di governabilità, capace di consentire a chi vince di non vivere perennemente sull’orlo dell’abisso.
Io penso che a noi, al Pd, spetti la responsabilità di non buttar via tutto e di riprendere il filo di un lavoro che non stravolga le ragioni della nostra stessa nascita. Quel filo non si riprende oscillando e improvvisando dialoghi ieri con Berlusconi e oggi con Pisapia, ma rimettendo in campo un lavoro sui contenuti, sulle scelte economico e sociali, recuperando fiducia, relazioni, ascolto e dialettica, perché di sola tattica si può morire.
Ieri al Senato c’è stata l’approvazione della Manovra correttiva licenziata alla Camera un paio di settimane fa. Nel testo, resosi necessario per la correzione dei conti pubblici, in realtà sono state inserite molte misure. Ci sono cose importanti, dalle risorse per le Province a quelle per le zone terremotate; dalla stabilizzazione di 15000 precari della scuola alla web tax, il cui ricavato andrà a implementare il fondo per la non autosufficienza e il fondo per le politiche sociali. E ancora risorse per Alitalia, riduzione delle slot machine, misure a sostegno delle le imprese del turismo e del commercio, interventi per le imprese agricole danneggiate dalla gelata di fine aprile. Si tratta di misure utili, forse non del tutto soddisfacenti, (penso al tema province), sulle quali abbiamo lavorato in Commissione Bilancio una settimana intera. Purtroppo l’inserimento di un emendamento legato al tema del lavoro accessorio (ex voucher) ha prodotto una grave frattura nella maggioranza, con Mdp e nel rapporto con la rappresentanza dei lavoratori di questo Paese. Ricorderete che mesi fa, dopo l’accoglimento della richiesta di referendum corredata da alcuni milioni di firme raccolte dalla Cgil, il Governo ha cancellato con decreto i voucher, facendo così decadere gli stessi referendum già calendarizzati per il 28 maggio. Se da un lato, con quel decreto si è provveduto a far cessare un uso improprio di questo strumento nato solo per casi limitati, si sono anche messe in difficoltà alcune casistiche, in modo particolare le famiglie che ne facevano uso per badanti, colf, babysitter e il mondo agricolo che usava i voucher per studenti e pensionati.
Ricordo inoltre che la Commissione Lavoro aveva all’esame un’ipotesi di riforma, e ci sarebbero stati tempi e modi per rimediare sentendo sindacati e imprese. Sempre la Commissione Lavoro aveva cercato, con un proprio emendamento a prima firma Incerti, di rimediare alle difficoltà delle famiglie. Purtroppo con un emendamento del relatore si è invece reintrodotta la disciplina del lavoro accessorio, senza alcun confronto tra le parti, con le conseguenze già dette in premessa. Un atto sbagliato, inopportuno. Evitabile con un atto del Governo costruito dopo aver chiamato le parti a incontrarsi e ascoltarsi, e magari attendendo, per garbo istituzionale, il 28 maggio. È stata una forzatura inutile che per tutte queste ragioni mi ha portato in commissione a non partecipare al voto di quell’emendamento.
Domenica scorsa, milioni di italiani erano interessati dal rinnovo delle amministrazioni comunali. Un test parziale, ma non per questo meno significativo. Un test con conferme, sorprese e tanti elementi di riflessione.
Tra le conferme vanno purtroppo annoverate la disaffezione e l’astensione. L’affluenza, rispetto al 2012, cala dal 66,8% al 60,1% e molti cittadini hanno scelto di non partecipare al voto. Tra le sorprese un dato del movimento cinque stelle non brillante. Tra gli elementi di riflessione molte cose che ci riguardano: dai numerosi ballottaggi ai quali arriviamo con il fiato corto in città importanti, come Genova, storicamente governata dal centrosinistra, a quelli che interessano i capoluoghi in Toscana. Ed ancora penso al bruttissimo risultato di Giusy Nicolini a Lampedusa. Adesso ogni sforzo va profuso per raggiungere il miglior risultato per il Pd ed il centrosinistra, ma poi dovremo ragionare seriamente su tutto questo.
In provincia di Siena il voto ha premiato con un ottimo risultato i Sindaci di Sarteano e Montalcino, rieletti con un consenso oltre il 70%. In entrambi i casi Francesco Landi e Silvio Franceschelli al secondo mandato e quindi premiati per il buon lavoro. Ben diverso è stato il risultato di Monticiano, dove la nostra candidata e la nostra lista sono state sconfitte per una quindicina di voti dalla lista civica. Anche in questo caso dobbiamo capire seriamente perché tutto ciò è avvenuto, quali sono stati i nostri errori e le nostre sottovalutazioni.
Dopo i ballottaggi avremo un quadro più definito, ma una cosa mi sento comunque di dire sin da ora: per vincere, nelle città e non solo, c’è bisogno di un centrosinistra unito che sostiene i propri candidati. Per questa ragione abbiamo conservato Milano un anno fa e per questa ragione abbiamo perduto in altre realtà. Tra poco più di 8 mesi toccherà a Siena. E io credo che sia assolutamente necessario ricostruire il campo del centrosinistra con un confronto serio, costruttivo e ampio sulla Siena del futuro. Occorre ricostruire il centrosinistra come obiettivo indispensabile anche per il Paese. Abbandonando quel senso di autosufficienza che ci ha visto sbattere con vistose contusioni. Vedo tante iniziative in campo fuori dal Pd, alcune delle quali non chiarissime, altre che reputo interessanti.
Quel che è certo, è che il Pd da solo non fa il centrosinistra, così come non può esistere un centrosinistra senza il Pd. Sarebbe utile riconoscerlo. Sarebbe il primo utile passo per costruirlo.
Susanna
Ps: Giovedì scorso in Gran Bretagna le elezioni politiche hanno visto un bel risultato di Jeremy Corbin, che ha consentito una risalita importante dei laburisti, anche grazie al voto di moltissimi giovani. Il tema merita una bella riflessione, ma lo farò prossimamente. Intanto vi allego qui una intervista a Domenico Cerabona sul caso Corbyn.