I valori al centro dello sviluppo: solo così si costruisce il futuro

Si chiama Next Generation EU, la prossima generazione europea: è il programma che tiene assieme la mole importante di risorse per risollevare l’Europa, la cui quota principale giungerà al nostro Paese. Transizione digitale ed ecologica le scommesse di fondo che condizionano investimenti e piani. Donne, giovani e Sud le chiavi principali di sviluppo. Innovazione, ricerca, salute, intelligenza artificiale, droni, biotecnologie, impresa 4.0: 220 miliardi di investimenti e contributi a fondo perduto inseriti nel PNRR, con una missione chiara e molti progetti ambiziosi.

Eppure, in questo tempo che punta al futuro, il futuro di giovani vite è inghiottito in un attimo da macchinari tessili: oggi Luana uccisa dall’orditoio, ieri Sabri, e tanti altri, troppi. Gli incendi tornano a bruciare il ghetto dei braccianti di Borgo Mezzanone, ci sono feriti tra gli indiani che lavorano nelle serre dell’agropontino, molestie e violenze accompagnano lo sfruttamento delle lavoratrici della terra… Come sta insieme tutto questo nell’Italia della ripartenza e dello sviluppo, come si concilia con un Paese che vuol affondare le radici in paradigmi nuovi?

La risposta è semplice: non può farlo.

Ci siamo detti a lungo che la crisi pandemica non ha generato la crisi economica, ma ha solo reso più evidenti tante criticità e contraddizioni che esistevano già, fino a farle esplodere. Forse, però, non ci siamo detti abbastanza che per rinascere, ricostruire, riparare, rammendare (quante erre?!…come quella parolina che ci piace tanto, resilienza) non bastano tabelle e schede progetto, anche raffinate, ma serve un pensiero politico e sociale; serve un insieme di valori, serve una cifra di radicalità critica su ciò che questi decenni hanno generato in Italia e che ha bisogno di essere analizzati fino in fondo, perché in quell’analisi ci sono molte delle ragioni che ci hanno visto sconfitti e lontani dagli ultimi.

Oggi tutti siamo certamente d’accordo sulla necessità di rilanciare con forza un sistema sanitario pubblico e universale, un sistema territoriale. Sul bisogno di tornare a investire risorse importanti sul personale sanitario, sulla ricerca scientifica, sull’industria farmaceutica. Oggi, appunto. Dopo i teorici del primato del mercato, oggi torniamo perfino a credere in un ruolo dello Stato forte, anche “imprenditore” in settori strategici, da rilanciare. Per fortuna siamo tornati a pensare politiche del lavoro all’altezza dei tempi, con un Ministro che apre tavoli e approfondimenti sull’occupazione femminile, la riforma del sistema degli ammortizzatori, i lavori della gig economy.

Ma c’è un contesto tutto politico che ha bisogno di essere preso di petto ed è il valore del lavoro e degli esseri umani nella catena del valore. Gli operai e le operaie esistono e le loro condizioni di lavoro non sempre sono migliorate. Investire in sicurezza è ancora, troppo spesso, percepito dalle imprese come un “costo” in termini di denaro e di tempi di produzione. Quanti sistemi di sicurezza vengono rimossi o disabilitati perché rallentano, perché complicano? In quante imprese vengono rispettate fino in fondo le norme sulla sicurezza? Non credo sia un problema di norme da innovare, quelle le abbiamo. E forse nemmeno di controlli, anche se più controlli e più controllori sarebbero indubbiamente utili. Il problema è, piuttosto, nel valore economico e sociale che riconosciamo (o non riconosciamo) a quei lavoratori e di quelle lavoratrici. Leggo che la giovane operaia di Montemurlo guadagnava dagli 800 ai 1.100 euro al mese. Come apprendista. Eppure, pare che lavorasse con un macchinario complesso e pericoloso da sola e senza le protezioni previste, ovvero la griglia di separazione tra lei e quei mortali rulli. E quanti altri dentro a quell’impresa o nelle imprese di quel distretto fanno altrettanto? Cosa serve per reagire?

Ricordo che nel 2013 – all’indomani dell’incendio in un capannone nello stesso distretto pratese del “pronto moda”, in cui persero la vita sette persone di nazionalità cinese che lì lavoravano e dormivano – la Regione Toscana prese di petto la situazione, assunse ispettori e attivò un piano di controlli con prescrizioni per la messa a norma senza precedenti. Ogni giorno gli ispettori entravano, controllavano, chiudevano, stendevano verbali, comminavano multe e tornavano a controllare. Il risultato fu un salto di qualità nelle condizioni di vita nei capannoni industriali e l’operazione nemmeno pesò sulle casse pubbliche, perché si autofinanziò con le sanzioni.

Quanto valgono, dunque, gli operai in questo tempo sospeso tra la crisi pandemica e la ripartenza? Quanto valgono i rider? Quanto i lavoratori di Amazon, i corrieri con le bottiglie per l’urina, i giovani professionisti, i braccianti e le braccianti che raccolgono ortaggi e dormono nei ghetti? Non ci sarà un Next Generation Italia se non rispondiamo a queste domande.

Al Senato, intanto, è ripartita la discussione sul Ddl Zan contro l’omofobia. Tutto il Paese ha discusso del monologo di Fedez contro la Lega durante il concerto del Primo Maggio e del comportamento della Rai, mentre nei prossimi giorni si tornerà a manifestare affinché questo Paese si doti di una legge contro chi alimenta l’odio omofobo e non solo. Io credo fortemente che quella legge, seppur forse non perfetta, vada approvata.

Il ritmo delle vaccinazioni nel Paese ha raggiunto quota 500.000 al giorno, come previsto. E i numeri del contagio scendono. Tutto questo può farci cominciare a intravedere la via di uscita, il ritorno a una certa normalità. Il profluvio di dichiarazioni di Salvini sulle riaperture è oramai inascoltabile. Il Pd lo ha detto fin dai mesi scorsi, bisogna riaprire in sicurezza per non dove richiudere; questo serve, vaccini e sicurezza perché solo così potremo riprendere la nostra vita, le nostre relazioni. Intanto si chiude al Senato il primo Decreto Sostegni e si prepara il secondo, quello che conterrà fondamentalmente misure per lavoro ed imprese.

Vaccini, sostegni, ripartenza: su questo dobbiamo concentrarci. E lavorare al contempo sui contenuti di quel Patto, necessario a raccordare i suoni tra Stato e parti sociali e necessario a disegnare una visione di futuro e di valori. Perché senza poggiare su valori solidi sarà difficile rinascere, nonostante la grande mole di risorse. Quindi discutiamo, anche animatamente, ma non dimentichiamo che quel futuro deve tenere assieme l’intelligenza artificiale e i valori umani.

“…dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori…”

Susanna