Resterà a lungo nel nostro immaginario quella devastante immagine del Senato. Tutto il centrodestra festante, con urla da curva e qualche gesto dell’ombrello che festeggiava l’affossamento del DDL Zan con la cosiddetta “tagliola”, la sostanziale decisione di reinviare in commissione il testo licenziato dalla Camera con una larga maggioranza. Un voto segreto che non aveva senso, perché procedurale, franchi tiratori che hanno fatto un regalo alla destra e male al nostro Paese che resta tra i pochi in Europa a non aver varato norme contro l’odio e l’omofobia.
Un’immagine che a me ha rammentato un altro momento storico, quello della fine del Governo Prodi con spumante e mortadella in quella stessa Aula. Chi ha votato, nel segreto, in modo diverso da quanto manifestato farà i conti con la propria coscienza. Ma ciò che è andato in onda è stata una celebrazione innanzitutto della distanza abissale di certa politica con il sentire del Paese, con la maggioranza degli Italiani che infatti hanno manifestato e continuano a manifestare in tutta Italia. La distanza tra il Paese e i “palazzi”.
Ha una forza straordinaria quella photo opportunity scattata all’Eur durante i lavori del G20: sul palco i camici di medici e personale infermieristico, le divise di Protezione civile di Croce Rossa. Un messaggio fortissimo voluto dal Presidente Draghi. Una delle principali emergenze globali che tuttora condiziona la nostra salute, le nostre vite, la nostra economia, è stata affrontata indubbiamente dalle politiche pubbliche e dalla comunità scientifica, ma anche da uomini e donne che in prima fila hanno ogni giorno svolto il proprio lavoro. È quell’insieme il messaggio forte: i Governi da soli non possono vincere questa guerra contro il virus, serve una sanità pubblica ed universale forte, su cui tornare ad investire con decisione; e ancora, non basterà sconfiggere il virus nei Paesi occidentali, in quelli ricchi, se nel sud del mondo, in Africa in modo particolare, non si investe in modo deciso sulla vaccinazione. Un po’ meno positiva l’immagine dei capi dei Governi di fronte alla Fontana di Trevi, tristemente solo maschile con l’eccezione di una donna, tra l’altro in uscita: Angela Merkel.
Sanità, le donne, le giovani generazioni, la sfida climatica sono stati comunque messaggi continuamente messi al centro dal Presidente Draghi. Un appuntamento molto curato dal Governo italiano, un lavoro importante svolto dal Governo e dagli “sherpa” che ha ottenuto anche buoni risultati, e che ha provato a strappare impegni più stringenti sul clima.
Mentre al G20 si discuteva, fuori le mobilitazioni dei Fridays for Future e dei lavoratori ribadivano l’urgenza di “mettere a terra” con concretezza le decisioni su clima, delocalizzazioni, equità. E con particolare forza a ricordarne l’urgenza c’è stato il disastro che ha colpito la Sicilia con una violenza senza precedenti.
È vero, si è scritto a Roma su carta, quell’obiettivo di 1,5 gradi è invalicabile, ma a poche ore dalla conclusione di Cop26 la salita sembra ancora molto faticosa. A Glasgow sono ancora in corso i lavori e lì non ci sono solo le grandi potenze economiche, ci sono tutti. Ci sono i grandi inquinatori, ci sono i piccoli che stanno già subendo gli effetti della crisi climatica in modo devastante. E ci sono stati gli attivisti, pungolo quotidiano e critico impietoso dei lavori e degli interventi dei leader.
L’immagine più forte ed efficace, molto più di mille discorsi, è certamente quella del Ministro delle isole Tuvalu, arcipelago nell’Oceano Pacifico, che ha registrato un video nel quale in giacca, cravatta e bermuda, parla su un podio con l’acqua che gli arriva alle ginocchia. Forse quell’acqua è già oltre le ginocchia del mondo. La crisi climatica non è uno scenario futuro, è la realtà. Ci riguarda. Riguarda le politiche pubbliche, le imprese, i trasporti, la produzione di energia, i nostri consumi, i nostri comportamenti quotidiani. Mi sforzo di raccogliere alcuni dati e segnali positivi, e spero davvero nelle ultime ore di lavoro dietro le quinte. Intanto noi potremmo smettere di chiamare “calamità”, o “eventi eccezionali” ciò che attorno a noi accade. Si chiama crisi climatica, è la colpa è degli esseri umani.
La salute delle persone, la salute del pianeta, i diritti, il lavoro, l’equità, (economica, sociale, territoriale, di genere, generazionale) sono le partite fondamentali di cui dobbiamo occuparci. A livello globale, e nel nostro Paese. Non sono titoli generici, da lì passa il futuro. E fanno bene i ragazzi a ricordarci che è la loro vita in gioco. Quel futuro lo si determina con scelte fondamentali. Nei vertici e nei Governi dei singoli Paesi. Ma lo si determina anche ricostruendo una relazione fondamentale con il mondo fuori da queste sedi. Enrico Letta in più occasioni, anche commentando gli esiti del recente voto, i sondaggi e i buoni risultati delle Agorà, ha detto “siamo tornati in sintonia con il Paese”.
Ed io credo che sia davvero cambiato qualcosa di profondo, un cambiamento di cui aver cura: abbiamo smesso di pensare che per rappresentare un Paese bastasse un leader forte, conquistare Palazzo Chigi, la presenza sui social o nei contenitori televisivi. Abbiamo, forse, archiviato anche una cifra di supponenza e certamente l’idea dell’autosufficienza. Costruire un campo largo, non solo con la matematica delle cifre dei partiti della sinistra, del centrosinistra, ma con la vita delle persone. Con la contabilità complicata delle giornate, dei servizi che devono funzionare, con il diritto ad un lavoro dignitoso e sicuro, con una equa retribuzione, alla formazione per tutti, alla pensione, alla possibilità di fare impresa senza annegare nella burocrazia, alla salute, alla parità dei diritti indipendentemente dal tuo sesso, dalla tua età, dal luogo in cui sei nato, che ti chiede di poter andare per strada senza essere aggredito o offeso per il suo orientamento sessuale. La strada è questa. Complessa, faticosa, ma vera. Ci vuole come scrive bene il Segretario nel suo libro, “cacciavite”, e ci vuole quell’”anima” da ridisegnare. È un tempo di sfide e di consapevolezza di ciò che è stato e di ciò che potrebbe ancora essere se tornassero a prevalere le destre e i sovranismi. Lo abbiamo visto nelle settimane scorse con le aggressioni fasciste e lo vediamo oggi, un tempo in cui celebriamo la caduta di un muro e ascoltiamo la tentazione di costruirne di nuovi.
Ecco. Chi ha gioito in quell’Aula, chi ha tradito in quell’Aula, forse dovrebbe riflettere su tutto questo. Io sono convinta che dalla crisi si esce solo a sinistra e sono certa che il futuro e le sfide che fanno tremare i polsi si vincono solo se si tiene quella direzione. A casa nostra, in Europa e oltre.