Care amiche, autorità, associazioni,
Gentile Ministra,
Desidero intanto ringraziare le organizzatrici per l’invito e per il Convegno che nei tre giorni di lavoro esprime davvero un elevato ed utile livello di confronto.
Spesso in questo periodo siamo richiamati al Comune senso di appartenenza all’Unione Europea, in modo particolare, dentro a questa difficilissima fase piena di incognite, avviene sulle politiche economiche e finanziarie. Mi pare, alla luce del bel programma e delle importanti occasioni di confronto, assai utile che si evidenzi quanto la Comunità Europea possa divenire ben più realmente percepita come luogo della vita comune dai cittadini e dalle cittadine Europee attraverso le politiche che riguardano i diritti, la coesione sociale, le politiche di inclusione e di evoluzione sociale.
La violenza sulle donne è un dramma sconvolgente, è un cancro, ma è un fenomeno che possiamo sconfiggere. Possiamo farlo attraverso con una grande volontà e determinazione, con adeguate scelte politiche ed una evoluzione culturale e sociale che non puo che trarre le sue radici da una corretta lettura della cittadinanza di genere, dal rispetto tra i generi, dalla assunzione convinta circa la inviolabilità del corpo femminile.
Possiamo farlo facendo crescere questo Paese, rimuovendo e combattendo stereotipi, scambiati per normalità, e soprattutto rimuovendo qualche ipocrisia.
Cerco di non dimenticare mai, e voglio ricordarlo anche qui, quanto sia purtroppo recente per il nostro Paese la conquista di una norma che ha collocato tra i reati contro la persona la violenza sulle donne: era il 15 febbraio del 1996, appena 15 anni fa.
Esprimo una grande preoccupazione per come, nel 2011, in Italia si continui a comunicare attraverso media e pubblicità, pur di fare informazione, intrattenimento, e purtroppo anche politica, rappresentando il corpo e la condizione delle donne. Sono preoccupata per come, da brutte vicende emerse da indagini ed intercettazioni, il corpo delle donne risulti essere “merce di scambio e di corruzione” assieme a rolex, auto di grande cilindrata, denaro.
Voglio ricordare come il Censis ci abbia ricordato che nella nostra tv le donne in video sono prevalentemente attrici, cantanti, modelle, e rappresentate per lo più come protagoniste dello spettacolo, della moda, o vittime di violenza. Non ci sono le donne ..normali, quelle vere.
Ma le donne, e le giovani donne, sono altro, anche in Italia, nonostante la nostra pessima collocazione nelle classifiche sul Gender Gap, le donne studiano e si laureano meglio dei coetanei maschi, esprimono competenze, desideri, ambizioni, ben diverse da quelle comunemente rappresentate, esprimono autonomia, sono in grado di svolgere qualsiasi ruolo e professione, ed è la negazione di tutto ciò, o forse la paura di tutto questo, che spesso genera violenza verso di loro in famiglia, nel lavoro, in contesti amicali e di conoscenza.
Ho certo detto cose note, ma voglio ribadirlo.
Parto da qui, e non solo dai dati statistici perché ritengo che non possiamo che partire da qui, penso che questa sia la strada da intraprendere per sconfiggere la violenza sulle donne: riconoscere che i generi sono due, dare valore alle donne reali, rimuovere stereotipi ed ostacoli, altrimenti la violenza sarà considerata..uno delle tante tipologie di reato da reprimere, magari uno dei reati compiuti dai “soliti estranei, forse immigrati?collocati ai margini della società, disadattati o pazzi”, rimuovendo completamente la realtà, e cioè che la violenza è tra di noi, nelle famiglie, nelle coppie, nelle relazioni lavorative, nel comportamento di uomini che coprono posizioni di prestigio e di potere (pur ben guardandoci dal sostituire i tribunali, non possiamo dimenticare le vicende che hanno visto come protagonista l’ex Presidente del FMI).
Non possiamo rimuovere il fatto che la violenza è ancora troppo, enormemente taciuta, per paura.
I dati pubblicati così crudamente nel 2007 ci hanno detto come stanno le cose: che oltre 6 milioni di donne dai 16 ai 70 anni sono state nella loro vita vittime di violenza, che il 14% lo ha subito dal proprio partner, il 17% dall’ex partner. Dati ufficiali, elaborati dall’Istat. Fatti veri.
Pongo qui una prima irrinunciabile esigenza: non basta una foto, una indagine una tantum, i dati e le statistiche sono fondamentali (non solo i dati delle forze dell’ordine ci aiutano a capire), ma vanno monitorati ed aggiornati. Conoscere, misurare l’efficacia delle politiche, delle risposte, misurare la situazione geograficamente e localmente ci aiuta a combattere. Inoltre, anche in via più generale, le statistiche di genere sono fondamentali per leggere la società nella sua completezza, e nelle sue differenze, nel pieno funzionamento della democrazia.
Sul piano legislativo anche in questa legislatura sono stati compiuti piccoli passi avanti, (bene la norma contro lo Stalking approvata unanimemente) ma a mio parere desta perplessità la scelta di agire per “spacchettametni”, per “spot”, rinunciando, ed io lo considero un errore, ad una definizione più precisa del tema violenza di genere, la rinuncia ad un quadro normativo che tenta una ricomposizione dei vari livelli di intervento e dei tanti soggetti chiamati a fare la propria parte per produrre risultati efficaci.
Potremmo dire “meglio poco che niente”, ma io non credo che sia così. Potremmo invece compiere il grande errore di pensare che si è esaurito un compito invece ancora tutto da svolgere.
A mio parere qualche passo nella giusta direzione era stato intrapreso collocando nel 2007 l’insieme degli interventi nel quadro delle indicazioni comunitarie . Quadro tra l’altro, non solo ascrivibile alla volontà della burocrazia comunitaria, ma frutto di una intensa attività di reti di donne, di centri, di strutture e movimenti.
C’era un senso logico nello svolgimento dell’indagine Istat, nel far seguire aIl’indagine Un piano di azione pluriennale, l’idea di istituire l’Osservatorio Nazionale, il Forum Permanente (sede di confronto tra istituzioni e società civile), lo stanziamento per sostenere le reti territoriali, il numero di pubblica utilità, l’avvio di un lavoro che avrebbe potuto portare ad una legge quadro organica. Una impostazione buona, pur non esaustiva. Ma credo che sia stato dato un importante segnale se alcune Regioni hanno risposto normando a loro volta sulla materia, la Regione Toscana lo ha fatto nel 2007.
Non intendo in questa sede fare una difesa d’ufficio di quel lavoro o fare domande sulle ragioni di un stop a tutto ciò con la fine del Governo Prodi.
Mi piacerebbe però conoscere le ragioni e le motivazioni di una simile inversione di rotta che ci ha visto fare i conti sin dal primo provvedimento di legislatura con un taglio generalizzato delle risorse destinate allo scopo.
Del resto il testo di legge, avviato dai Ministri Pollastrini, Bindi e Mastella presentava luci e aspetti da migliorare, ma credo che si debba comunque, ed indipendentemente da chi Governa o Governerà il Paese, non abbandonare la capacità di costruire un quadro di insieme:
la prevenzione, la tutela, le pene adeguate, l’accoglienza ed i servizi.
lo stato, gli enti locali, la rete di protezione, il mondo femminile, le forze dell’ordine, la formazione personale sanitario, ecc…
E soprattutto un’idea di Paese, di cittadinanza piena, di dignità femminile, di riconoscimento, lo ripeto ancora che la violenza c’è, è tra noi, ci riguarda tutte e tutti.
Mi piacerebbe conoscere le ragioni per le quali un consesso come la Conferenza internazionale contro la violenza sulle donne organizzata dal Ministero per le pari Opportunità qualche tempo fa, non abbia ritenuto di coinvolgere nei lavori associazioni radicate sul territorio.
Mi piacerebbe sapere per quale ragione il Governo Italiano ha deciso di non partecipare nel maggio scorso ad Istanbul, ai lavori della nuova “Convenzione Europea per la prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne”. Hanno partecipato 47 Stati Europei, membri del Consiglio d’Europa, ma non soltanto con la finalità di firma di un trattato che stabilisca precise misure civili e penali per combattere concretamene il dramma della violenza contro le donne in Europa.
Il trattato è importante, rappresenterebbe il primo strumento giuridicamente vincolante in Europa in grado di combattere la violenza sulle donne tenendo assieme prevenzione, protezione, azione giudiziaria, supporto alle vittime. Ad oggi ben 16 Stati hanno firmato, tra questi non figura il nostro Paese.
Sul tema ho depositato una interrogazione al Ministro degli Esteri.
Eppure in questo nostro Paese ci sono cose importanti e valide che si stanno muovendo, ci sono energie, intelligenze, associazioni.
Voglio qui raccontare in sintesi la diversa scelta che abbiamo fatto in Toscana, (la ragione per la quale sono stata invitata) e che credo ad oggi, purtroppo continui a rappresentare l’unica esperienza del genere compiuta in Italia: la legge regionale sulla cittadinanza di genere (16/2009).
Una legge che prova ad inserire la dimensione di genere in ogni campo dell’azione amministrativa, che si pone l’obiettivo di avviare un processo culturale complessivo che attraversa normativa, programmazione, azioni. Che vive con l’azione integrata del sistema degli Enti locali e dell’associazionismo femminile.
La legge, a due anni dal suo varo vanta un ampio parco di progettazioni finanziate ed azioni partite.
C’è un preambolo alla legge: “..rimuovere ogni ostacolo che si frappone al raggiungimento di una piena parità di genere nella vita sociale, culturale, economica, evidenziare il carattere trasversale delle politiche di genere rispetto all’insieme delle politiche pubbliche regionali, con particolare riferimento ai settori dell’istruzione, delle politiche economiche, della sanità, della comunciazione e della formazione.”
ed ancora tra gli obiettivi:
agire nel rispetto dell’universalità dei diritti di donne e uomini
eliminare gli stereotipi associati al genere
promuovere la libertà e l’autodeterminazione
strumenti:
Forum della cittadinanza di genere
analisi di genere nella programmazione
parametri di genere nei bandi di finanziamento
bilancio di genere
statistiche di genere
Rapporto annuale sulla condizione delle donne
Trasversalità
Gli altri assessorati: economia, medicina di genere, ecc (con precisi riferimenti alla preparazione per riconoscere la violenza sulle donne)
Comunicazione
Pubblico e privato
Piano di azione, ecc..
La Regione Toscana, come altre Regioni ha adottato anche una legge regionale sulla violenza di genere.
E’ stata una scelta. Una scelta forte, caratterizzante, voluta dal Governo Regionale, confrontata con le donne. Una scelta che guardava all’evoluzione di una terra, al suo civismo, al suo progresso.
La legge sulla cittadinanza di genere un modello? Non voglio dire questo. Una Regione ha competenze diverse.
Cio che voglio ribadire è che non si puo esaurire l’approccio con la violenza di genere con il codice penale e la repressione.
C’è un prima, la prevenzione, c’è un dopo, l’accoglienza, il farsi carico. C’è il genere che fa violenza, con il quale lavorare. Ci sono soggetti impegnati da anni, da ascoltare e sostenere, ci sono strutture nei territori che rischiano di morire.
Il tema che voglio riprendere concludendo torna quindi ad esser questo:
si combatte la violenza se si lavora per un Paese che consideri la violenza sulle donne un problema per la democrazie e la civiltà del Paese, che provi a modificare la sua organizzazione il suo modo di fare educazione e crescere i cittadini e le cittadine di domani, che rimuova gli ostacoli alla piena partecipazione delle donne in qualsiasi campo della vita economica, sociale, politica, che non perda mai la relazione con il mondo, con l’Europa e con il mondo femminile e femminista, che raccolga le sfide che non solo le donne di questo Paese hanno rilanciato mobilitandosi ovunque, ma che lo stesso Governatore della Banca d’Italia Draghi, nel suo ultimo discorso da Governatore ha ripreso.
(La scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è un fattore cruciale di debolezza del sistema, su cui stiamo ora concentrando la nostra ricerca. Oggi il 60 per cento dei laureati è formato da giovani donne: conseguono il titolo in minor tempo dei loro colleghi maschi, con risultati in media migliori, sempre meno nelle tradizionali discipline umanistiche. Eppure in Italia l’occupazione femminile è ferma al 46 per cento della popolazione in età da lavoro, venti punti meno di quella maschile, è più bassa che in quasi tutti i paesi europei soprattutto nelle posizioni più elevate e per le donne con figli”. Il Governatore sostiene quindi l’idea che la partecipazione femminile al mercato del lavoro non è una questione di equità sociale, ma di efficenza economica e di utilizzo non ottimale delle risorse.
E per aiutare le donne, e ancora di più le mamme a lavorare, ecco un suggerimento: “Il tempo di cura della casa e della famiglia a carico delle donne resta in Italia molto maggiore che negli altri paesi: aiuterebbero maggiori servizi e una organizzazione del lavoro volti a consentire una migliore conciliazione tra vita e lavoro, una riduzione dei disincentivi impliciti nel regime fiscale)
Insomma: noi non possiamo pensare di aver esaurito la nostra battaglia contro la violenza, con la norma sullo stalking, e non considerare importante la violenza omofoba.
Non possiamo pensare di ascoltare i richiami comunitari sull’età pensionabile delle donne e non muoverci su conciliazione e condivisione, non possiamo pensare di approvare una sacrosanta norma sulla presenza di donne nei Cda e non cancellare il divieto delle dimissioni in bianco.
Un Paese avanzato, che guarda al suo futuro ha il dovere di saper leggere la straordinaria risorsa che le donne rappresentano. Il mondo lo sta facendo e pochi giorni fa è stato attribuito a tre donne il Nobel per la Pace.
Lo si fa , come direbbe Gioconda Belli nel suo ultimo bel romanzo “tirando a lucido il Paese”, rimuovendo ostacoli, riconoscendo il tema della violenza e provando ad andare avanti, attraverso la costruzione di un modello culturale, sociale, economico diverso che discende dal rispetto tra i generi.
Tali principi stanno scritti nelle indicazioni Comunitarie, nei lavori degli economisti più illuminati, nelle indicazioni che le reti di donne stanno dando ai Governi.
Io credo che i lavori di questa conferenza potranno aiutarci a far evolvere anche il nostro quadro normativo. Io mi sento impegnata per questo.
Susanna Cenni