Le carceri dimenticate

Secondo gli ultimi dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ad agosto scorso i detenuti nelle carceri italiane erano 63.587, a fronte di una capienza regolamentare di 43.327 e una tollerabile di 61.111. Il problema del sovraffollamento è reale e porta con sé ulteriori difficoltà: quelle legate alla convivenza, alla qualità della detenzione, alla sicurezza sia di chi lavora nei penitenziari, che dei detenuti, verso gli altri e verso sé stessi. Secondo il sindacato autonomo Polizia Penitenziaria sarebbero dodici le regioni “fuori legge” per aver superato la soglia di tollerabilità per capienza degli istituti. Tra queste anche la Toscana.

Ormai da mesi sto seguendo con attenzione le difficoltà del carcere di Ranza di San Gimignano; non è il solo, le difficoltà riguardano quasi tutti gli istituti toscani, ma certamente è un simbolo di cosa succede oggi nei nostri istituti penitenziari, alle prese con problemi di sovraffollamento, carenze di organico e, quindi, condizioni di lavoro molto difficili e delicate, deficit strutturali. Il governo, dal canto suo, non sembra particolarmente allarmato: come parlamentare ho presentato, insieme ad altri colleghi, due interrogazioni urgenti indirizzate al Ministro della giustizia Angelino Alfano. La prima, del maggio 2008, ha ricevuto una vaga risposta, per la seconda, presentata a giugno scorso, siamo ancora in attesa di un riscontro. Intanto i mesi sono passati, si sono verificati, purtroppo, numerosi episodi di violenza ai danni degli agenti e dei detenuti verso sé stessi, il personale ha protestato davanti al carcere, ha fatto sit in e ha rifiutato i pasti, ha espresso il proprio disagio per voce delle sigle sindacali e del sindaco Giacomo Bassi, che ha rivolto un appello accorato al Ministro per non dimenticare Ranza e i suoi problemi.

Delle carenze di organico e del clima di tensione nel carcere, ne ho parlato questa settimana con Massimo De Pascalis, direttore generale personale e formazione del Dap, il Dipartimento amministrazione penitenziaria. Dall’incontro è emerso che il Dipartimento terrà conto della situazione del carcere di San Gimignano nella nuova programmazione: sul numeri del nuovo personale da assegnare e sui possibili tempi di destinazione, ogni decisione è rimandata all’effettuazione di un sopralluogo nel penitenziario, previsto per le prossime settimane. Il direttore generale ha confermato che il Dap assegnerà, nei prossimi mesi, alcune centinaia di nuovi agenti che, in attesa di poter attivare le modalità per l’assunzione – il governo parla di 5000 unità, ma ad oggi non risultano atti ufficiali – dovranno rispondere alle esigenze di ben 205 istituti penitenziari in tutta Italia. Ho apprezzato la decisione di svolgere un sopralluogo, anche in risposta alle istanze manifestate in questi mesi, con l’augurio che a ciò faccia seguito un serio e sollecito provvedimento consistente in una adeguata e tempestiva assegnazione del maggior numero possibile di agenti per un carcere come Ranza. Sarebbe una prima risposta, anche se non risolutiva, verso una nuova condizione di vivibilità per gli agenti, gli operatori e gli stessi detenuti.

Come parlamentare di questo territorio continuerò a impegnarmi per portare le istanze del carcere all’attenzione del Ministero della Giustizia, che ho sollecitato, insieme a Donatella Ferranti, capogruppo Pd nella Commissione giustizia della Camera, a risolvere anche un’altra questione che interessa le carceri italiane e che guarda da vicino gli psicologici penitenziari. In un’interrogazione, abbiamo chiesto al Ministro un impegno per arrivare a un sistema penale in cui lo psicologo diventi parte integrante dell’istituzione penitenziaria, anche dal punto di vista della stabilizzazione lavorativa e di una retribuzione congrua e dignitosa delle professionalità, delle competenze acquisite, ma anche delle difficoltà e della delicatezza delle attività svolte. Ad oggi, infatti, un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 aprile 2008, sancisce il passaggio della funzione sanitaria penitenziaria alle Asl, escludendo, però, gli psicologi che non si occupano di tossicodipendenza e che lavorano nelle carceri dal 1978. C’è ancora tanta strada da compiere per le carceri italiane, per tutelare la dignità di chi ogni giorno ci lavora, per realizzare a pieno i valori sanciti dall’articolo 27 della nostra Costituzione.

One thought on “Le carceri dimenticate

  1. Costruiamo altre carceri.
    Se si trovano miliardi di euro per banche, alitalia ect ,si può trovare qualche milione per la cosrtuzione di nuovi carceri eil miglioramento di quelle esistenti.

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