In ordine di tempo, tra i must più recenti: qualcuno ha offeso gli over 60, sostenendo che chi vota Si non è in grado di capire la riforma, qualcun altro ha offeso Bersani definendolo un esperto di birre. Qualcun altro ancora, secondo alcuni autorevoli quotidiani, conserverebbe un quaderno in cui scheda il grado di renzianità dei singoli deputati e il numero delle firme raccolte da ognuno per il referendum. Poi ancora le offese incrociate al grande Benigni per le sue scelte, e a Dario Fo, incuranti del garbo e del rispetto che sarebbe dovuto almeno davanti alla morte di un grande uomo del nostro tempo che ci ha lasciati. Ed ancora il servizio pubblico (Rai) che raggiunge l’apice della sua “raffinatezza giornalistica” vestendo una ragazza da chef e mettendola fuori dalla casa di D’Alema con un piatto di agnolotti. O i commenti insopportabili sulla cena di Stato a Washington, che una volta tanto ha reso protagonista l’Italia, e sulla delegazione Italiana. Potrei continuare con rare perle dell’uno e dell’altro fronte referendario, sui toni di troppe performance dello squadrismo da social media, ma preferisco davvero fermarmi qui.
Mi piacerebbe molto che arginassimo questa discesa dei toni e dei linguaggi verso l’abisso come se il 4 dicembre fosse una sorta di Armageddon. Ho scritto più volte, qui, e commentando altrove, l’ho detto nelle riunioni sempre meno partecipate della nostra direzione provinciale senese, e alle ben poche iniziative sul referendum alle quali sono stata invitata, di come un clima di questo tipo rischia di compromettere innanzitutto il futuro del Pd, di come la rappresentazione del passaggio referendario di coloro che, da un lato, parlano di svolta autoritaria, e di chi, dall’altro. di crollo dell’economia in caso di vittoria del No, sia profondamente sbagliato e contribuisca solo ad andare avanti su una strada che sta spaccando profondamente l’Italia, la sinistra e lo stesso Pd, in una fase in cui, anche su posizioni distanti, sarebbe invece fondamentale ricompattare, unire, di fronte a sfide tutt’altro che banali, e intanto ascoltare le ragioni dell’altro, sempre.
Anche per questo sono grata allo sforzo che Gianni Cuperlo sta compiendo in queste ore, all’interno della commissione nominata dalla direzione nazionale, per giungere ad una soluzione sulla modifica della legge elettorale, della elezione dei nuovi senatori ecc. Per chi non avesse avuto modo di leggerla, segnalo a tale proposito la conversazione tra Sergio Staino e Gianni Cuperlo pubblicata da l’Unità.
Mancano poche settimane al voto. Nonostante manifesti e messaggi molto sbagliati, ognuno si farà la propria opinione, sabato 29 ottobre ci sarà la manifestazione nazionale del Pd a Roma, e le realtà del nostro territorio stanno continuando a organizzare occasioni di approfondimento, in qualche caso, un po’ timidamente a dire il vero, anche mettendo di fronte le opinioni e le ragioni diverse.
Quel tempo va usato per il referendum, ma va usato anche perché arriverà comunque un giorno dopo, e se i toni continuano ad alzarsi – troppo spesso in modo e con argomentazioni assai lontane dai contenuti veri della riforma – sarà difficile riportare tutti a lavorare assieme, nella stessa casa, quella casa comune, quella comunita della sinistra alla quale appartengono tutti i nostri iscritti, i nostri elettori e anche molti amici e compagni di Cgil, Arci, Anpi. Questa non dovrebbe essere una gara per dimostrare il tono muscolare, per esibire il numero dei comitati, per denigrare chi non la pensa come te. E’ un referendum confermativo su un testo di Riforma che modifica articoli della seconda parte della Costituzione. Una riforma che io ho votato, nonostante mantenga alcune riserve sulla composizione del nuovo Senato, sui contrappesi per le decisioni importanti della nuova Camera, e sulle scelte non compiute in merito a Regioni a Statuto speciale e immunità senatori. Una riforma che avrei voluto più coraggiosa.
Questa sarà la settimana dell’arrivo (finalmente, visto che tutti già la commentano, ma che nessuno di noi ne ha ancora letto un testo vero) della Legge di Bilancio alla Camera, e purtroppo, stando ai giornali, anche della lettera dell’Ue sulla manovra stessa. Il testo, a dire il vero avrebbe già dovuto essere nelle nostre mani. Dalle anticipazioni e dalle slide sul sito del Governo sappiamo che ci saranno interventi importanti come quello sulle pensioni più basse, sulla flessibilità in uscita, la conferma degli ecobonus e il piano “Casa Italia” per la messa a norma antisismica degli edifici, nonché il varo di “Industria 4.”0, ed un impegno per nuove assunzioni in alcuni ambiti del pubblico impiego. Sembra invece – lo spero vivamente – che sia stato ritirato l’articolo che prevedeva una sorta di sanatoria per coloro che detenevano ingenti quantità di contante non dichiarato. Vedremo nelle prossime ore il contenuto che studieremo, e che la commissione Bilancio inizierà a esaminare e poi a votare Il testo dovrà essere licenziato dalla Camera, grosso modo entro l’ultima settimana di novembre. Come ho già detto ci sono cose molto positive, ma forse, e attendo il merito, non una scossa sufficiente per la nostra economia e per l’occupazione che continuano ad essere fanalino di coda in Europa. Una scossa necessaria a fare e incentivare nuovi investimenti pubblici e privati. Resta il tema della flessibilità e la negoziazione con l’UE, un’Europa che continua a chiudere gli occhi, e a non voler affrontare come sarebbe necessario il fallimento delle politiche di austerità, e la vicenda dei migranti che non è più una emergenza, ma un fenomeno con cui convivere e per il quale attrezzarsi.
La scorsa settimana è stata molto importante dal punto di vista parlamentare. Abbiamo finalmente approvato in via definitiva, e senza “navetta”, il testo di legge che modifica il codice penale in materia di caporalato, fenomeno che sappiamo bene non riguardare solo sacche limitate del nostro Paese, ma anche la nostra agricoltura Toscana, e poi sono stati ratificati gli impegni assunti con la conferenza sul clima di Parigi, Cop21. A proposito di lavoro nero, abuso voucher, temi sui quali ho depositato numerose interrogazioni, ho sottoscritto la proposta di legge di Francesco Laforgia per istituire una commissione di inchiesta su lavoro nero e sfruttamento.
Per entrambi i fronti, lavoro e clima, non saranno sufficienti norme e impegni istituzionali, serviranno modifiche grandi nei comportamenti di imprese e cittadini, di organizzazione dei servizi e dei trasporti, ma le norme, gli accordi, i trattati tracciano una strada, e spero davvero che sapremo guardare e andare avanti.
Sono stati poi giorni di dati e statistiche impressionanti. In particolare mi riferisco al rapporto della Caritas sulla povertà e l’esclusione sociale nel Paese, e al rapporto Istat sulle nascita in Italia. 1582000 famiglie sono in Stato di assoluta povertà in Italia, tantissimi, e con un volto inedito: la povertà diventa inversamente proporzionale all’età. Le fasce più alte sono per la prima volta tra i 18 e i 44 anni. Istat fotografa invece nel primo semestre del 2016 un calo delle nascite in Italia del 6%, il più alto mai registrato. Non entro adesso nelle ragioni, ma sarà necessario farlo seriamente (altro che “Fertility day”..), mi limito a invitarvi a dare un’occhiata ai due rapporti e mi soffermo su una fascia di età che in Italia fa, oramai in gran parte, i conti drammaticamente con la mancanza di lavoro, di prospettive certe, di conciliazione e di possibilità necessarie per progettare la propria vita. Aggiungo a questo che Eurostat certifica che 7 giovani su 10 restano in famiglia fino, e a volte oltre, la soglia dei 30 anni, e che 100000 giovani all’anno vanno a cercare un lavoro all’estero.
Ecco io penso che sia compito della sinistra affrontare di petto tutto questo mettendo al centro la necessità di ricostruire un rapporto di fiducia, una relazione grande con queste generazioni che rischiano di vivere peggio dei loro genitori, e di dar loro una possibilità. Di innovare assieme l’economia, la ricerca, il territorio, la politica stessa. Servono misure economiche e sociali, che in parte ci sono e in parte vanno proprio costruite ben oltre alcuni bonus, e serve la politica, servono visioni del futuro.
Penso che lo si faccia dando nuova dignità ai luoghi che quelle visioni, in modo aperto e coinvolgente, le disegnano e provano a realizzarle, e non denigrando la politica come alcuni pessimi manifesti hanno purtroppo fatto.
Sono tante le cose su cui questo autunno ci chiede di lavorare, sono ambiti che chiamano in causa tutta la sinistra, tutta, anche per questo non possiamo non pensare, con impegno e volontà, che dopo il 4 dicembre, arriverà il 5, e che dovremo essere di nuovo tutti assieme a lavorare affinché l’Italia torni a essere un Paese per tutti, per i giovani, per gli uomini e per le donne.
Susanna
Ottimo post! Sono totalmente d’accordo.