Il lavoro è il fondamento della dignità delle persone. Per questo ogni bollettino del Censis e dell’Istat viene oramai assorbito con ansia e preoccupazione. Non si tratta solo di mancati consumi, di Pil che non cresce, ma di intere generazioni che vengono private della loro dignità e della possibilità di avere un progetto di vita. Importantissima l’azione di sfoltimento e modernizzazione, ma prima di tutto, adesso, è necessario creare opportunità di lavoro, e su questo tema vedo ancora ritardo e difficoltà, in un quadro economico che non accenna a migliorare.
Lunedì i lavori della direzione del Pd hanno parlato molto di lavoro e sono stati la dimostrazione che la discussione non è mai inutile. Non ho potuto seguirli, ma ho letto resoconti e rivisto qualche intervento in rete. Si è discusso di un tema importante, e fatti salvi alcuni eccessi di tifo su più fronti, credo sia stata una buona pagina. Dalla prossima settimana la riforma del mercato del lavoro sarà in discussione nell’aula del Senato. Un peccato che il provvedimento nel suo insieme sia sconosciuto ai più e che media, giornali, e anche tanta parte di opinione pubblica abbiano invece interpretato il tema come una sorta di referendum sull’art 18. In questo senso, credo che qualche responsabilità, se cosi è stato, ce l’abbia anche il nostro Premier.
Credo di poterlo affermare serenamente, perché sono tra coloro che non lo ha votato alle primarie, ma che lo ha sempre rispettato e supportato sin dal giorno dopo la sua avvenuta elezione a segretario del Pd e poi dopo la sua designazione come premier. Non ho mai fatto un voto significativo in dissenso dal gruppo, perché credo che cosi si faccia, sempre. Matteo Renzi è il capo del Pd, di tutto il Pd.
Detto ciò, non mi piace affatto la cultura dei diktat, dei cerchi magici, della denigrazione e derisione altrui. Non mi piacciono coloro che parlano solo ripetendo ossessivamente gli slogan del capo (qualunque capo), e ne scimmiottano atteggiamenti e modi di fare.
La discussione di norma consente a tutti di fare un passo avanti. Quando si vuol fare del male non si discute, si trama nell’ombra (vogliamo ricordare i 101…tutti avevano votato ed applaudito la proposta di Prodi).
Discutere del lavoro significa “fare la sinistra”, perché le norme che lo regolano, che definiscono contratti e diritti hanno a che fare con la dignità delle persone.
Ed allora non si può considerare lesa maestà desiderare prima di tutto un miglioramento di quel provvedimento, chiedere che siano chiari gli impegni finanziari contenuti. Io condivido del tutto la necessità di disboscare la giungla contrattuale e di allargare le tutele, (anzi vorrei presentare alla Camera un emendamento anche per aggiungere le politiche “family friendly” delle imprese nel provvedimento) a partire dalla maternità. Ma tutto questo sappiamo che richiede risorse, come l’ipotesi di un sussidio universale che vada a sostituire gli attuali ammortizzatori, e solo la legge di stabilità, potrà dirci se esistono.
Sono anche io consapevole che il sindacato ha marcato un grande e colpevole ritardo in questi anni nei confronti del precariato e di tutte le forme di lavoro non garantito, ma trovo anche incomprensibile non aver chiaro quanto l’articolo 18 sia già stato abbondantemente modificato e ridimensionato dalla riforma Fornero. Lasciare quell’ambito di tutela nelle imprese sopra i 15 dipendenti significa considerare il lavoro non un mero fatto privato, tra lavoratore ed impresa, ma qualcosa che coinvolge la legge e quindi lo Stato. Credo che la discussione avviata nella direzione che probabilmente proseguirà nelle aule parlamentari, abbia profondamente a che fare con la cultura politica e con l’identità del Partito democratico, non solo con “totem” e nostalgia. Le minoranze condividono il resto del provvedimento e forse si poteva fare uno sforzo ulteriore per una conclusione più ampiamente condivisa, riflettendo su un punto: la non esclusione del ricorso al giudice anche nel caso di licenziamento manifestamente infondato.
L’ordine del giorno approvato dalla direzione ha fatto qualche piccolo passo, ma ha vinto la rigidità sui tentativi di mediazione. Le minoranze avevano elaborato documento presentato da Gianni Cuperlo che non ha potuto essere messo in votazione. Adesso la discussione passa alle aule parlamentare e spero davvero che, fuori da schemi un po’ troppo semplificati, in quella sede si trovino utili sintesi.
Intanto si entra nel vivo della discussione sulla Legge di Stabilità e a tale proposito vale la pena di segnalare il braccio di ferro che la Francia ha deciso di esercitare sul tema del rapporto debito/Pil chiedendo con forza un superamento del vincolo del 3%. Se questo tema si affrontasse sul serio si aprirebbero possibilità importanti per mettere in campo politiche di investimento e di sostegno serio alla crescita, ben più utili di una forzatura su ciò che resta dell’articolo 18, ma ad oggi è del tutto improbabile”.
Susanna
Cara Susanna ,
mi sento completamente in disaccordo con la tua lettera . Da tempo non riesco a essere in sintonia con le tue posizioni e questo francamnente mi spiace molto per la nostra vecchia e consolidata amicizia , ma proprio per questi valori mi correva l’obbligo di essere chiaro .
Roberto Vivarelli
CARA SUSANNA,
APREZZO IL TUO RAGIONAMENTO POLITICO E L’ETICA CHE NE TRASPARE.
PURTROPPO LA CULTURA POLITICA CHE PARE ESSERE DI MODA E’ QUELLA DEL DIRIGISMO E DELL’ESIBIZIONISMO.
L’ART 1 DELLA COSTITUZIONE “L’ITALIA E’ UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA, FONDATA SUL LAVORO” E’ DISATTESO E I GIOVANI SENZA UN LAVORO NON HANNO NE DIGNITA’ NE LIBERTA’.
Cara Susanna, condivido le tue opinioni e mi fa molto piacere la tua chiarezza, la trasparenza delle opinioni. Sono molto, molto dispiaciuta che non sia stato messo in votazione dalla presidenza il documento presentato da Gianni Cuperlo e, spero, prima o poi, qualcuno mi chiarisca il motivo, altrimenti rischio di maturare la convinzione di non trovarmi in partito democratico.
Stanno vincendo gli slogan, perchè non conoscendo le proposte, spesso c’è una condivisione delle parole dette in coro, quello che io ho sempre temuto e mai apprezzato, anche quando la mia era una visione di c.d. “maggioranza”. Anch’io voglio il cambiamento, quello vero. Da sempre.Spero nel futuro sia pù apprezzata una visione diversa.