Nutrire il pianeta. Dalla centralità del cibo al primato degli interessi urbanistici? Lo chiediamo al neo ministro Romano

Tre anni fa l’Italia si aggiudicava l’Expo con un ambizioso progetto culturale dal titolo ‘Nutrire il pianeta, energia per la vita’. Il progetto prevedeva il recupero di un milione di metri quadrati di terreni incolti dove realizzare un grande orto planetario, nel quale ogni Paese ospite avrebbe dovuto presentare coltivazioni proprie e idee nuove per un’agricoltura sostenibile. Un’area destinata a colture, impianti ed agro-sistemi sostenibili, alla quale guardano con grandissimo interesse i nostri produttori agricoli, perché rappresenta un’opportunità unica di valorizzazione delle produzioni italiane a livello internazionale. Da qualche tempo si discute, su tutti i media, di modifiche sostanziali al progetto annunciate dal nuovo amministratore delegato dell’Expo, che ridimensionerebbero drasticamente l’orto botanico, sostituendolo con una sorta di ‘supermarket del futuro. Sullo stravolgimento in atto nel progetto dell’Expo 2015 ho chiesto chiarimenti al neo ministro Saverio Romano attraverso un’interrogazione, sottoscritta oltre che da me anche dai deputati milanesi del Pd e da membri della commissione agricoltura. Per il nostro Pese, infatti, l’Expo doveva essere un’esposizione ‘leggera e verde’, con al centro i temi dell’agricoltura, del cibo e dell’alimentazione. Alla luce del presunto dietrofront, l’esposizione rischia invece di snaturarsi completamente e soprattutto di compromettere un’occasione straordinaria di visibilità per gli agricoltori di tutto il mondo e per l’agroalimentare italiano, in una fase cruciale di profondi cambiamenti globali.

Con l’interrogazione abbiamo chiesto a Romano se realmente sia rimesso in discussione il progetto dell’orto universale e se il ministro condivida un simile cambio d’impostazione, che di fatto cancellerebbe dal progetto la centralità dell’agricoltura nella produzione di cibo a livello mondiale e andrebbe a compromettere quell’irripetibile occasione di visibilità che l’Expo può rappresentare per gli agricoltori italiani. Cibo, sostenibilità e alimentazione sono temi di enorme attualità perché interessati da mutamenti epocali, dalle oscillazioni dei prezzi delle materie prime alla crescita demografica. Secondo la Fao, infatti, nei prossimi quarant’anni la domanda mondiale di prodotti alimentari subirà un incremento del 70 percento. Sulla questione stanno dibattendo tutti gli organismi internazionali e la stessa relazione del commissario europeo Ciolos, che ha avviato il dibattito sul futuro della Pac, sottolinea la necessità di preservare la biodiversità, le tradizioni alimentari e la sicurezza. Temi che la nuova impostazione, qualora fosse confermata, ridurrebbe drasticamente fino a snaturare completamente il progetto.

Proprio in questi giorni il governatore della Banca d’Italia, Draghi, lancia l’allarme sull’esplosione dei prezzi agricoli, sul rischio che intere parti del mondo vedano aggravarsi la loro possibilità di accesso al cibo, sul peggioramento delle possibilità di spesa alimentare delle stesse famiglie Italiane…ma i vertici dell’Expo evidentemente hanno altre priorità.

Tre anni fa l’Italia si aggiudicava l’Expo con un ambizioso progetto culturale dal titolo ‘Nutrire il pianeta, energia per la vita’. Il progetto prevedeva il recupero di un milione di metri quadrati di terreni incolti dove realizzare un grande orto planetario, nel quale ogni Paese ospite avrebbe dovuto presentare coltivazioni proprie e idee nuove per un’agricoltura sostenibile. Un’area destinata a colture, impianti ed agro-sistemi sostenibili, alla quale guardano con grandissimo interesse i nostri produttori agricoli, perché rappresenta un’opportunità unica di valorizzazione delle produzioni italiane a livello internazionale. Da qualche tempo si discute, su tutti i media, di modifiche sostanziali al progetto annunciate dal nuovo amministratore delegato dell’Expo, che ridimensionerebbero drasticamente l’orto botanico, sostituendolo con una sorta di ‘supermarket del futuro. Sullo stravolgimento in atto nel progetto dell’Expo 2015 ho chiesto chiarimenti al neo ministro Saverio Romano attraverso un’interrogazione, sottoscritta oltre che da me anche dai deputati milanesi del Pd e da membri della commissione agricoltura. Per il nostro Pese, infatti, l’Expo doveva essere un’esposizione ‘leggera e verde’, con al centro i temi dell’agricoltura, del cibo e dell’alimentazione. Alla luce del presunto dietrofront, l’esposizione rischia invece di snaturarsi completamente e soprattutto di compromettere un’occasione straordinaria di visibilità per gli agricoltori di tutto il mondo e per l’agroalimentare italiano, in una fase cruciale di profondi cambiamenti globali.

Con l’interrogazione abbiamo chiesto a Romano se realmente sia rimesso in discussione il progetto dell’orto universale e se il ministro condivida un simile cambio d’impostazione, che di fatto cancellerebbe dal progetto la centralità dell’agricoltura nella produzione di cibo a livello mondiale e andrebbe a compromettere quell’irripetibile occasione di visibilità che l’Expo può rappresentare per gli agricoltori italiani. Cibo, sostenibilità e alimentazione sono temi di enorme attualità perché interessati da mutamenti epocali, dalle oscillazioni dei prezzi delle materie prime alla crescita demografica. Secondo la Fao, infatti, nei prossimi quarant’anni la domanda mondiale di prodotti alimentari subirà un incremento del 70 percento. Sulla questione stanno dibattendo tutti gli organismi internazionali e la stessa relazione del commissario europeo Ciolos, che ha avviato il dibattito sul futuro della Pac, sottolinea la necessità di preservare la biodiversità, le tradizioni alimentari e la sicurezza. Temi che la nuova impostazione, qualora fosse confermata, ridurrebbe drasticamente fino a snaturare completamente il progetto.

Proprio in questi giorni il governatore della Banca d’Italia, Draghi, lancia l’allarme sull’esplosione dei prezzi agricoli, sul rischio che intere parti del mondo vedano aggravarsi la loro possibilità di accesso al cibo, sul peggioramento delle possibilità di spesa alimentare delle stesse famiglie Italiane…ma i vertici dell’Expo evidentemente hanno altre priorità.

3 thoughts on “Nutrire il pianeta. Dalla centralità del cibo al primato degli interessi urbanistici? Lo chiediamo al neo ministro Romano

  1. Chissà Elena… Il tema è ambizioso e attualissimo: Nutrire il pianeta, accesso al cibo e sovranità alimentare…se l’Italia investisse sull’argomento sotto i riflettori del mondo avrebbe una grande occasione…magari se invece della Moratti ci fosse Pisapia avremmo qualche chances in più…
    Susanna

  2. Approfitto di questo post e della concomitante proposta del governo di estendere a 90 le concessioni demaniali. A questo proposito, trovo interessante aprire il confronto a quanto viene fatto, per esempio, in Francia, la cui normativa fra l’altro recita: “…fatta eccezione per le strutture sanitarie e di sicurezza, sulle spiagge sono permessi solamente equipaggiamenti e strutture amovibili o trasportabili, che non presentano alcun elemento in grado di ancorarle in modo durevole al suolo e il cui valore sia compatibile con la finalità accordata al bene demaniale rispetto alla durata della sua occupazione 45. Questa previsione si lega ad un altro disposto chiave del decreto, in base al quale ogni installazione fatta sulla spiaggia deve essere concepita in modo da poter permettere, alla fine del periodo di vigenza del rapporto, il ritorno dell’area allo stato iniziale.”
    Sarebbe facile e normale, per una forza politica adeguata alle necessità della società e delle aspettative della maggioranza dei propri elettori, far riferimento alla norma francese e usarla come supporto di una propria proposta e della propria critica. Invece no. Noi del PD ben ce ne guardiamo e giochiamo la solita partita ambigua, un colpo al cerchio (i proclami) e un colpo alla botte, (i fatti). Sì, perchè i fatti sono che al senato, a firma Finocchiaro (eterna e immarcescibile brontosauro perdente della nostra politica blob) esiste una proposta in cui si proclama la necessità di varare norme che prevedano l’allungamento dei tempi di concessione per permettere adeguati tempi di ammortamento! Insomma, una totale insensatezza, se non fosse che è tarata sulle aspettative della speculazione che in barba a leggi e norme si è impossessata dei litorali e dei porti facendovi investimenti pesanti, invasivi e duraturi, e che ora pretende l’estensione dei termini delle concessioni per ammortizzare tali investimenti, e spesso questa è la scusa che i nostri politici del PD sposano (per insipiensa o per contiguità?) . Semplice follia sociale, di gestione del bene pubblico, di incomprensione (a essere buoni) del mandato a tutelare il benessere collettivo. In Francia la norma interpreta esattamente l’aspettativa del pubblico di tutelare il proprio bene non dandolo al privato se non con concessioni limitate che grazie alla limitatezza garantiscono interventi ridotti per manmcanza del tempo necessario a ammortizzare investimenti pesanti, in Italia invece sia PD che maggioranza si trovano concordi sulla “necessità” di allungare i tempi di concessione. Poi la maggioranza cala la carta dei 90 anni, sapendo che non passerà mai, ma intanto parte da lì, con implicito accordo finale che sarà ragionevole per tutti faqre, ad esempio , la metà. E il PD che ha già una richiesta nel senso dell’allungamento sarà felice di concordare. Alla faccia dell’interesse pubblico. Se i nostri politici avessero avuto voglia e interesse a leggersi per intero la norma francese avrebbero anche scoperto che la concessione in Francia viene data per una piccola percentuale della spiaggia, perchè non venga sottratta al pubblico la fruizione di un bene che gli appartiene. Insomma, un altro mondo, un’altra cultura politica. Che non è la nostra, nè della maggioranza, nè, come si vede dalla proposta Finocchiaro, del PD.
    Mi piacerebbe che Susanna portasse questa critica alla Finocchiaro (d’altronde se ci rallegriamo delle critiche via Radio Padania a Bossi da parte dei suoi sostenitori, sarà il caso che ci rallegriamo delle critiche dei sostenitori e iscritti del PD ai nostri paleodirigenti e alle loro paleoproposte con venature che strizzano l’occhio al sottoaffarismo locale e nostrano in genere).
    Che, tanto per ricordarlo, sono il motivo per cui nonostante il Clown cali, noi siamo sempre inchiodati al 26% (c’è un dirigente del PD che ci spiega tre ragioni per cui questo accade?). Da dirigente d’azienda, se i miei risultati fossero stati questi, avrei sicuramente perso il posto.

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