I virus da sconfiggere

Mentre scrivo i lavori della Camera sono di fatto bloccati dall’ostruzionismo dei deputati di Fratelli d’Italia. Un rallentamento che è in atto da giorni. Non si contestano i contenuti del Dl Rilancio, o i ritardi nel pagamento della Cassa Integrazione o nell’arrivo dei bonus. No, si fa ostruzionismo sulla data delle prossime elezioni Regionali.  

 

Non ricordo precedenti del genere. L’azione di ostruzionismo, legittimo strumento in mano alle opposizioni, è stato sempre esercitato su temi importanti, nell’auspicio di ottenere momenti di negoziazione, modifiche dei testi. Ma sulla data, come noto, non decide il Parlamento. Il Parlamento, ad oggi, stabilisce un range temporale entro il quale il Governo sceglierà la data della consultazione. La data più probabile, oggi, pare quella del 20 e 21 settembre. Credo semplicemente che in un momento come questo, con le grandi difficoltà che il Paese sta attraversando, tenere il Parlamento bloccato su una data sia inconcepibile.

 

Siamo ripartiti. Tutti. Le attività economiche, gli spostamenti tra regioni. Nei prossimi giorni anche le palestre, e, notizia di questi ultimi giorni, il comitato tecnico scientifico ha autorizzato l’estensione delle linee guida anche alle attività estive per i bambini da zero a tre anni. Quindi si presume nelle prossime settimane di poter consentire anche quelle attività, indispensabili per le famiglie che hanno ripreso la loro pendolarità e soprattutto che le Italiane che hanno sopportato un peso grandissimo.

 

Questa Italia ferita a morte, con oltre 33600 vittime e tanti, tanti contagiati prova a rimettersi in marcia rispettando regole, distanziamento, modalità indicate da scienziati ed esperti e messe a punto da istituzioni ed imprese. È iniziato il lavoro di esame del decreto Rilancio, con la mole gigantesca di emendamenti presentati dai Deputati. Una mole ingentissima di risorse che si aggiunge al “Cura Italia”, e al provvedimento sulla liquidità per le imprese.

 

Il tema è sempre lo stesso: una mole così ingente di risorse sarà in grado di accelerare la ripartenza? E soprattutto, sapremo utilizzare, come sistema Paese queste risorse nel modo giusto? Sapremo privilegiare gli investimenti produttivi ai meri indennizzi?

 

E ancora, riusciremo a generare una reazione economica all’altezza di questo tempo? E quel “rimbalzo” che osservatori ed esperti auspicano nei prossimi mesi, ci sarà? Al momento si fanno i conti con alcuni numeri. Istat ci ha detto in questi giorni che in un solo mese abbiamo perso 274000 occupati e particolarmente negativo è il bilancio su occupazione femminile e giovanile. Come scrive Linda Laura Sabatini, mentre nella crisi del 2008 industria e costruzioni furono i settori più colpiti, e quindi furono gli uomini a pagare il prezzo più pesante, oggi alberghi, ristorazione, turismo, commercio registrano il bilancio più nero, settori, in cui lavorano molte donne e, con contratti stagionali, ragazzi e ragazze. Rischiamo un ritorno indietro spaventoso in termini economici e sociali.

 

Lo ha detto con chiarezza Nicola Zingaretti nella direzione di qualche giorno fa, adesso serve davvero un salto di qualità. Un salto di qualità possibile, ovviamente se riusciamo a sconfiggere nuovi rischi di contagio, possibile per la mole di risorse in campo, sia a livello nazionale con due successivi discostamenti di bilancio (80 mld), un probabile nuovo discostamento,  che a livello Europeo (Sure, 10/20 mld per l’Italia, MES, 37 mld di prestito per la sanità, Next Generation Eu, 172 mld per il nostro Paese di cui 82 in contributi a fondo perduto).

 

Non tutte queste risorse saranno immediatamente disponibili, ma sono un’occasione unica, davvero unica, che il nostro Paese non può assolutamente permettersi di sprecare.

Cogliere questa opportunità per una modernizzazione del Paese, per aprire cantieri, per recuperare ritardi e distanze sociali, territoriali, di genere e generazionali per intervenire su alcune grandi priorità. Questo dobbiamo fare adesso. Essere pronti per le grandi sfide che l’Europa ha lanciato: Green new deal, nuove tecnologie, superamento dei divari, e soprattutto tradurre velocemente i provvedimenti in misure concrete che intervengono sulle persone in carne ed ossa.

Per farlo occorre una classe dirigente all’altezza. E per classe dirigente non si intende solo quella politica, ma tutta la classe dirigente. Quella economica, quella intellettuale, quella finanziaria..

Siamo pronti?

 

Questo dobbiamo chiederci seriamente. E solo la capacità di rispondere alla sfida, di tracciare la strada rappresenterà il salto di qualità.

 

Il Ministro della Salute, Roberto Speranza ha fatto il punto sulla crisi pandemica giovedì mattina. Sono passati più di tre mesi da quel 21 febbraio, giorno in cui abbiamo appreso del primo contagio in Italia. Ha riepilogato le tappe, i provvedimenti, la navigazione in mare aperto del primo Paese occidentale che ha affrontato la pandemia senza modelli cui ispirarsi. Credo che a tutti sia capitato di chiedersi come sarebbe stata la gestione dell’emergenza con un Governo diverso. Avremmo comunque chiesto agli italiani il grande sacrificio del lock down o perseguito la strategia negazionista dell’immunità di gregge?

 

Il livello globale della pandemia è stato anche un grande banco di prova per i governi, le politiche e i sistemi sanitari dei Paesi del mondo. In questo momento l’America Latina è una delle grandi aree di crisi. Un contesto in cui il Brasile sta registrando dei numeri drammatici, come i 1473 morti del 4 giugno, numero più alto dall’inizio dell’epidemia. L’Organizzazione Panamericana per la Salute (OPS) ha invitato il presidente Bolsonaro a prolungare le quarantene e le misure restrittive, pena il rischio di un’escalation dei casi e delle vittime.

 

Il 4 giugno il Brasile ha registrato il maggior numero giornaliero di morti per coronavirus dall’inizio dell’epidemia: 1.473. La scorsa settimana l’Organizzazione Panamericana per la Salute (OPS), agenzia internazionale di sanità che lavora per migliorare la salute e gli standard di vita delle persone delle Americhe, ha pubblicato un documento in cui si invitava il Brasile a prolungare le quarantene imposte dai vari stati del paese. Al momento non è chiaro cosa decideranno di fare i governi locali, che comunque si sono mostrati molto più decisi di Bolsonaro nell’imporre le misure restrittive. Il Brasile resta un osservato speciale al pari di altri paesi sudamericani, come Messico, Perù, Ecuador, El Salvador, Nicaragua, Guatemala, tutti duramente colpiti dall’emergenza.

 

Spostandoci dal sud al nord America, gli USA, da lunedì scorso stanno riaprendo le grandi città del Paese. Anche NYC, centro dell’epidemia sta lentamente tornando alla normalità. Il presidente Trump ha gestito la crisi, a livello politico alla sua maniera, soffiando sul fuoco del populismo, attaccando altri paesi, per poi tornare sui suoi passi. Il bilancio statunitense è comunque drammatico, con oltre 109mila morti, secondo lo studio della Johns Hopkins University. La gestione da parte della Casa Bianca avrà sicuramente delle conseguenze nelle prossime elezioni presidenziali.

 

Il filo rosso del populismo segna anche la situazione britannica, nella quale il presidente Boris Johnson si è trovato a dover gestire un’emergenza che lo ha toccato personalmente, essendo stato vittima del covid19. Al di là di questo gli errori, le incertezze e le marce indietro di Downing Street sono stati evidenti dalle dichiarazioni sull’immunità di gregge, ai ritardi sul lock down fino alle carenze registrate negli ospedali. Non si tratta di fare una macabra classifica tra le inadempienze dei vari Stati, in una situazione nuova e drammatica per tutti. Ma è un fatto alcuni tra i più avanzati Paesi del mondo, USA, UK e Brasile, hanno registrato alcune particolari criticità alimentate dalle politiche sovraniste e populiste che caratterizzano gli attuali governi.

 

Ci troviamo a vivere uno di quei momenti in cui la storia si trova a una svolta. Il virus sta innescando questo cambiamento. E c’è un altro virus che torna a mostrare il suo volto peggiore: quello del razzismo. La vicenda della morte di George Floyd ha il merito, nella sua drammaticità, di ridefinire il campo tra chi chiede giustizia e un futuro libero da discriminazione e violenze razziale, e chi, al contrario, agita le piazze, anche italiane, in nome di vecchi e nuovi populismi. Sono le destre becere, reazionarie, con contaminazioni di stampo fascista.

 

Negli USA e nel mondo proseguono le manifestazioni pacifiche in nome di George Floyd. Molte di quelle mobilitazioni utilizzano un simbolo, quel pugno, con un guanto nero. Un ricordo netto, di infanzia, quel podio olimpionico, Città del Messico, due atleti di colore, sul podio che alzano un pugno guastato, contro la repressione razziale. Pagarono caro quel gesto sacrosanto, ma quel gesto, cinquantanni dopo, è raccolto da giovani e giovanissimi di tutto il mondo, Questo seme dovrà portare frutto e dovremo essere bravi a coltivarlo perché da una tragedia può davvero nascere una svolta epocale. Stiamo vivendo un tempo straordinario, in cui ognuno di noi può essere attore protagonista di un grande cambiamento. Lo ha detto anche papa Francesco sottolineando che peggio di questa crisi può esserci solo il dramma di non aver saputo usare quest’occasione per cambiare.

 

Susanna Cenni