Vania non ce l’ha fatta.
Era di Lucca, si era trasferita a lavorare a Pisa per sfuggire a un persecutore, a uno stalker. Non citerò il suo nome. Non lo merita. Ma lui, quell’animale incapace di immaginare che le donne sono esseri liberi, che dicono dei si o dei no, che non saranno mai marionette, ma individui che scelgono, le ha dato fuoco e l’ha uccisa in uno dei modi peggiori che possano essere immaginati. Ha ragione il Presidente Pietro Grasso, guai a parlare di raptus, di follia…si tratta solo di schifosi assassini.
Non ce la faccio a non cominciare ancora una volta da qui. E mi costa. Mi costa molto tirar fuori quel groviglio di sentimenti, di rabbia, di voglia di urlare che come me, tante donne provano ancora una volta davanti ai numeri che sembrano inarrestabili del femminicidio. Vania e poi Rosaria, a Caserta. Anche lei uccisa ieri.
È una stretta enorme che ti prende allo stomaco. Sì perché vedi passare davanti a te gli anni che hai dedicato a questa battaglia, quella contro la violenza sulle donne, le mobilitazioni per cambiare le leggi, il lavoro che hai provato a fare scrivendo leggi, emendamenti, le riunioni che hai convocato o alle quali hai partecipato, i tavoli che hai provato a insediare per far comunicare servizi, sanità, forze dell’ordine, e ancora le pressioni per far approvare approcci nuovi e integrati, come la convenzione di Istanbul, le norme per inserire la cultura di genere nelle scuole (che i signori che stazionano in piedi immobili nelle piazze non vogliono capire..ma peggio per loro).. E ancora vedi passare i volti delle donne, le tante donne che fanno volontariato nei centri antiviolenza, ogni giorno impegnate nell’ascolto e nell’azione, immerse nella violenza che è stata inflitta, donne esauste eppure ancora sul fronte.
Cosa possiamo fare ancora? Noi che abbiamo finito suole e voce per manifestare la nostra rabbia? Certo, non fermarci, non stancarci…ma io credo che sia giunto il momento di un atto di grande reazione degli uomini, di un loro protagonismo, di un’assunzione di responsabilità grande del genere maschile.
Gli uomini. Perché solo loro possono provare a fermare quella follia omicida che riguarda alcuni di loro, incapaci di accettare la libertà femminile e l’autonomia delle donne. Solo loro, cominciando a marciare, pensare, discutere, dibattere e agire possono provare a prendere in mano la loro responsabilità.
Uomini politici, giornalisti, commentatori, insegnanti, uomini potenti o semplici cittadini, adesso tocca a voi.
La violenza non può più essere solo un dramma di cui ci facciamo carico, non più da sole.
E per tenere il filo tengo a mente quei ragazzi turchi che sfilavano in gonna qualche anno fa. Un filo che passa dall’odio degli uomini contro le donne per giungere alle purghe, alla repressione in atto in Turchia, all’odio verso la libertà di pensiero.
Non so quanti hanno ascoltato l’incredibile intervista che una brava giornalista come l’inviata di Rai News24 Lucia Goracci, ha fatto al premier Turco qualche giorno fa.
Difficile non restare colpiti dalla violenza delle parole e dai toni usati contro Federica Mogherini, contro l’Europa e il nostro Paese.
Non si tratta solo dei potenziali cospiratori, in quel Paese è in atto una normalizzazione senza precedenti nel dopoguerra, magistrati, dipendenti e funzionari pubblici e una spaventosa operazione di rimozione e di controllo in scuole e Università. Poi lo scenario della reintroduzione della pena di morte.
E ancora impossibile non soffermarsi sui venti di guerra che sfiorano le nostre coste e che riguardano i bombardamenti avviati dagli Usa in Libia, operazioni che, secondo quanto riferito dal ministro Roberta Pinotti, utilizzeranno anche le nostre basi. Attacchi diretti alle roccaforti del Califfato, si dice. Contemporaneamente nel nostro Paese crescono, com’è giusto, i livelli di controllo ovunque.
Qualche giorno fa Enrico Rossi è stato aggredito pesantemente a una festa de l’Unità. Un imprenditore di fronte al rifiuto degli uffici regionali di autorizzare l’apertura di una sua attività, si dice esasperato, ha reagito prima offendendo e poi aggredendo con un secchio di letame il Presidente. Certo una cosa da denunciare, come tutti abbiamo fatto, ma non meno mi hanno colpito commenti e dibattiti aperti sui vari social. Cresce l’odio verso la classe politica, e purtroppo l’odio o almeno l’ostilità spesso è alimentata anche da una parte della politica stessa. Senza distinzione. E non è che non fosse chiaro prima del gesto clamoroso ai danni di Rossi.
Ho chiaro, molto chiaro, che nel Paese i problemi non sono risolti, e forse aiuterebbe usare di più linguaggi di verità sulla dimensione più critica del nostro Paese, assieme ai buoni esempi de “l’Italia che fa l’Italia”.
Qualche giorno fa Zygmunt Bauman, in una intervista che vi consiglio, parlava di questa epoca segnata dalla paura e dall’incertezza, di “demoni” che non se ne andranno tanto in fretta perché “…le loro radici affondano nella nostra società, nell’indebolimento dei legami, nello sgretolamento delle comunità, nella sostituzione della solidarietà con la competizione senza limiti e nella tendenza ad affidare a singoli la risoluzione dei problemi…”
Da dove si ricomincia? Vogliamo dare per scontato che i demoni non possono essere affrontati? Possiamo provare a riallacciare i fili e a ricomporre il puzzle che, saltando, sta alimentando la produzione dell’odio? Ovviamente per quanto è possibile nelle nostre mani.
Ad esempio ridando alla politica la sua funzione di ascolto e costruzione collettiva delle risposte e di visioni del futuro in cui riconoscersi.
Ad esempio ricostruendo canali di fiducia nelle istituzioni.
Ad esempio isolando chi usa linguaggi violenti e anti-tutto.
Ad esempio dando spazio e visibilità a gesti e momenti che rimettono al centro gli uomini, le donne e la speranza.
Voglio velocemente citarne tre di questi segni importanti, tre fermo immagine: l’abbraccio tra una donna e un poliziotto a Taranto, qualche giorno fa. Il filo conduttore era il cancro e la nostra decennale sconfitta nella possibilità di tenere assieme sviluppo, lavoro, salute, ambiente.
L’abbraccio tra la comunità islamica e quella cattolica in tante chiese domenica scorsa, nel tentativo di fermare la follia terrorista e la paura dell’altro.
L’abbraccio che Franco, 83 anni, e Gianni, 79, che convivono e si amano da 50 anni potranno darsi sabato davanti al sindaco a Torino, davanti ai loro cari, unendo ufficialmente le loro vite.
C’è bisogno di abbracci. Di uomini e donne che tornano a sperare e a costruire il futuro, nella propria vita e nelle comunità.
C’è bisogno di passione, di rispetto, di ascolto e di dialogo.
La passione assieme a progetti comuni ha mosso popoli, intelligenze e ha fatto crescere l’umanità.
Se ci crediamo, cominciamo ad allargare quei cerchi così stretti e poco utili a riaprire le porte. Sempre per riprendere Bauman “i muri non mettono al riparo dalle trasformazioni in atto”. Non servono i muri, i confini, e non servono i cerchi magici.
Servono comunità.
E il pensiero con cui vi lascio dandovi appuntamento a settembre.
Riposiamo un po’ corpo e mente.
Un caro saluto,
Susanna
Ps: sarebbe stato troppo lungo parlare anche delle decisioni di queste ore sui direttori Rai. Dico solo che non mi piace affatto, che Bianca Berlinguer è una professionista molto seria e che le modalità che emergono non sono un bell’esempio di “politica fuori dalla Rai”, e che di fronte alla ferocia dei femminicidi sarebbe stato un bell’esempio scegliere di nominare comunque 3 donne a capo dei tre Tg anche per dare una svolta al linguaggio con cui si fa informazione. Ma si sa, sono una sognatrice.
Cara Susanna,
leggo con piacere il tuo sfogo sulla continua violenza perpetrata ai danni delle donne, che si considerano libere in uno stato democratico che in realtà non le difende da abomini che continuiamo a commentare femminicidio dopo femminicidio!!!!!
Faccio servizio nel centro antiviolenza di Siena e vorrei dirti che il comune non impiega nemmeno un euro nel suo bilancio per il centro di Siena: che dire? Prova tu a darne una motivazione valida…..
Chiedo a te e a tutti i parlamentari ad impegnarsi nelle commissioni affinché i fondi per i centri antiviolenza non siano tagliati altrimenti e’ davvero inutile continuare a commentare gli orribili omicidi che un giorno si e uno no riempiono le prime pagine dei quotidiani.
Speriamo che il vostro impegno, tutti insieme senza distinzione di partito o genere, produca risultati veri.
Un abbraccio e buone vacanze
Alessandra