Reyahneh era una giovane donna. Aveva subito uno stupro e denunciato i suoi violentatori. Per questo era stata incarcerata. Qualche giorno le era stata prospettata la salvezza, se avesse ritrattato la sua denuncia. Ha rifiutato. Ed è stata impiccata.
Non si puo tacere davanti ad una cosa cosi grande, grave, terribile. Non lo possono fare le istituzioni internazionali. Ma non lo possiamo fare noi, che crediamo nella giustizia, nell’uguaglianza, nei diritti civili. Con alcune colleghe del Pd abbiamo scritto una lettera aperta all’ambasciatore iraniano in cui esprimiamo tutta la nostra indignazione e il nostro sconcerto per morte di Reyhaneh Jabbari, impiccata per essersi difesa dal suo stupratore, lo scorso 25 ottobre. Una delegazione di noi è andata a manifestare davanti all’ambasciata iraniana per esprimere la nostra ferma condanna su quanto accaduto e per ricordare # Reyhaneh , che ha trovato la forza per reagire. Un coraggio che è anche nelle parole
che la giovane donna iraniana ha indirizzato alla madre in una lettera in cui scrive: “Non voglio che tu ti vesta di nero per me. Fai di tutto per dimenticare i miei giorni difficili. Dammi al vento perché mi porti via”.
Una morte che, anche nelle volontà che consegna alla madre, ha il sapore della speranza, quando chiede di fare “dono dei suoi organi a chi ne ha bisogno”. L’altra sera ero ed eravamo lì perché una giovane e coraggiosa donna iraniana, una giovane cittadina del mondo stuprata e condannata non può morire nel silenzio. Lo dobbiamo alle donne del mondo e lo dobbiamo alle nostre coscienze.