L’autunno che ci aspetta

 

Questo terribile agosto è giunto a conclusione, e assieme a qualche paesaggio marino e montano, purtroppo abbiamo cartoline dai colori bigi da fissare bene nell’album di questa estate. Il drammatico crollo del Ponte Morandi, con 43 vittime, la vicenda della “Diciotti” che ha rappresentato l’epilogo del cinismo fuori da ogni regola, utilizzando vite e corpi di esseri umani già provati da condizioni irraccontabili, per l’ennesima e inutile prova di forza, il profluvio di dichiarazioni di Salvini, l’inseguimento di Di Maio, e quell’incontro, quello di qualche giorno fa a Milano, tra Salvini e Orban.

Ha ragione Ezio Mauro c’è una pericolosa bandiera nera che sventola sul nostro Paese, ed è un vessillo che non parla solo di migranti, di gestione dei flussi, ma del rischio di una crisi dei fondamentali usciti dal dopoguerra, quelli che hanno caratterizzato la nascita delle nostre democrazie occidentali.

Un allarme eccessivo? Non lo credo.

Mettiamo in fila un po’ di cose tra quelle più recenti, senza tornare sulla lunga serie di sconfitte a mio parere mai sufficientemente analizzate.

Penso a quei terribili fischi al nostro segretario, che hanno risuonato nelle orecchie di ognuno di noi. Fischi indubbiamente sollecitati e organizzati, conseguenza di un clima di odio alimentato dall’alto quotidianamente, ma non per questo meno pesanti.

Penso al clima di odio che respiriamo nella violenza verbale quotidiana, nelle reazioni sui social a ogni commento di buon senso che scriviamo su ogni tema. Ogni volta che citiamo il Pd, che ci qualifichiamo come dirigenti e rappresentanti istituzionali.

Si è rotto qualcosa di profondo. Una frattura grave di cui non possiamo incolpare solo gli altri.

Qualche settimana fa Nadia Urbinati parlava di una voragine aperta tra il Pd e il “popolo” e in queste settimane in molti hanno detto la loro. Lo ha fatto Veltroni, lo ha fatto Cacciari.

Noi non possiamo che andare in profondità, giù, in fondo alla voragine, se vogliamo ricostruire, perché solo da lì possiamo risalire. Con umiltà, con apertura, ma anche con grande determinazione, perché non è rimasto molto tempo.

In questi giorni ci sono stati anche segnali importanti.

A Milano. Dove qualche decina di migliaia di cittadini, con e senza sigle, con e senza bandiere, ma con valori comuni si sono mobilitati. È avvenuto al porto di Catania. È avvenuto a Rocca di Papa, dove un centinaio dei migranti della Diciotti sono stati accolti in attesa degli adempimenti che li attendono. Anche lì spontaneamente cittadini e cittadine hanno fronteggiato Casa Pound, i vecchi e i nuovi fascismi che evidentemente si sentono già vincenti. Anche Siena nelle prossime ore avrà un appuntamento importante, autoconvocato.

Sono segnali importanti di cui aver cura, perché a questa ondata di destra, di violenza e di pressapochismo a 5 stelle (non dimentichiamo che in questo Paese non stiamo parlando dello spread che torna a salire, della legge di bilancio che dovrà essere presentata a Bruxelles, dei segnali non positivi che le imprese stanno registrando), si può rispondere solo costruendo un fronte che vede assieme al Pd tutte quelle energie buone.

Non abbiamo molto tempo davanti a noi per invertire la rotta. Dovremo farlo con un’opposizione forte, ma non potremo farlo senza un forte radicamento popolare e senza un’azione politico culturale dal basso.

Io credo che i quotidiani viaggi del nostro segretario nella periferia romana, a Scampia, all’Ilva, a Catania e in tutta quell’Italia che ci ha girato le spalle, che non ci ha più ritenuti utili e rappresentativi, siano la strada giusta. Ma le periferie sono ovunque, sono nelle fabbriche, nella scuola e nei quartieri delle nostre città.

Ci saranno dei fischi se ci torniamo? Può darsi e qualcuno ce lo meritiamo anche, perché di errori ne abbiamo compiuti e si rimedia solo se abbiamo la pazienza di ascoltare e confrontarci. Ma è certo che non possiamo consentire di innalzare quella bandiera nera sul nostro Paese. Ci saranno presto le elezioni in tanti Comuni e poi si giocherà la battaglia in Europa. E sarà tra chi vorrà consegnare al passato le democrazie nate dal dopoguerra e chi vorrà difendere quel pensiero e quei valori proiettandoli nel futuro.

C’è da fare.

Intanto appuntamento in piazza Duomo a Siena…

Susanna