Giovani e agricoltura, il ‘governo del fare’ si arena sulle chiacchiere. Il Rinascimento verde e’ un bluff

Il ‘Rinascimento verde’ che prevedeva l’assegnazione di terre demaniali a vocazione agricola a giovani imprenditori, annunciato nei mesi scorsi dall’esecutivo, è al momento l’ennesimo bluff di un governo che si proclama ‘del fare’, ma che invece si arena sugli annunci. L’ennesima conferma arriva con la risposta, ieri, del ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan alla mia interrogazione presentata nel mese di settembre, con la quale chiedevo conto degli impegni presi dal precedente responsabile del dicastero, Luca Zaia, riguardo al progetto “Rinascimento verde”, annunciato nell’estate del 2009. Un progetto che avrebbe dovuto assegnare terreni demaniali a vocazione agricola ai giovani agricoltori, tramite bando, e secondo quanto annunciato dall’ex Ministro Zaia, “avrebbe dovuto generare in tre anni 1000 nuove imprese e 6000 nuovi posti di lavoro in agricoltura.”
Non c’era Galan. La risposta, fornita dal sottosegretario alla giustizia, ha confermato quanto temevamo, ovvero che le ottimistiche previsioni annunciate negli anni scorsi dall’allora ministro Zaia con il titolo enfatico di “Rinascimento italiano” non si realizzeranno, almeno per il momento. Le basi stesse del progetto non esistono, come conferma l’indagine svolta dall’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA), secondo la quale buona parte delle terre che avrebbero dovuto essere assegnate ai giovani ‘o non sono più agricole, o sono gia coltivate, o sono destinate a bosco e a prato’. Di fronte alla risposta del governo, mi sento di consigliare più serietà e prudenza nel preannunciare numeri e promesse di questa portata, soprattutto quando si tratta di una delle priorità dell’agricoltura, ed il ricambio generazionale rappresenta forse la prima ed assoluta priorità. Ricordo infatti che in Italia la percentuale di giovani (fino a 40 anni) in agricoltura è molto inferiore a quella degli altri Paesi europei, rappresentando appena il 7%, e che nel 2005 solo il 3% dei conduttori di imprese agricole aveva meno di 35 anni.

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