Fermare i fuochi
Tra le prime cose che ho imparato nella mia esperienza di assessore regionale alle foreste, quindi con delega all’antincendio, è stata che l’immediatezza e la velocità dell’intervento, da un lato, e il coordinamento massimo tra gli attori dall’altro (in quel caso forestali, vigili del fuoco, volontari: la regola prevedeva che intervenisse il più vicino al focolaio) sono determinanti per contenere il fuoco. Ci ho pensato spesso in questi giorni.
Sono stati tanti i focolai partiti di recente e non sempre tutti gli attori hanno lavorato per contenere, spegnere le fiamme; quella sintonia dovuta a un’alleanza eccezionale, che ha come compito gestire la crisi pandemica e far ripartire il Paese, è stata quantomeno dimenticata. In qualche caso, si è addirittura gettato combustibile sul fuoco. Ma così, davvero, non può funzionare perché se saltano le regole di comportamento salta la centrale del coordinamento antincendio e va a finire che il fuoco ci inghiotte tutti.
Sono state settimane di piazze, di proteste, talvolta di disperazione e purtroppo anche di infiltrazioni, come quella di Casa Pound, e speculazioni che hanno portato a incidenti, feriti e cariche delle forze dell’ordine. Le difficoltà sono vere e i ristori verso commercio, ristorazione e partite Iva sino ad ora non sufficienti: non a caso abbiamo molto insistito, come Partito Democratico, perché si lavorasse a un nuovo decreto tutto per lavoro, imprese e autonomi. Quel decreto, oggetto di un incontro tra il segretario del Pd e il Presidente Draghi, arriverà e sarà alimentato da un ulteriore scostamento di bilancio di 40 miliardi.
Poco meno di due minuti di video del fondatore del M5S hanno poi racchiuso e rilanciato tutto il patrimonio di maschilismo, misoginia, luoghi comuni usati oramai da decenni nell’opinione pubblica come nei tribunali, nei confronti delle donne che hanno subito violenza. È inaccettabile, culturalmente e politicamente, la sua difesa d’ufficio del figlio e degli altri accusati da una giovane donna di aver abusato di lei. È inaccettabile perché saranno giudici e tribunali a stabilire imputazioni e condanne. Inaccettabile perché sporgere denuncia dopo una violenza è un passo difficile per qualsiasi donna; serve coraggio, serve una presa di coscienza, soprattutto quando sai che dall’altra parte avrai persone potenti, ricche, dotate di grande visibilità. È inaccettabile perché aver bevuto o partecipare a una festa non rendono una donna “colpevole di essere stuprata”: non sono attenuanti per hi abusa, semmai sono aggravanti. È inaccettabile perché nella storia del nostro Paese ci sono ricordi in bianco e nero di cosa sono stati i festini con stupro nelle ville della ricchezza italica. E, da allora, decenni di mobilitazione delle donne hanno provato a cambiare la cultura del Paese e a introdurre azioni di prevenzione della violenza che non possono essere cancellate dall’uomo dei “vaffa”.
L’economia, poi. Il decreto per le aperture è stato assunto dal Consiglio dei Ministri e il Premier Draghi lo ha detto con chiarezza, presentandone i contenuti: si compie un atto di responsabilità e di fiducia verso il Paese. Si torna innanzitutto a scuola, si riaprono ristoranti, negozi. Ma non è un “liberi tutti”. Credo che la Sardegna, passata dal bianco al rosso in poche settimane, ci racconti bene cosa possa significare non vedere la realtà. Di fronte a questo pacchetto di decisioni c’è chi come noi ha sempre parlato di riaperture da fare in sicurezza e senza dover tornare indietro e c’è chi, come l’uomo del Papeete, rivendica il risultato mentre continua a incendiare chiedendo di ampliare gli orari serali e arriva, infine, a un atto grave che rappresenta un assoluto precedente: l’astensione dei rappresentanti della lega in CdM. No. Non si aiuta il Paese provando ancora una volta a fare l’uomo di lotta e di Governo, o a orientare rabbia e disperazione verso qualcun altro, sempre qualcun altro.
Questo Paese ha bisogno di non sprecare la congiuntura che ha davanti. Il DEF è approvato, e con lui nuove risorse; la prossima settimana si concluderà il varo del PNRR. Sono tanti soldi, proprio tanti. Dovranno essere investiti bene, con un disegno omogeneo chiaro e condiviso, che punti sulla modernizzazione, la transizione ecologica e digitale, le donne, i giovani, il sud. Se si sbaglia, si muore, perché non ci sarà un secondo tempo.
Noi dobbiamo dire la verità alle persone. Rincorrere i distinguo di Salvini (che sta competendo con Giorgia Meloni per qualche punto di consenso) come qualcuno anche dalle nostre parti è tentato di fare, non solo non serve a niente, ma è un atto di ipocrisia e di irresponsabilità verso il Paese e verso quei commercianti, ristoratori, partite Iva che attendono la ripartenza vera.
Anche per questo la proposta che Enrico Letta ha lanciato, guardando al 1993, è ciò che oggi dobbiamo fare: un nuovo patto sociale ed economico per l’Italia, come quel tavolo di concertazione che allora, in un momento assai difficile, mise tutti assieme. Ma per realizzare quell’obiettivo serve lavorare ovunque, ricostruire relazioni e ascolto, con il lavoro, con i senza lavoro, con le imprese, le giovani generazioni, le donne. Serve una nuova stagione nel rapporto tra Stato, Regioni e Comuni dove le criticità sono tante. Serve una primavera della responsabilità collettiva: costruire le fondamenta sarà nostro compito.
Difficile, infine, ignorare ciò che sta accadendo in quel pezzo di Toscana a cavallo tra il Valdarno e la Valdelsa empolese, l’area del distretto conciario. Nei giorni scorsi assieme ai colleghi Ceccanti e Ciampi sono intervenuta, ma credo che sia indispensabile reagire con forza e aver meno timore. Occorre rivendicare gli sforzi compiuti per decenni contro le infiltrazioni mafiose nella nostra economia, ma anche riconoscere che è necessario alzare ulteriormente la guardia. Penso che il tema della tutela della terra, delle acque e della salute debba restare una assoluta priorità e che questo significhi anche aprire una riflessione sulle norme e sui comportamenti. In quel distretto ci sono imprese che hanno fatto grandi sforzi e investimenti per ridurre e rendere insignificante l’impatto ambientale dei loro cicli produttivi: chi ha violato le norme ne risponderà, ma attenzione a criminalizzare un intero tessuto imprenditoriale e lavorativo. Non si può, infine, fare un gran calderone tra i tanti filoni dell’inchiesta, mescolando intercettazioni che vanno contestualizzate e indagini per infiltrazioni e illeciti di stampo mafioso. Continuo anche a confidare che tante persone per bene ne usciranno dimostrando la loro estraneità. La magistratura farà il suo lavoro.