Il processo di riorganizzazione delle Province è partito in fretta e male, senza inserire il tutto dentro una riforma seria e organica degli enti locali. L’accorpamento delle Province ipotizzato durante il Governo Monti si è fermato con la fine anticipata della legislatura, ma i tagli no e le Province sono ancora attive e devono continuare a erogare servizi per assicurare il welfare dei loro territori. Discuteremo del futuro profilo della riforma, ma intanto bisogna intervenire per aggiustare i pasticci ed evitare conseguenze pesantissime sui territori e sul personale.
Per questo stiamo premendo sul Governo con diversi atti per capire cosa si intende fare per consentire alle Province, in questa sorta di fase di mezzo, di assolvere al loro mandato. Dallo scorso anno i tagli per le amministrazioni provinciali sono passati da 1 miliardo a 1 miliardo e 200 milioni di euro, mettendo in grande difficoltà soprattutto le Province che oltre alle loro funzioni (edilizia scolastica, sviluppo economico e servizi per il mercato del lavoro, gestione del territorio e tutela ambientale, servizi di viabilità e trasporti) assolvono anche ad alcune funzioni delegate dalla Regione. È il caso della Toscana e del Piemonte, che secondo l’Upi sono le regioni maggiormente penalizzate dai tagli.
L’ultimo atto che ho presentato, insieme al collega piemontese Massimo Fiorio, è stata un’interpellanza urgente, alla quale la scorsa settimana ha risposto in Aula il Sottosegretario Economia e Finanze, Andrea Giorgetti. Nell’interpellanza si chiedeva al Governo quali provvedimenti intendeva adottare per evitare che i tagli previsti causassero il dissesto finanziario delle amministrazioni provinciali, assicurando la corretta erogazione dei servizi per i cittadini, anche intervenendo sui criteri di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio per evitare la penalizzazione di alcune regioni. Siamo rimasti soddisfatti solo parzialmente della risposta che abbiamo ricevuto. Il Sottosegretario, pur non prendendo impegni precisi sulle istanze che lo stesso presidente dell’Upi, Antonio Saitta, ha più volte avanzato, ha chiarito l’intenzione del Governo di attivarsi per evitare il rischio di dissesto della amministrazioni provinciali, cosi come l’impegno a tutelare il personale oggi in organico, le professionalità e i diritti dei lavoratori. Adesso, agli impegni del Sottosegretario devono seguire fatti concreti, su tempi e risorse, perché le amministrazioni locali non possono, prima di tutto, lavorare nell’incertezza su cifre e competenze.
E’ da quando si parla di abolizione delle Province che io dico, nelle riunioni in cui posso parlare, che l’abolizione delle province deve essere accompagnata da una aggregazione dei comuni, fatta però con una totale revisione dei confini dei comuni stessi. Esempio: Castenuovo Berardenga centro può unirsi a Siena, ma certo non ha senso che il Castello di Bossi o San Felice finiscano con Siena, mentre dovrebbero essere nel comune del Chianti senese con Radda e Gaiole e magari Castellina. Quercegrossa divisa tra Monteriggioni e CVastelnuovo è una assurdità o da una parte o dall’altra o tutte due con Siena (idem per Casetta). Asciano non può stare con Siena, ma Arbia sì ecc. ecc. L’unica obiezione che sento è: ma ci vuole tempo!!. Basta com questa storia! Se non si comincia non si arriverà mai perchè il tempo ci vorrà sempre! La politica dovrebbe servire proprio per guardare al futuro e costruirlo, ma in Italia mi sembra che negli ultimi anni hanno pensato altri a guardare al futuro e oggi non c’è rimasto più nessuno!
Non ritengo che la gestione delle scuole superiori debba essere trsferita ai Comuni, mi sembra un grave errore