Il “vino dell’Italia di mezzo” si può fare davvero

Noi ci siamo, e ci stiamo. E’ questo che vorremmo dire con forza – io e Luca Sani (Toscana), Luciano Agostini (Marche) ed Emanuele Trappolino (Umbria), deputati del Pd membri insieme a me della commissione agricoltura alla Camera – contribuendo fattivamente al confronto che si è aperto su molti giornali dei nostri territori. La kermesse del vino targato Centro Italia, o comunque la costruzione di appuntamenti che valorizzino, rilancino, sostengano i nostri vini  e forse non solo, si può fare. Dopo il Corriere dell’Umbria che ha lanciato l’idea, in questi giorni anche a Siena si fa vivo il dibattito sul tema. Crediamo che oltre al confronto teorico si possa cominciare a confrontarci sul ‘fare’.
Si può fare perché nelle regioni del Centro Italia, più che altrove, la viticoltura ha modellato nei secoli il paesaggio, l’ambiente, la cultura materiale, il rapporto con il tempo, le pratiche commerciali e gastronomiche, le rotte del turismo enogastronomico. Si può fare, perché è tempo di sottoscrivere, tutti, una moratoria rispetto alla divisione all’infinito, agli eccessi di localismo non sempre espressione di identità con le quali è impossibile affrontare il grande ‘quadrimotore’ della globalizzazione.
Presentandoci con le migliori nostre tradizioni agricole possiamo certamente affrontare le sfide globali e la competizione internazionale costruendo risposte al tema del basso reddito degli agricoltori, al rischio di abbandono. Nondimeno, è necessario essere coerenti. Perché i miracoli del marketing non ci dispensano dall’impegno a favore di chi, sia esso grande o piccolo, determina con il lavoro agricolo il mantenimento del paesaggio, la tutela degli assetti idrogeologici, le produzioni di qualità, la cultura dei borghi e delle tradizioni, la presenza nelle zone marginali.
Si può fare purché abbia il sapore di una sfida, di un rilancio, di una scommessa da parte di quei produttori che pur sapendo di avere gioielli nel proprio territorio sono consapevoli che ‘il bello e il buono’ da soli non bastano più, sono consapevoli che prodotti di qualità ed ottimi vini oggi vengono realizzati in tutto il mondo, sono consapevoli che ci sono altri orizzonti da esplorare. Quegli orizzonti oggi sono ad esempio l’eticità e la sostenibilità delle produzioni, in vigna, in cantina, nell’imbottigliamento, sui mercati, ma anche prezzi accessibili negli scaffali e sui tavoli della ristorazione.

Sappiamo che c’è un gruppo di produttori che già sta lavorando su questi obiettivi. Non è un caso che l’appuntamento dei Vignerons d’Europe si sia tenuto proprio in questa parte d’Italia. Non è un caso che tante energie, ricerca, risorse siano orientate al recupero ed alla valorizzazione dei vitigni autoctoni. Per queste ragioni potremmo, assieme ai nuovi governi regionali, ai consorzi, ai produttori, alle enoteche regionali, alle competenze tecniche e settoriali e a chi lo vorrà, promuovere nelle prossime settimane un incontro-appuntamento per discutere e verificare quali iniziative istituzionali possono essere assunte per promuovere questo ambizioso progetto: un’idea che fa bene al vino, a chi ci lavora, all’agricoltura e all’Italia tutta.

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