Il popolo è arrabbiato, spaventato. Rancore, sfiducia, delusione. Non era necessario leggere il rapporto del Censis per scoprirlo, è chiaro da tempo, bastava ascoltare le persone in fila all’ufficio postale, a prenotare una visita, o ad attendere un autobus in ritardo, per non parlare dei commenti sulla politica. Solo che leggerlo con tanto di statistiche lo rende un fatto generale, più vero, strutturale, ti dice che ciò che tu hai percepito anche nella campagna elettorale, nei mercati, nei luoghi veri, meno protetti, non era la tua esperienza personale, ma la realtà, una realtà che si sta consolidando.
Il rancore di questo popolo “incattivito” ha tante radici, ma la principale è certamente la situazione economica e sociale, la delusione per una ripresa che non ha svoltato, per una occupazione che torna a scendere. E allora quella paura, quel senso di incertezza che pervade prende tante strade e diventa livore nei confronti degli immigrati e dei più garantiti, così come delle istituzioni che ritieni non abbiano fatto abbastanza.
Capisci ancora meglio, di più, le ragioni di una sconfitta così grande, anzi di più sconfitte. Tu raccontavi “la svolta”, i risultati, la ripresa, il Pil, l’occupazione…innegabilmente raccontavi cose vere, ma quei risultati erano percepiti, vissuti concretamente solo dal 20% degli italiani secondo Censis. E tu invece giù a dire a questo popolo che aveva sbagliato lui a non votare la tua riforma, e che…”non aveva capito”. Il problema è che non avevamo capito noi a sufficienza.
Non è una foto banale quella che abbiamo davanti, affatto.
La devi mettere accanto a molto altro. A esempio a quanto sta accadendo in Francia, con la rivolta dei “Gilet Jean”, una rivolta che parte dal basso, senza leader identificabili.
Il clima perfetto per veder crescere destra, leader che parlano di ordine, che promettono reddito per tutti e pensioni più facili, che evocano la ruspa, che ti dicono che la “pacchia” (ma di chi?) è finita. Del resto è così che Trump ha vinto negli Stati Uniti.
E tu non sei stato capace, nonostante gli sforzi veri, di incidere sulle diseguaglianze profonde che sono cresciute a invertire abbastanza la rotta.
Un clima che dovrebbe gelare la schiena ma anche farla raddrizzare quella schiena a sinistra nella ricerca veloce e corale di una strada diversa per riconquistarlo quel popolo, per render concreto quel “siamo qui a chiedere scusa” pronunciato qualche mese fa dal segretario reggente del Pd alla sua, nostra piazza del popolo. Per mettere in campo presto e bene una svolta vera, una re-immersione in quel popolo deluso, recuperando istanze da rappresentare e ridiventando interprete, catena di trasmissione e risposta.
Ma intanto quella piazza del popolo è stata riempita da altri, e le mobilitazioni grandi di Milano, Torino, Roma, vengono promosse da cittadini, anzi in molti casi da cittadine, associazioni, e tu fai notizia (giusto da pagina 8 in poi) per un congresso troppo lontano e per gli annunci di una possibile nuova scissione, o forse no, per un ritorno.
Intanto il Governo giallo -verde tra incidenti di percorso e voti di fiducia va avanti. E lo fa con un indecente decreto sicurezza che mette in discussione i minimi diritti civili per i richiedenti asilo, ed una farsa di legge di bilancio, approvata pochissimi giorni fa alla Camera, che inizia oggi il suo percorso al Senati. Una manovra sbagliata che accresce il nostro debito pubblico pesantemente, ma non per finanziare misure di investimento, che non guarda ad imprese e famiglie, che taglia via risorse preziose stanziate ad esempio sui centri antiviolenza, sull’handicap, e su questo punto perde anche un deputato che abbandona il M5S proprio per non aver accolto emendamenti che stanziano risorse per la non autosufficienza, come avviene per il fondo indigenti e ancora mette in scena una visione delle donne da far tremare i polsi…la terra in cambio dei figli, a lavoro sino al parto.. Una presenza/assenza imbarazzante del Ministro Tria, un silenzio assordante sul merito della trattativa.
Ci siamo opposti. Lo abbiamo fatto in commissione bilancio. Lo abbiamo fatto in Aula, lo abbiamo fatto con le nostre controproposte, gli emendamenti, la lunga discussione.
Lo abbiamo fatto partecipando a incontri con il mondo delle imprese. Io ho avuto modo di partecipare agli incontri promossi da CNA e da Confagricoltura.
Lo abbiamo fatto con in nostri emendamenti. Io ho presentato un lungo emendamento che ha provato a cancellare e riscrivere quella vergogna dell’articolo 49, così come ho depositato emendamenti per Calci, per il settore del Camper, per le terme, per la conciliazione, ma quasi tutti gli emendamenti del Pd e delle opposizioni sono stati bocciati, e la questione di fiducia ha sventato ogni ipotesi di riprendere una battaglia sul merito in aula.
Va così il Governo giallo-verde, quelli che assaltavano i banchi del Governo di fronte alle fiducie, ora mettono la fiducia su tutto, anche perché e il miglior modo che hanno per evitare incidenti e le evidenti divisioni al loro interno.
Saranno ancora settimane intense, fino a Natale e forse oltre. In un percorso che forse ci dirà di più sui contenuti veri della legge di bilancio, su quella trattativa che Salvini ha annunciato in Piazza del Popolo essere nelle sue mani e non in quella dei Ministri competenti o del Premier invisibile Conte. Lui. Salvini. Ed è sempre lui a incontrare le associazioni economiche (non il super ministro Di Maio).
L’ho ascoltato ieri dall’Annunziata. Mi impressiona sempre quel suo ghigno, e quel suo modo di parlare, un linguaggio molto in sintonia con quelle rabbie e quelle paure. Quello parlato e quello interpretato salendo sulla ruspa o facendo un tuffo nella piscina confiscata, o indossando le felpe, i cappellini.
Anni fa un impareggiabile Antonio Albanese metteva in scena una delle sue parodie più geniali, quella del Ministero della Paura. Chissà se è stata un incredibile capacità di vedere più avanti di chiunque altro, o un modo per esorcizzare un possibile futuro. Purtroppo la realtà è oggi peggiore di quella parodia. Il ministro della Paura arringa alle piazze, nelle Tv, e per adesso gode di buona salute.
La paura si sconfigge con la speranza, con una visione altra che non può che ripartire dal basso.
Non basterà un congresso, e certamente non un congresso come questo, pieno di maschi che si candidano, di regole che andavano cambiate. Ma questo congresso oggi va fatto. Va fatto nel modo più aperto, più umile, più sincero possibile. Nella consapevolezza che sarà una tappa per rimettere in moto la macchina e ricostruire un campo aperto, grande, nuovo che cerca nuovi orizzonti civici, che mette al centro la tutela della democrazia.
Si della democrazia, perché in tempi come quelli che stiamo vivendo il rischio è reale, e già in Europa ci sono stati coloro hanno coniato il concetto paradossale di “democrazia illiberale”, come se potesse esistere l’abbinamento di due parole che si annullano a vicenda.
Non c’è da scherzare, nè da banalizzare.
Non mi piace questo congresso, non mi entusiasma proprio per niente, ma ci sarò e farò la mia parte. Lo farò sostenendo il progetto che vorrà ripartire con umiltà, che esprimerà la maggiore apertura e la più forte discontinuità con chi ha guidato la macchina in questi anni, che per me in questo momento è rappresentato da Nicola Zingaretti.
Ma non basterà il congresso del Pd, c’è un lavoro molto più grande da svolgere, e bisogna dimostrare quella schiena di averla. Dimostrarlo a noi stessi, e a quella parte di Paese che ha bisogno di ritrovarla quella speranza, che prova anche con l’impegno civico a reagire e anche a quegli elettori, quei cittadini che si sono allontanati perché si sono illusi, decisamente illusi, di trovare altrove il senso di una sinistra che non riconoscevano più.
Non posso non dedicare un pensiero alla tragedia che ha colpito tante famiglie pochi giorni va in provincia di Ancona. Ragazzini. Ragazzini in cerca di una serata di festa, di musica, di allegria che purtroppo si è trasformata in tragedia. Ragazzini ed una mamma.
A quelle famiglie la mia vicinanza.
Susanna
Non con Zingaretti