In queste settimane abbiamo sentito nuovamente parlare di OGM. Il settimanale l’Espresso ha dedicato al tema alcune pagine, nuovamente si sono scontrate le parti più estreme degli schieramenti pro e contro, molte sono state le dichiarazioni da parte del Ministro delle politiche agricole Luca Zaia in merito alla presenza di Ogm nella catena alimentare, soprattutto dopo la sentenza del Consiglio di Stato ad un ricorso di un agricoltore. Molte chiacchiere e pochi fatti, se si esclude l’approvazione di un emendamento del Partito democratico al Disegno di Legge 2260, che provando a misurarsi con le norme comunitarie e con la realtà, intanto chiede di informare i consumatori in etichetta, proprio in merito alla presenza di organismi geneticamente modificati nei prodotti e nella catena alimentare.
Il tema è delicato, ed il rischio che la situazione nel nostro Paese diventi incontrollabile è francamente concreta, soprattutto alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, del 19 gennaio scorso, che ha dato ragione ad un agricoltore friulano che chiedeva di poter seminare mais Ogm. La stessa sentenza ha chiarito che tale autorizzazione sarebbe di competenza dello Stato demandando al Ministero delle politiche agricole e forestali di rilasciare tale autorizzazione entro 90 giorni. In Italia, dunque, di primo acchito potrebbe sembrare che presto in Italia si procederebbe alla coltivazione di mais tipologia ‘Mon 810’, unico mais transgenico autorizzato in Europa.
In realtà questa ipotesi, però non contemplerebbe la possibilità di applicare alcuna garanzia sulle possibili contaminazioni per le coltivazioni biologiche e convenzionali. L’Unione Europea del resto parla di Coesistenza. Il decreto legislativo 212 del 24 aprile 2001, prevede che i prodotti sementieri nazionali tradizionali siano preservati dal contatto con quelli Ogm. In questa direzione la stessa Corte Costituzionale ha ribadito la competenza regionale a disciplinare, con proprie leggi, i piani di coesistenza. Il Governo, inoltre, può attivare, la ‘clausola di salvaguardia’ prevista dalla legislazione Ue, che consente un divieto nazionale temporaneo di coltivazione”. In questo contesto è evidente che serve un tavolo immediato fra Stato e Regioni per coprire i vuoti normativi e, urge sapere, nel concreto che cosa sta facendo, in concreto, l’esecutivo.
Nel corso dell’ultimo Consiglio ambiente dell’Unione europea, tra l’altro, alcuni paese hanno chiesto alla Commissione di prevedere una modifica della legislazione comunitaria che lasci agli stati membri la decisione finale se coltivare o no degli Ogm sul loro territorio, fatta salva la decisione a livello europeo sull’autorizzazione a commercializzare i prodotti transgenici importati. Lo stesso Presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso ha dichiarato che ‘in un settore come quello degli Ogm dovrebbe essere possibile combinare un sistema di autorizzazioni comunitarie a base scientifica con la facoltà per gli Stati membri di decidere liberamente se intendono o meno coltivare specie geneticamente modificate sul loro territorio’. La posizione risulterebbe condivisa pubblicamente anche dal Ministro Luca Zaia, il quale, negli ultimi giorni ha ribadito in numerose occasioni la sua contrarietà all’utilizzo di colture Ogm in Italia, affermando ‘Finché ci sarò io in Italia gli Ogm non si coltivano: interverremo con un decreto o con altri strumenti, stiamo valutando. La sentenza non dà il via libera agli Ogm, ma dice che bisogna regolamentare la materia: lo faremo nei modi che decideremo’. Bene, Ministro, ma noi attendiamo atti concreti, e vorremmo sapere come pensa di tradurre in fatti le sue dichiarazioni.