Traffico di stupefacenti, sfruttamento delle persone, riciclaggio di denaro sporco, corruzione, beni confiscati: anche in Toscana ci sono le mafie. Meno visibili, mimetizzate dietro l’economia legale, difficili da individuare e quindi anche a combattere, ma ci sono. È quanto emerge dal quarto rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e sulla corruzione, curato dalla Scuola Normale di Pisa su incarico della Regione, e presentato pochi giorni fa.
Anche se dallo studio non emerge un radicamento territoriale “tradizionale” delle mafie e organizzazioni criminali, la Toscana si conferma come uno dei territori privilegiati per attività di riciclaggio e per la realizzazione di reati economico-finanziari: è una sorta di zona di comfort per la vocazione “imprenditoriale” dei gruppi criminali che usano il nostro territorio per ripulire fiumi di denaro sporco realizzati altrove.
Lo scenario è di quelli che non possono passare inosservati, in particolar modo per quanto riguarda un crimine odioso come la tratta e lo sfruttamento delle persone, tanto dal punto di vista sessuale quanto da quello lavorativo, come manodopera nell’economia legale. Ambedue costituiscono oramai una realtà cronica. Non è un caso che il procuratore generale Giuseppe Creazzo abbia parlato, durante la presentazione ufficiale, di «bestia del caporalato, che si sta diffondendo in Toscana e non solo all’interno delle comunità cinesi». Lo sfruttamento lavorativo che non riguarda solo l’agricoltura: con 17 inchieste e 8 province su 10 coinvolte in casi gravi, infatti, la Toscana è la quinta regione in Italia per numero di procedimenti, al pari della Campania.
E poi traffico di rifiuti, gioco d’azzardo, un fiume di stupefacenti, azioni intimidatorie: c’è un universo sommerso da combattere e, anche per questo, è così importante l’azione di studio e analisi come questo rapporto che ci aiuta a comprendere i fenomeni e a individuarli.
Sulla legalità e la lotta alla criminalità non possiamo mai abbassare la guardia.
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