Industrial design, Cenni (Pd): “Il Governo faccia presto, occorre che il tavolo di concertazione sul design raggiunga un accordo”

“Assicuro l’impegno del Governo a valutare in tempi brevi un’utile soluzione”. Con queste parole si conclude la risposta di Teresa Bellanova, viceministro allo sviluppo economico all’interrogazione presentata da Susanna Cenni, parlamentare del Pd sul regime di ‘doppia tutela’ per le opere del design.

La questione sul design industriale nasce dal decreto legislativo del 13 agosto 2010 quando è stata sancita l’estensione del diritto d’autore anche “alle opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano, oppure erano divenute di pubblico dominio”. Nel 2001 è stata introdotta una norma transitoria con la finalità di consentire alle aziende la possibilità di continuare ad operare; questa moratoria, garantita da ulteriori provvedimenti di natura parlamentare, è però scaduta il 19 aprile 2014 e non è più prorogabile a causa dell’incompatibilità con la legislazione comunitaria. Le nuove disposizioni hanno stravolto l’intero sistema normativo nazionale relativo al comparto produttivo dell’industrial design, mettendo in crisi le aziende del settore, quasi esclusivamente piccole e medie imprese peraltro già duramente colpite dagli effetti della crisi economica internazionale, e conseguentemente migliaia di posti di lavoro; con tale normativa le aziende non potranno infatti più produrre prodotti di design ritenute di “pubblico dominio”.

“Prendo molto sul serio – ha commentato Susanna Cenni, parlamentare del Pd – l’impegno che si è preso il Governo. Il tempo scorre velocemente e molte imprese sono interessate da contenziosi e sanzioni che rischiano di dare un colpo di grazia alla loro attività. Sono ben consapevole della complessità normativa che riguarda le imprese del design e la relazione con le direttive europee. Ritengo che la strada maestra da seguire sia quella di far lavorare seriamente il tavolo di concertazione aperto da mesi presso il Governo, per superare le rigidità e raggiungere un accordo tra le nostre imprese e i titolari di alcuni grandi marchi. Un accordo che dovrà salvaguardare gli interessi di tutte le parti e soprattutto l’interesse dell’economia italiana, visto che nel frattempo i modelli non consentiti dalle nostre norme sono tranquillamente prodotti in Asia e distribuiti sui mercati europei”.

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