Età pensionabile delle donne dopo la beffa lo scippo

Martedì scorso, presso la Sala stampa della Camera dei Deputati, ho partecipato a un’importante mobilitazione per denunciare un grave furto alle donne italiane, che rischia di passare inosservato. Il Governo, con l’aumento dell’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego, al quale ci eravamo opposti, si era impegnato ad utilizzare i risparmi che ne derivano – 4 miliardi circa in dieci anni – per interventi dedicati a favorire l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, per la conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro e per il fondo non autosufficienza. La cifra era di quattro miliardi nei primi dieci anni e, dopo, 242 milioni di euro a regime ogni anno. Si tratta di risorse ingenti che dovevano essere ridistribuite a favore di politiche di conciliazione e che sono, invece, scomparse.  Con questa manifestazione vogliamo denunciare questo scippo e scongiurarlo. Alla denuncia, infatti, ha fatto seguito l’appello sottoscritto da oltre 57 associazioni che si sono impegnate a chiedere al Governo che i fondi derivanti dall’aumento dell’età pensionabile delle donne siano destinati a misure per incentivare l’occupazione femminile e dunque la crescita del nostro Paese. Da parte mia e delle altre parlamentari intervenute c’è la volontà di presentare proposte e di non far passare sotto silenzio quest’ennesima azione discriminatoria nei confronti del “gentil sesso”.  All’appello, infatti, è seguito un piano di ridistribuzione di questo tesoro. Quattro miliardi in dieci anni potrebbero servire al raggiungimento di 4 obiettivi “chiari e misurabili”, come un programma pluriennale di investimento pubblico e tracciabile del denaro risparmiato; più servizi per la conciliazione di tipologia diversificata; più misure a favore dell’inclusione delle donne nel mercato del lavoro a tutti i livelli e una chiara identificazione dei rappresentanti politici e sindacali che realmente si impegnino a sostenere il programma per le donne italiane. Si tratta di un piano utile a rendere fattibili le misure per la conciliazione e le politiche di inclusione femminile. In un Paese come in nostro in cui le donne sono sempre più emarginate dal mercato del lavoro, non possiamo perdere l’opportunità di rimetterci in marcia verso gli obiettivi europei, non solo in termini di equiparazione femminile, ma anche di crescita economica. Perché si sa che il miglior ricostituente per lo sviluppo è un tasso di occupazione femminile elevato. Noi che abbiamo firmato l’appello ci siamo mobilitate per una azione politica – pubblica e visibile – contro un furto insopportabile per le cittadine di questo paese e irreparabile se dovesse giungere a compimento. Persi questi soldi, infatti, sarebbe davvero difficile continuare a parlare di politiche incentivanti per l’occupazione femminile. Se anche voi volete aderire basta inviare una mail con i propri dati anagrafici a “Valeria Manieri” segretariapod@gmail.com.

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