#InAula: riparte la discussione sullo Ius Scholae

Si torna finalmente a parlare di diritti di cittadinanza, ancor più pregnanti se – come in questo caso – riguardano i bambini e quindi il futuro del Paese. Nei giorni scorsi, infatti, è finalmente arrivato in Aula il testo di legge che prevede il cosiddetto Ius Scholae, ovvero che la possibilità di richiedere la cittadinanza per chi sia arrivato in Italia prima di aver compiuto 12 anni e porti a termine un percorso scolastico di 5 anni.

Certo, lo spettacolo in Aula non è stato dei più confortanti: nonostante la passione e la forza dialettica di tanti colleghi del Partito Democratico (tra cui Matteo Mauri, Laura Boldrini, Barbara Pollastrini), abbiamo assistito a un’Aula poco partecipata e alla pochezza, a volte un po’ becera, delle argomentazioni di chi si oppone, strepita, minaccia crisi di Governo, tenta di bloccare una norma che semplicemente guarda in faccia la realtà: i figli di immigrati con almeno 5 anni di studio hanno diritto alla cittadinanza. È inutile continuare a pensare di poter fermare il mondo che cambia: non si fermano i processi già in atto, non si cancella la realtà di un mondo che è, fortunatamente, sempre più fluido e – soprattutto – quando si ampliano i diritti cresce una società intera e nessuno perde, nemmeno chi semina ipocrisia.

Sappiamo bene che la discussione alla Camera è solo la prima tappa dell’iter legislativo e sappiamo bene, purtroppo, che le proposte di legge possono arenarsi in Parlamento come successo, nostro malgrado, con il Ddl Zan. Ma ha ragione Enrico Letta quando dice che sullo Ius Schoale non cederemo al ricatto: i temi dei diritti non sono nel perimetro dell’agenda dell’Esecutivo e non possono essere il terreno su cui si minacciano le crisi di Governo. Lo Ius Scholae, che riconoscerà a circa 900mila ragazze e ragazzi che di fatto sono italiani il diritto di esserlo, non è solo la concessione di un diritto: è una scelta nell’interesse di tutto il Paese.

È l’Italia che va avanti sulla strada dell’inclusione e dell’integrazione.

 

[la foto in copertina è di Klaus Vedfelt | Getty Images]