Con la sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione ad un agricoltore che rivendicava il diritto di seminare con Ogm, aprendo così la possibilità di coltivare queste colture anche nel nostro territorio si è riaperto il dibattito sugli OGM. Una discussione che rischia di rappresentare la realtà ingiustamente, raccontando una contrapposizione ideologica fra l’incubo dei cibi Frankenstein e il sostegno liberale e liberista incondizionato alle coltivazioni OGM.
Beh, non è proprio così: in questi anni sono stati compiuti tanti seri passi avanti a partire dall’approfondito lavoro delle Regioni Italiane ed europee ‘ogm free’, per la costruzione di filiere, per l’etichettatura, per dar vita a garanzie e norme a tutela delle produzioni libere da Ogm.
La sentenza si ispira a quanto l’Europa ha stabilito da tempo, ma i vuoti ancora esistenti sono molti. Io credo che si debba urgentemente ripartire dal lavoro delle Regioni Italiane, che il Ministro debba assieme a loro bloccare le conseguenze che la sentenza avrebbe in assenza di norme certe. Ci sono delle domande che non possono essere eluse: se l’agricoltore che ha fatto ricorso provoca un inquinamento genetico su una altra coltura, e su un terreno coltivato da chi invece magari ha scelto l’agricoltura biologica, come viene indennizzato il secondo? Ed ancora: sono i singoli agricoltori che fanno la scelta oppure occorrerà ragionare su aree più ampie? E’ ancora da considerare conservatore ed ideologizzato il Presidente francese Sarkozy che ha scelto il principio di precauzione?”.
Il tema è delicato e l’Italia, con responsabilità istituzionale e sulla base delle indicazioni comunitarie, deve intanto fermare gli effetti della sentenza, e poi riattivare il confronto istituzione e con le parti interessate. Seguire il principio di precauzione, pretendere ricerca pubblica, misurarsi con gli orientamenti degli agricoltori e dei consumatori non significa avere posizioni ideologiche preconcette, ma buon senso. Per questo chiedo al Ministro dell’agricoltura, Luca Zaia, di convocare al più presto le Regioni per un confronto approfondito sul tema, alla luce delle novità emerse in questi giorni, e di procedere in virtù del buonsenso e del principio di precauzione
Egregi Onorevoli e Onorevole segretario Bersani,
al solo pensare che si possa mettere ancora una volta in discussione, prima ancora della linea politica, il segretario del partito facendo balenare l’idea che Bersani è in grosse difficoltà, mi fa venire i brividi, dopo che sono stati commessi quattro “infanticidi” in meno di dodici anni: due volte il presidente del consiglio Prodi e due segretari di un partito neonato. Se una linea politica non dà i risultati sperati, non sempre è colpa del segretario. Credo che sia indispensabile prima di tutto un aggiornamento o modifica delle linee programmatiche discusse e approvate a livello, quanto meno, regionale prima ancora di sacrificare una persona eletta poco tempo prima con un metodo che più democratico di così non può essere. Le primarie le avete portate voi in Italia, noi elettori le abbiamo, con piacere, accettate e praticate con partecipazione straordinaria. Dobbiamo sostenere e rafforzare la metodologia che è l’unica, a mio avviso, in grado di coinvolgere e far maturare la coscienza della partecipazione costruttiva e sconfiggere il male assoluto che è “La Questione Morale”. Se ne sta parlando, ormai, da quasi un trentennio, ma i risultati non sono per niente soddisfacenti come ci dicono alcune graduatorie che ci vedono con cinque sospettati di corruzioni contro i diciotto della parte avversa. Stiamo messi meglio, ma ci sentiamo malissimo perché il popolo di centrosinistra desidera, con forza, che i propri rappresentanti politici non devono essere un po’ migliori degli altri. I politici che ci rappresentano a tutti i livelli devono essere come i partecipanti alle Olimpiadi, non fanno uso di stupefacenti e salgono sul podio, ascoltano l’inno nazionale, baciano la bandiera e portano a casa le medaglie. Non fanno “inciuci” con le squadre avversarie, sapendo che l’altro team in gara è drogato e fa di tutto per sostenere il proprio leader perché è un bravo giocatore delle tre carte.
Caro On. Bersani,
io alle primarie non l’ho votata, ho votato l’On. Franceschini, non per mancanza di fiducia in Lei che ho sempre apprezzato anche per come ha fatto il ministro nel governo Prodi, ma a causa del sospetto dell’influenza che potesse subire da altri maggiorenti del partito che, secondo me, farebbero bene a concordare con il segretario prima di esporre idee proprie che coinvolgono il partito nell’atteggiamento da tenere per concedere al premier una norma che faccia meno danni di un’altra. Io, e forse molti altri del partito, gradirei che si parlasse con una sola voce che sta nella cornice della linea del partito e senza debordare. Cosa che poi ci costringe a correzioni di rotta che fanno solo male e sono poco credibili.
Il meno peggio in politica, a volte, è una necessità, ma non quando si deve combattere con un avversario che sappiamo, non essere cristallino come un diamante. Del diamante ha sicuramente la durezza che sa usare in modo spregiudicato per fini propri, peccato che gli manchi la trasparenza. Io credo che la cosa doverosa da parte di chi fa opposizione sia di usare la stessa durezza del diamante che ci viene dalla Costituzione con l’aggiunta della capacità penetrante di un raggio laser per conferire tutta la trasparenza necessaria che occorre in certi momenti storici. E questo è il momento sacrosanto per rivendicare l’attuazione piena dei “Principi Costituzionali”. Se si tiene duro, la storia ci darà ragione, altrimenti si aprirà una breccia che farà crollare la diga e, voi meglio di me, sapete quali sono i danni che ne possono derivare. E meglio di me sapete anche che in ogni generazione può esserci l’ipnotizzatore di turno pronto a fare disastri. La dovete e la dobbiamo applicare la necessaria e giusta durezza per salvare le future generazioni. Il demiurgo narcotizzante di turno deve essere subito riconosciuto e isolato dalla società politica ed evitare, con norme appropriate, che possa creare danno anche nel privato con posizioni dominanti, anzi, asfissianti. Per fare ciò l’imperativo categorico deve essere educazione alla conoscenza del patto che unisce un popolo: la Costituzione. Cosa che non è stata sufficientemente fatta con queste due ultime generazioni. Non l’ha fatta sufficientemente la scuola, non l’hanno fatto le famiglie tantomeno i partiti e questi sono i risultati. Sono stato molto colpito dall’immagine dei magistrati in toga rossa o nera con la Carta Costituzionale in bella mostra in segno di protesta. Credo fermamente che ci sia bisogno di mettere sottobraccio, ma anche nella testa e nel cuore delle nuove generazioni, la Costituzione italiana e successivamente, in tempi immediati, la Costituzione europea. Il partito non ha bisogno del Dalai Lama (o meglio di un Dalai Lema: D’Alema) Massimo incompreso pronto a dettar qualcosa sempre e comunque. Al di là dell’ironia diamoci una mossa e parliamo con una sola lingua che sia espressione dell’unità del partito. Va bene un pool di pensatori a trecentosessanta gradi, ma il partito deve decidere in modo chiaro e darsi una linea univoca a trecentosessanta gradi. Perché è sui principi e sulle proposte che si fanno o si adottano che si è giudicati.
L’On. E. Letta dice di “Costruire la cattedrale”, su cui non si può che essere d’accordo. Allora cominciamo con lo scegliere progettisti, maestranze e materiali tutti di ottima qualità per soddisfare le esigenze a tutti i livelli. Attualmente sul mercato non ce n’è abbastanza e soddisfacente, soprattutto ai livelli medio bassi ed in termini di partecipazione per ambire a diventare alternativa alla guida del Paese. Per far ciò credo che occorra una vasta opera d’informazione e formazione capillare su tutto il territorio nazionale con particolare attenzione alle zone d’ombra che pur ci sono e sono tante. E a tal proposito mi permetto di evidenziare un’idea che opportunamente riveduta, corretta e adattata dalla dirigenza potrebbe far ben sperare nella crescita del partito in termini di adesioni e di simpatia e forse anche in termini comportamentali nella vita pubblica. Il partito vari un semplice programma di formazione politica su tutto il territorio nazionale con il duplice obiettivo di far conoscere e interiorizzare il patto costituzionale che tiene insieme il popolo e fornire loro gli elementi indispensabili per far funzionare la macchina comunale, allo scopo di incentivare l’impegno alla partecipazione nelle amministrazioni locali. La vera fucina della classe dirigente futura. Credo che in tal modo si darà il via alla nascita del nuovo PD con giovani che non hanno la necessità di dover fare riferimento alla diversità delle origini dei partiti di provenienza. E forse anche le ApI ritorneranno succhiare l’antico polline dei millefiori. Dopo le elezioni regionali si ha tutto il tempo per metter mano ad un’operazione di questo tipo. Si impieghi una parte di quei sei milioni di euro delle ultime primarie e si istituiscano, utilizzando i circoli e centri di interesse, dibattiti politici là dove c’è maggiore necessità coinvolgendo uomini del partito o simpatizzanti che mettono a disposizione la loro opera a titolo gratuito con solo recupero delle spese vive sostenute per la prestazione della loro opera. Con opportuna azione pubblicitaria si potrebbero coinvolgere giovani che attualmente non sono ancora motivati, renderli partecipi onde preparare il bacino, non solo elettorale, da dove poter attingere i migliori e candidarli alle prime esperienze politiche a livello locale. Penso che questa sia una forma di radicamento indispensabile per la crescita culturale, civile e morale di una comunità. Altro che “Popolo delle Libertà” di fare i fatti propri a danno della collettività. Credo che così si possa sperare in un maggiore senso di responsabilità istituzionale e di crescita democratica. Forse si capirà meglio che non esiste e non può essere immaginato neanche l’esistenza del legittimo impedimento, se non in due casi assoluti: per malattia o per decesso. Di legittimo c’è e deve esserci solamente l’obbligo di rispettare le norme vigenti nel momento in cui si agisce e di essere giudicato con quelle norme al momento in vigore. E questo deve valere per tutti. Nessuno escluso. Il popolo quando è chiamato ad esprimere il proprio voto non esprime un giudizio sulle norme esistenti, su cui si può essere in disaccordo, ma vanno rispettate. Ragion per cui una vittoria elettorale non è una pioggia di candeggina che smacchia e rende tutto che più bianco non si può. Il popolo può essere chiamato ad esprimersi su una norma, con il referendum, ma è una convocazione specifica, ben precisa e motivata così come prevede la Costituzione. Questo è un passaggio molto delicato che urge spiegare a chi canta: “meno male che silvio c’è” onde evitare che altri, in buona fede, possano aggiungersi allo scellerato coro.
Saluti Distinti. Salvatore De Felice.
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