“La fabbrica, le primarie, lo scenario internazionale”

La corte costituzionale tedesca ha dato il via, dopo mesi di attesa, al fondo salva Stati. Lo spread è calato dopo mesi complicati, ma le priorità oggi sono altre. Il lavoro prima di tutto.

Questo mese di agosto lo ha reso ancora più evidente, dalla vicenda “Ilva” (che certo non nasce con la crisi di oggi e che vede responsabilità provenire da lontano), ai minatori del Sulcis, dall’Alcoa per giungere a casa nostra.

La fabbrica, quella il cui profilo si stagliava dietro le tensostrutture della Festa dell’economia di Piombino o tutte quelle piccole e medie attività artigianali disseminate nel Paese.

Operai, impiegati, piccoli imprenditori, uomini, donne e giovani. La paura, la drammaticità, la disperazione, purtroppo la tensione e (senza alcuna giustificazione, mai) la violenza, che può esplodere. Salari, cassa integrazione, mobilita, blocco dei fidi, crediti fermi nella pubblica amministrazione e patto di stabilità.

Ecco l’immagine dell’estate, che coincide purtroppo con quella della ripresa di settembre. Oggi l’urgenza è prima di tutto qui. Lo diciamo da mesi, e pur comprendendo bene cosa significa, senza alcun intento di banalizzazione, se non si inverte questa rotta, confermata dall’ufficializzazione dei dati sulla recessione, a poco serve il calo dello spread se non c’è ripresa di produzione e occupazionale, se non si investe su settori innovativi e sostenibili..

Adesso gli intenti espressi, preannunciati dal Ministro Passera e dal Premier Monti, devono tradursi in provvedimenti supportati da risorse, non c’è  più tempo per rinviare ad altra data. Sia le imprese che i sindacati hanno fatto alcune proposte, meno tasse su tredicesime e salari e incentivi sulla produttività, detassando gli investimenti delle imprese. Noi qualche idea l’abbiamo messa in campo da tempo: prelievo su scudo fiscale, patrimoniale sui grandissimi patrimoni e lotta ancora più determinata all’evasione.

Le primarie. Devo sinceramente dire che anche alla luce di quanto sopra ricordato, francamente non sentivo un gran bisogno delle primarie, e di una competizione interna al Pd, per scegliere il candidato premier, mentre credo siano utilissime per scegliere i parlamentari. Abbiamo uno statuto scritto e votato dopo un congresso che ha scelto il segretario (appunto con primarie) che stabilisce come il candidato in competizioni politiche sia, appunto, il segretario. Ci sono organismi nazionali che si riuniscono, c’è una carta di intenti che il segretario Pierluigi Bersani ha presentato e sulla quale è iniziato un lavoro di confronto e arricchimento che produrrà quindi il terreno programmatico del Pd e della coalizione. Perché dobbiamo “riscegliere” il leader? Bene, lo facciamo perché da mesi Matteo Renzi si è messo in moto e perché Bersani ha deciso di non blindarsi dentro alle regole e di modificarle per  consentire a lui di competere. Uomo generoso e molto democratico Pierluigi, ma è stata la scelta giusta?

Non sono sicuramente tra coloro che demonizza Matteo, che considero persona brillante, ma mi chiedo … ci serve tutto ciò in questo momento? E’ innegabile che il tema del ricambio della classe dirigente e anche l’abbandono delle primissime file di alcuni leader, che da decenni svolgono compiti di primo piano, sia un tema sentitissimo e reale, ma il resto?

Il tema vero che io vedo in campo è la nostra capacità, e certo una classe dirigente adeguata, di contribuire ad un mutamento profondo del Paese e dell’Europa, capace di chiudere una stagione governata dal liberismo esasperato, dal primato della finanza e della moneta e di aprire una fase basata sull’unione delle vere politiche di coesione (lavoro, welfare, ricerca, impresa, giustizia, eguaglianza, diritti).

Ancora non conosciamo la caratteristiche che avrà la nuova legge elettorale (sulla quale i giochi si fanno pesanti e i vecchi fantasmi della defunta maggioranza tornano in scena), ma la corsa è partita. Forse ci saranno altri candidati e altre candidate. Vedremo, ascolteremo, sceglieremo. Spero che avremo l’intelligenza di non far perdere il Pd, ma di renderlo più forte,  e la possibilità di dare un governo politico, forte di centrosinistra e riformista a questo Paese.

Da mesi la Siria  è in un bagno di sangue,  l’attenzione del mondo, dell’Onu non mi sembrano adeguati, e adesso torna in scena anche la violenza internazionale, nuovamente l’11 settembre, con il gravissimo attentato di Bengasi contro l’ambasciata Usa, nel quale hanno perso la vita l’ambasciatore Chris Stevens e tre suoi collaboratori. Un terribile attentato che ha ricordato a tutti noi che il mondo è ben più grande delle discussioni che affollano i salotti televisivi mattutini e serali, che il sommovimento che ha interessato il nord Africa, spazzato via dittatori, non ha portato a compimento i processi democratici, e soprattutto non ha isolato e sconfitto gli estremismi, che le elezioni Usa si giocheranno nuovamente anche sugli equilibri internazionali, e le prime reazioni del candidato repubblicano purtroppo lo confermano.

Saranno settimane importanti le prossime, nelle quali un partito serio, una comunità coesa, si dovrebbe mettere in campo pienamente a fianco di chi sta pagando di più, offrendo un progetto di futuro non troppo lontano su cui investire, lavorando assiduamente per costruire basi sui cui poggiare ripresa economica, lavoro, coesione sociale e su cui ricostruire relazioni democratiche e trasparenti, generare fiducia tra cittadini ed eletti.

Vedo che sono in molti a citarlo in questi giorni, Alex Langer, __la sua convinzione che più che cambiare, occorre “riparare il mondo”. Riparare il mondo, il Paese, le relazioni umane e sociali, il modo di stare insieme, di ascoltare l’altro e gli altri; riparare il modo di essere comunità e di rispondere con efficacia ai problemi. Riparare i guasti ambientali e le diseguaglianze che hanno prodotto la crisi, la quale continua a produrre diseguaglianze in Italia e nel mondo.

Prepariamo la cassetta degli attrezzi e cerchiamo di non rubarceli, almeno nel Pd, ma di farne un uso oculato e collegiale ( almeno degli attrezzi) altrimenti potremmo non essere più in grado di riparare un bel niente.

2 thoughts on ““La fabbrica, le primarie, lo scenario internazionale”

  1. I punti esposti sono molti, ma io vorrei sapere perchè il Parlamento non riesce, almeno, ad ammorbidire i vincoli del patto di stabilità degli Enti Locali e liberare risorse, al limite indicando indirizzi ben precisi di utilizzo; nonchè a far si che venga velocizzata e deburocratizzata la norma per il pagamento dei crediti dovuti alle Imprese per dare qualche boccata di ossigeno a chi vorrebbe tentare di continuare a produrre ????? !!!!

    saluti e buon lavoro, Giorgio

  2. Condivido ogni parola della tua riflessione e apprezzo in modo particolare quel tuo saper mettere in luce in maniera leggera delle verità per alcuni scomode . Ciò significa sapere usare gli attrezzi e metterli in comune,costruire insomma una comunità che solo così potrà dirsi “democratica” .
    Ci aspetta un grande lavoro di informazione,di chiarificazione,di vicinanza. Grazie e a presto,Lella

Comments are closed.