Nel Paese si sono sfiorati i 40 gradi. Le mascherine all’aperto possono essere tolte. Procede il lavoro di varo dei decreti che stanno accompagnando l’uso delle risorse per il PNRR. Mercoledì scorso è arrivato il via libera definitivo anche al cosiddetto “Fondone”, il fondo di oltre 30 miliardi che implementa lo stanziamento delle risorse Europee per gli investimenti utili alla nostra ripartenza. Mentre continuiamo a osservare i dati del contagio e monitorare la variante Delta, che in altri Paesi sta facendo paura e in Africa generando una nuova ondata, proviamo ad affrontare le altre emergenze che la fine di alcune misure assunte nei mesi scorsi può far esplodere. La prima è certamente il lavoro.
Sulla proroga del divieto di licenziamento si è discusso a lungo, in maggioranza e con le forze sociali. Si è raggiunta una mediazione nei giorni scorsi: il nuovo decreto prevede una parziale proroga del blocco per tre settori (tessile, moda e calzaturiero), l’impegno delle parti sartoriali a fare ricorso a tutti gli ammortizzatori sociali prima di procedere a licenziamenti e ancora 13 settimane di cassa integrazione. Viene aperto un tavolo permanente e ci si occupa di una accelerazione degli impegni per la riforma degli ammortizzatori e il varo di nuove politiche attive. L’ho scritto, lo abbiamo detto in ogni modo: non basterà riaccendere l’interruttore per ripartire, sarà necessario costruire le condizioni per un cambiamento profondo. In quel cambiamento il lavoro dovrà essere al centro. E l’impegno di tutti dovrà essere quello di creare nuovo lavoro a partire proprio dagli investimenti del Next Generation EU.
È difficile non fermare le immagini del video proveniente dal carcere di Santa Maria Capua Vetere che un quotidiano ha reso pubblico. Una “spedizione punitiva” vera e propria con un coinvolgimento senza precedenti di tutta la filiera del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Difficile perché il livello di violenza e di annullamento dei diritti umani non può lasciare indifferenti. Difficile perché, come qualcuno ha scritto in questi giorni, ci sono le responsabilità di chi ha pestato, di chi ha comandato, di chi ha girato la testa dall’altra parte. E sono tante quelle responsabilità anche nei vertici del Dap. Le vicende risalgono a più di un anno fa; sul tema ci sono state interrogazioni parlamentari ed una risposta dell’allora Ministero competente che, per la conoscenza che abbiamo oggi, risulta imbarazzante.
Al di là del singolo fatto, che resta gravissimo, sono molti gli episodi emersi. Tra questi, purtroppo, anche quello di San Gimignano per il quale c’è già stata la condanna di 10 agenti in primo grado e vedremo cosa stabilirà la giustizia in via definitiva. Lo conosco bene quel carcere e conosco molti agenti. Ne ho seguito le difficoltà (della struttura, dei detenuti, degli agenti sottorganico, dei direttori che non si fermano più di qualche anno nella migliore delle ipotesi), anche rivolgendomi più volte ai vertici Dap regionali e nazionali. In quel carcere, progettato in un tempo lontano e collocato in un luogo probabilmente sbagliato, lavorano tante persone che hanno garantito sicurezza e gestione anche facendo turni di lavoro difficili. Ma ciò non può non farci vedere la gravità di quanto accaduto. Non può esserci attenuazione nei toni della denuncia di un fatto gravissimo come quello di Santa Maria Capua Vetere. Nel carcere non possono essere sospesi i diritti umani. Passa anche da lì il livello di civiltà di un Paese ed è urgente che si apra una riflessione per portare a una riforma seria del sistema carcerario; se davvero crediamo al principio di rieducazione, occorre lavorare sulle pene alternative e per una adeguata dotazione organica della polizia penitenziaria. Temi che la Lega ha sempre osteggiato.
La crisi profonda che sta scuotendo il M5S non riguarda solo quella forza politica che è ancora la prima in Parlamento. Riguarda la stabilità dell’azione di Governo, la certezza dell’iter dei provvedimenti in arrivo e anche la solidità di alcune alleanze locali. Non è mio compito chiaramente intervenire su una vicenda interna a un altro partito, ma è chiaro che non possiamo solo assistere all’esplosione di quel movimento senza esprimere una grande preoccupazione: che la destra – che nei sondaggi, con l’avanzamento della Meloni e del suo partito, oggi sfiora il 40% – possa uscirne ulteriormente rafforzata.
Tutto ciò deve portarci ad una ancora maggiore determinazione nel rafforzamento del PD, della sua identità, dell’allargamento del nostro campo a sinistra, nella costruzione di un impegno forte nel Paese e nel Governo per il lavoro, per l’impresa, per i redditi e contro le povertà. Per questo sarà fondamentale dare forza e vita alle agorà che il Segretario Letta ha messo in campo, raccogliendo energie, idee, partecipazione nuova che non servano solo per le primarie.
Serviranno davvero “anima e cacciavite” come scrive nel suo libro Enrico Letta e servirà una sinistra che non smetta di essere tale e che sappia dove stare, mentre l’Italia prova a ripartire. Nel lavoro, nell’impresa, nella transizione energetica ed ambientale, nella tutela dei diritti e delle libertà che la Carta costituzionale ha sancito.