Il lancio della “mela artica” negli Stati Uniti ci riporta alla discussione sui cibi ogm. Questa mela “miracolosa” che non annerisce a contatto con l’aria è l’ultimo degli annunciati miracoli dell’industria transgenica che ben poco può contribuire all’agricoltura e alla genuinità dei cibi. Si tratterebbe infatti del frutto di una manipolazione genetica operata da una piccola azienda americana, Okanagan Specialty Fruits, capace di far conservare alla mela un aspetto sempre croccante e lucente, anche quando viene sbucciata. Il tema ovviamente non ci riguarda immediatamente: l’innovazione riguarda gli Stati Uniti ed e’ in attesa della definitiva approvazione da parte del Ministero federale dell’Agricoltura.
Tuttavia, considerato anche che l’Italia è il primo produttore di mele in Europa, con riconoscimenti comunitari che attestano l’origine e l’indicazione geografica protetta dei frutti nati sul nostro suolo, il tema ci porta ancora una volta a fare qualche riflessione sulla visione dell’agricoltura, del consumo, degli stili di consumo, del concetto di innovazione, e perché no sul modello di sviluppo occidentale, sulla relazione tra ricerca, innovazione e sicurezza alimentare.
Sappiamo benissimo che il futuro dell’agroalimentare è strettamente legato ad un export di grande livello, così come alla qualità, alla biodiversità, alla ricchezza varietale delle nostre produzioni, la differenza individuabile nei sapori, nei profumi, nel gusto, nelle differenti proprietà nutritive, così come sappiamo che sementi e varietà geneticamente modificate sono l’esatto opposto: appiattiscono, standardizzano. Sappiamo anche che, anche in conseguenza della crisi, molte sono le modificazioni che stanno riguardando stili di vita e di consumo. Certo, si stringe la borsa alimentare per ragioni evidenti di reddito disponibile, ma si guarda sempre con maggiore attenzione a quanto sta dietro al prodotto che consumiamo: genuinità, biologico, criteri di sostenibilità, giovani produttori, ecc.. E allora mi chiedo…ma chi sente mai il bisogno di una mela che non annerisce dopo che l’abbiamo sbucciata? Certo può rappresentare una curiosità in più sui banchi del supermercato, in mezzo a quegli scaffali che spesso espongono mele della stessa dimensione e lucidissime senza un’ammaccatura…ma mentre si rende urgente un futuro che archivi definitivamente lo sfruttamento di suolo, lo spreco di risorsa idrica, l’uso improprio ed eccessivo di chimica in agricoltura, la forzatura di stagioni e maturazioni…perché, mi chiedo, si sente il bisogno di investire… nell’estetica della mela sbucciata??!
Il futuro del nostro sistema agricolo sarà garantito se saremo capaci di proteggere i nostri campi, ed aiutare i nostri agricoltori a far reddito, ad esprimere qualità genuinità dei prodotti e delle tecniche, anche attraverso un quadro normativo europeo, per delineare competenze chiare e riconoscere l’autonomia degli Stati nel valutare la possibilità di vietare le coltivazioni Ogm, non solo per motivi ambientali e di sicurezza alimentare, ma anche per ragioni economiche. Gli italiani lo hanno detto con grande chiarezza in più occasioni, lo hanno fatto il mondo agricolo, i consumatori, le Regioni e lo stesso Parlamento: non vogliamo prodotti ogm. Lo ha ribadito con un decreto il Governo.
Non abbiamo bisogno di mele che sembrano di plastica, di sementi tutti uguali, di prodotti della stessa misura, ma di varietà, differenze e biodiversità. Abbiamo bisogno di giovani che tornano a credere nell’agricoltura, di consumatori che scelgono con consapevolezza e sicurezza di investire, attraverso la loro scelta, su ambiente e territorio…e se Biancaneve desidera addentare una mela senza rischi, beh…meglio farle scegliere una mela biologica…che certo può anche un po’ annerire ma non la farà piombare nel sonno..
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