Il lungo cammino ad ostacoli di un Paese che vuole essere libero da Ogm

‘Non c’è proprio pace per l’agricoltura biologica e convenzionale, nonostante la scelta delle Regioni sia stata netta ed esplicitata da tempo. L’ultimo decreto in materia di Ogm risale al 2010 e porta la firma dell’allora ministro delle politiche agricole, Luca Zaia, con il quale era imposto il divieto di coltivare varietà di mais transgenico. Dopo i fatti del Friuli Venezia Giulia dell’anno scorso e dopo numerosi ricorsi e denunce, il Tar del Lazio ha emesso in questi giorni una sentenza che, di fatto, annulla il divieto imposto dal decreto. Tale sentenza afferma che la coltivazione di varietà Ogm non può essere vietata in assenza di piani di coesistenza regionali tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche, considerando tale divieto illegittimo. Si riapre quindi il fronte degli organismi geneticamente modificati, in particolar modo sulla questione di chi debba decidere la loro ammissibilità nel nostro paese. L’attuale ministro delle politiche agricole, Saverio Romano, ha ribadito pubblicamente in più occasioni, la sua contrarietà all’introduzione di colture ogm sul territorio nazionale, a tutela delle produzioni agricole presenti in Italia. Da un punto di vista normativo, inoltre, la Corte Costituzionale ha assegnato chiaramente, a partire dal 2006, alle Regioni la competenza sulla definizione delle linee guida sulla coesistenza dei due tipi di colture.  E le Regioni stesse hanno espresso, in numerose occasioni, la loro contrarietà a legiferare sulle linee guida di coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate, formalizzando in sede di Conferenza Stato-Regioni l’unanime intenzione di chiedere al Governo l’adozione di misure di salvaguardia, oltre a predisporre atti e normative tese a dichiarare i loro territori liberi da ogm. Sul tema, poi, io stessa ho presentato diverse interrogazioni all’indirizzo di Governo e ministeri competenti (l’ultima in ordine di tempo è la numero 5/04403 del 16 marzo scorso). Richieste di chiarimento rimaste senza risposta. Data l’importanza della questione per il futuro agricolo e alimentare del nostro Paese ho deciso di presentare, all’indirizzo del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, un’altra interrogazione urgente per capire quale sia il punto di vista del Governo in merito alla situazione che si è aperta a seguito della sentenza emessa dal Tar del Lazio; quali azioni intende prendere alla luce della palese e manifesta volontà della Conferenza Stato-Regioni di optare per la clausola di salvaguardia e quali provvedimenti urgenti la maggioranza ha in programma per tutelare, sul territorio nazionale, le coltivazioni libere da ogm che rappresentano, per ricchezza, tipicità, pregio e varietà, uno straordinario volano economico ed occupazionale del nostro paese, oltre che uno dei comparti di maggiore rilevanza del “Made in Italy”.

4 thoughts on “Il lungo cammino ad ostacoli di un Paese che vuole essere libero da Ogm

  1. La coesistenza tra OGM, convenzionale e biologico è impossibile! Se anche fosse possibile la coesistenza fisica, sarebbe comunque impossibile quella economica, in quanto, con un semplice esempio realistico:
    – il costo di produzione del mais convenzionale è leggermente superiore a quello del mais transgenico;
    – il prezzo di mercato del mais convenzionale è leggermente superiore a quello del mais transgenico (vedi quotazioni mercato di Bologna);
    – l’agricoltore che vuole un prodotto convenzionale deve spendere di più per ottenerlo e, quindi, si aspetta un prezzo di vendita maggiore! Se questo avviene tutto fila liscio e può esserci coesistenza!
    – ma supponiamo, molto realisticamente, che la produzione ottenuta con tecnica convenzionale (più costosa) sia in parte OGM a causa di impollinazione incrociata. A questo punto il mercato la pagherà come prodotto OGM (un prezzo inferiore). L’agricoltore convenzionale non ottiene la giusta remunerazione perchè spende di più per ottenere un prodotto che alla fine ha un prezzo di mercato inferiore. L’anno dopo, memore di quello che gli è accaduto nell’anno precedente e nell’incertezza di ottenere una produzione totalmente convenzionale, coltiverà OGM, in quanto è l’unico che gli consente certezza nei costi di produzione e certezza nei prezzi di vendita.

  2. claudio…la coesistenza con le colture OGM è possibilissima in quanto trattasi di piante come tutte le altre…per cui la coesistenza avviene esattamente allo stesso modo…il problema della contaminazione è un fatto culturale perchè per anni e decenni la gente è stata spaventata a suon di campange e slogan antiscientifici che dipingono gli OGM come mostri vegetali e simili…gli OGm sono solo frutto di una tecnica e andrebbero affrontati caso per caso..peraltro molti caratteri degli OGM sono gli stessi di varietà ottenute oper altri metodi ( ma non certo naturali…come ad esempio incroci forzati e mutagenesi con mutageni chimici o radiazioni)…non si capisce per cui perchè in caso soltanto (quello OGM) ci si preoccupi della “contaminazione” che non arrecherebbe alcun cambiamento nelle piante con queste piccole evenutali contaminazioni. contaminazioni che comunque possono facilmente essere limitate con zone rifugio e che possono avvantaggiare perfino coltivatori convenzionali…la contaminazione invece tra piante selvatiche e coltivate della stessa specie è invece più problematica perchè potrebbe trasmettere caratteri per la produzione di composti tossici nocivi (ad esempio dalla colza industriale a quella alimentare)…di tutto qu3sto però nessuino se ne preoccupa…infine la paura della contaminazione (si parla di un limite di 0,9%, valore peraltro di nessun significato, contro il 2% o il 4% con colture che presentano composti tossici accertati) è puramente dovuta al clima di odio nei confronti degli OGM che farebbe crollare le vendite di chi è “contaminato” da oGM anche se i suoi prodotti sono tali e quali quelli di prima ( e gli OGM di contaminazione sono approvati e mangiati nel resto del mondo)…la coesisnteza economica è semplice figlio dell’odio contro gli OGM che fa usare misure drastiche ed eccessive ( oltrechè spesso assurde) per prevenire qualsivoglia contaminazione (anche minuscola), che fa addirittura distruggere i propri raccolti (c’è chi l’ha fatto) per poi accusare gli OGM di creare tracolli nei contadini…questo è frutto dell’odio che è stata inculcato a forza nella gente che, sneza adeguate basi sicentifiche, ha dato credito as visioni “alternative”, emotive e prive di qualsiasi fondamento…

  3. Vede …Friedrik
    Io sono consapevole di non essere una scienziata, ma in questi ultimi 7 anni ho avuto il garbo di leggere, ascoltare, misurarmi, andare uno in giro a vedere. Non dica che la coesistenza e’ una passeggiata per favore, perché non e’ cosi!! Io non penso che gli Ogm rappresentino cibo spazzatura ..penso che al nostro Paese convenga investire sulla biodiversità, che la ricerca vada fatta ma anche che sia controllata e garantita da soggetti pubblici e n dalle sole multinazionali.
    Diffido sempre delle semplificazioni e delle verità assolute.. Quindi per cortesia provi ad avere un po’ di rispetto anche x l intelligenza altrui, perché se la comunità scientifica e’ divisa su questa delicata mAteria forse delle ragioni esistono, non le viene un po’ il dubbio???

  4. Con il rispetto che si deve ad ogni posizione intellettualmente onesta e libera, mi permetto di intervenire sostenendo una posizione “ideologica”: non mi fido dei processi di radicale trasformazione condotti dal “libero mercato” e solo delle ricerca pubblica sono disponibile a fidarmi.
    Lo sostengo per le conseguenze che nel settore agricolo ha comportato la cosiddetta “rivoluzione verde”, cioè, in estrema e grossolana sintesi, l’industrializzazione dell’agricoltura guidata dall’industria chimica e meccanica. Ciò che si è perseguito non sono stati né l’interesse dei coltivatori, più reddito e più qualità, né l’interesse collettivo, eliminare la piaga della fame nel mondo. Le conseguenze sono sotto i nostri occhi: un’economia agricola ridotta allo stremo, un diffuso inquinamento della biosfera causato proprio dall’impatto di quel modello, una tragica dissipazione delle disponibilità di acqua potabile, la perdita di fertilità della terra, una drammatica perdita di biodiversità, il peggioramento della qualità dei ns cibi…. fino alla banalizzazione dei nostri paesaggi agrari.
    La “seconda rivoluzione verde”, quella degli OGM, appunto, mi risulta essere interamente nelle mani delle grandi corporations dell’agrochimica. Per questo motivo, oltre ai timori sui rischi per la salute umana e per l’ambiente, mai definitivamente superati (ne è dimostrazione il serrato dibattito nel mondo scientifico che prosegue tutt’ora), mi preoccupa ancor più il rischio del completo e definitivo controllo sulle sementi esercitato da dette corporations attraverso il sistema della brevettazione dei semi. Ricordiamoci che chi sarà in grado di controllare le sementi, controllerà il mercato globale del cibo! Non della produzione dell’acciaio, del nostro cibo quotidiano! Instaurando al contempo una sorta di “nuovo colonialismo” sulle terre e sulle popolazioni di parti rilevantissime del pianeta, per di più in un regime di sostanziale monopolio. Ricordo, a questo proposito, che Monsanto controlla da sola oltre il 90% di questo mercato e non dimentico la sua azione di efficacissima lobbing, prima in ambito GATT e successivamente nel TRIPS (accordo sui diritti di proprietà intellettuale relativi al commercio), nei confronti del WTO per estendere il regime americano sui brevetti al resto del mondo.
    Insomma, l’agricoltura, il pianeta, i popoli hanno bisogno di agricoltura diffusa, locale, che valorizza biodiversità e qualità, che riscopre la sua funzione produttiva ed occupazionale, che cura la terra e l’uomo, non dell’ennesima speculazione.
    La ricerca, è giusto ed opportuno che proceda, possibilmente pubblica e comunque sotto il controllo pubblico.
    Mi fermo qui, ma sarebbe opportuno continuare ulteriormente la discussione pubblica.

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