Qualche giorno fa le colone de l’Unità hanno ospitato un mio intervento. Riporto qui il testo dell’articolo:
“Cosa lega le gravi vicende che stanno riguardando Expo, la mole ingente di risorse che nei prossimi anni verranno erogate dall’Europa in agricoltura attraverso la Pac e l’allarme che in questi giorni da molti organismi scientifici viene rinnovato sui mutamenti climatici? Certamente la concezione che si ha della produzione di cibo e di consumo della terra. Si può ritenere che il cibo sia semplicemente un prodotto di mercato, e pertanto se ne parla in termini di costi, prezzi, quantità da forzare al massimo con aiuto della chimica, degli ogm, o attraverso uno sfruttamento intensivo e con l’accaparramento della terra, e della natura; oppure si può essere consapevoli del fatto che l’accesso al cibo è un diritto per tutta l’umanità, che la sua produzione corretta, sostenibile, nel rispetto di stagionalità, rotazioni, adeguato consumo di acqua, fondato su ricerca e innovazione, può determinare difesa del suolo, opportunità di vacanza, servizio e presidio sociale, energia e lotta ai mutamenti climatici. La produzione corretta del cibo è cultura, sapere, recupero di profumi, sapori, gusto, qualità e quindi anche mercato. Proprio per questo gli agricoltori, quelli veri, devono essere remunerati per questa loro funzione, e il cibo deve avere un valore economico anche per tutto quello che rappresenta l’attività che lo genera. A lungo coloro che si sono occupati di accendere i riflettori sulla seconda chiave di lettura, sono stati considerati visionari, sognatori, poco attenti all’economia e hanno occupato una posizione residuale. Penso ad una parte del mondo agricolo, alle realtà dell’agricoltura minore, al mondo ambientalista, a movimenti come Slowfood, che qualche giorno fa ha svolto il suo bel congresso, alle realtà del biologico, ai tanti consumatori e ai cittadini organizzati. Ma oggi è la realtà dei fatti che ci racconta quanto la seconda strada sia l’unica strada percorribile. Expo prima di essere una grande occasione espositiva con relative attività legate alla infrastrutturazione, agli appalti, alla ricettività, e all’occupazione è un grande appuntamento sul diritto all’alimentazione, alla buona e sana alimentazione. Dovrà affrontare il tema di una produzione compatibile con la crescita della popolazione nei prossimi anni, con l’accesso alla terra per le popolazioni del sud del mondo, con l’uso dell’acqua, la difesa della terra dalla cementificazione, la libera circolazione dei semi, la legalità, la relazione tra spazi urbani e realtà rurali, e certo, occuparsi di lavoro e impresa. Dare centralità a tutto questo aiuterà il percorso, il pronto ed energico intervento del Presidente del Consiglio, teso a ricordare che lo Stato è più forte e determinato degli affaristi. Dare centralità al tema significa avere le idee chiare sul dopo Expo, sul messaggio e sugli strumenti da attivare dal giorno dopo. Un protocollo? Accordi internazionali? Un manifesto? Nuove regole di funzionamento del Wto? Lo decideranno il Ministro Martina, il Governo, gli organismi internazionali come la FAO, che stanno lavorando per molti degli obiettivi che ho richiamato. L’unica cosa certa è che non salveremo Expo, e soprattutto non “svolgeremo” il tema che ci è stato affidato (Nutrire il pianeta), solo con una, ovviamente necessaria, azione di controllo sugli appalti, se non diamo assoluta centralità al tema stesso: “nutrire il pianeta”.