Per una cultura della parità nel lavoro e nella politica
Castelfiorentino
11 maggio 2019
Susanna Cenni
Ringrazio Sandra, non solo per questo invito, ma per “Punte di Spillo”, sono onorata di aver potuto contribuire all’evento organizzato alla Camera dei deputati nella scorsa legislatura.
Una scelta bellissima, eccellente, creativa ..il progetto di generare humus, nutrimento al pensiero e all’anima soprattutto delle giovani generazioni, dare ingredienti fondamentali per una cultura contro la violenza di genere. Cultura, appunto, del rispetto, della parità, della legalità.
A me credo spetti stasera il compito di provare a dire la mia su come un percorso di questo tipo possa entrare nella politica.
Non è semplice. Potrei fare un excursus dalla Costituente ad oggi, ma servirebbe tempo.
Potrei parlarvi di Nilde Iotti o Tina Anselmi, di Livia Turco. Potrei fare una carrellata di numeri, ed in parte qualche numero saro costretta a leggervelo, ma credo che non raccoglierei lo spirito, la filosofia di “Punte di spillo”. E allora proverò a cercare un’altra strada, la mia, nel modo più sintetico che posso.
Intanto dicendo una cosa: è certo che una cultura della parità capace di agire nella politica è fondamentale, non solo e non tanto per le donne in Politica, ma perché determina conseguenze sulle norme, sui provvedimenti, sulle decisioni, e quindi sulla vita di tutte.
Il tema quindi è davvero..Una “cultura” della Parità.
E una cultura della parità si costruisce solo “agendo” una cultura della differenza. Si perché per determinare pari opportunità di accesso, di azione, di risultato, di ruolo, anche nella politica, come nella vita, come nel lavoro, occorre aver chiaro, sottolineare, dare valore ad un fatto: uomini e donne sono differenti, e proprio per questo la politica, come altri campi non può dirsi completa, rappresentativa, se non e fatta da uomini e donne.
In una democrazia il tema della rappresentanza è fondamentale. Uomini e donne possono concorrere assieme ad innalzare il livello di democrazia.
Ma di per se e sufficiente a tradursi in pari opportunità?
No.Non basta perché nemmeno questo è di per se sufficiente a determinare cambiamenti, perché quella visione, quella cultura della differenza tu, se vuoi rappresentare la differenza femminile, devi “averla”, “coltivarla” e devi farla agire, nelle quotidianità, nei fatti.
Non tutte le donne in politica coltivano e agiscono la loro differenza di genere, certamente non chi allestisce e ostenta banchetti con la distribuzione di spray al peperoncino raccontando che quello è uno strumento per combattere la violenza sulle donne. Non ce l’ha a mio parere una ministra che esalta il tema della castrazione chimica…
Ho fatto un piccolo esempio, ma ma provo ad andare per ordine.
A che punto siamo intanto?
Abbiamo report molto recenti, tra cui quello elaborato da Open Polis sugli effetti delle leggi per la parità di genere su comuni, regioni, parlamenti, e a Bruxelles il tema del potere delle donne in Politica è stato analizzato da una riunione interparlamentare.
Nell’esame dei numeri ad esempio sulla presenza di genere nei parlamenti si registra un miglioramento della presenza di donne, con vette in Svezia, Finlandia, Spagna oltre il 40%, e paesi fanalino di coda sotto il 20% Grecia, Malta, Cipro. Noi ci attestiamo attorno al 39% al Senato e al 35% alla camera.
Anche per i Governi registriamo in Spagna, Svezia e Francia numeri importatissimi, in alcuni casi le presenze femminili superiori alle presenze maschili.
Pochissimi i Paesi che registrano performance importanti in termini di leader politici donna (Gran Bretagna e Germania sopra a tutti).
I numeri sono importanti. Se le donne non ci sono è difficile parlare di parità. Per questo sono importanti le leggi elettorali, e, perdonatemi, ma qui c’è un concetto importante. Io sono tra coloro un po stanche di sentir parlare di “quote rosa”. Le leggi elettorali con strumenti paritari non possono essere descritte come quote rosa. si tratta di democrazia paritaria, un concetto mi rendo conto molto più complesso, ma anche molto più giusto e reale, perché ha a che fare con la nostra idea di democrazia e di rappresentanza, mi rendo conto in un tempo in cui tutto viene più facilmente raccontando attraverso il tema dei costi, non semplice da raccontare e far capire.
Dal 2004 ad oggi una serie di norme hanno cercato di migliorare la parità di genere negli organi di rappresentanza politica. Ad oggi pero solo il 14 % dei Sindaci Italiani e di sesso femminile e solo una delle Regioni Italiani è guidata da una donna.
Le leggi elettorali sono state fondamentali per accrescere il numero delle donne, la legge 215 sulla doppia preferenza di genere per i Comuni varata nel 2012, la legge per le elezioni Europee, approvata nel 2014, impone che nella possibilità di dare tre preferenze almeno una sia di un genere diverso. Indubbiamente i numeri con queste norme sono migliorati. E nel 2013 le donne hanno rappresentato il 30% dei candidati per poi crescere ancora.
Sulle Regioni , con la legge 20 del 2016, che da indirizzi alle regioni, qualcosa è cambiato anche se occorre ricordare che in virtù dell’autonomia legislativa regionale, alcune regioni, tra le quali la nostra superano il 30%, in altre sinceramente il risultato è assai insufficiente continuano ad avere consigli regionali molto maschili. In alcune Regioni nessuna donna.
Un discorso a parte va fatto sul Parlamento. La recente legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum, lascia dei dubbi molto grandi, Indubbiamente nel testo si ponevano vincoli di alternanza nelle liste dei collegi plurinominali e complessivamente sui collegi uninominali, nonchè sui capolista.
Ma l’applicazione della legge ha dimostrato che spesso le norme, se non ben fatte possono essere aggirate ed abbiamo assistito a comportamenti davvero poco edificanti come quelle di usare le donne candidandole in più collegi per consentire in realtà lo scorrimento degli uomini.
Le leggi elettorali sono importanti, ma non bastano, perché le campagne elettorali sono molto costose, perché ad oggi non ci sono norme che regolano la presenza di uomini e donne nei contenitori elettorali televisivi ecc..
Ci sarebbe ancora molto da lavorare, cosi come io credo ci sia ancora da lavorare nel nostro Paese per luoghi e strumenti di sostegno alla formazione ed alla promozione di donne in politica e nei luoghi decisionali.
E sin qui le assemblee elettivo.
Poi ovviamente ci sono i ruoli direttivi, come le commissioni parlamentari, in cui Le Presidenti sono davvero poche (4 su 14) alla Camera, 3 al Senato.
Consentitemi un attimo di fermarmi: le commissioni parlamentari sono il vero luogo del lavoro parlamentare. Posso testimoniare che e li che si fa la differenza, ed e lavorando li, pur non partecipando a talk show e intervenendo poco in aula, che ho potuto veder approvate leggi a cui ho lavorato.
Poi i Governi.
I Governi. Nelle precedenti legislature avevamo avuto Governi paritari, oggi sono 5 le ministre su 16, e 6 su 46 le sottosegretarie.
Noi non abbiamo mai avuto Presidenti del Consiglio, della Repubblica, segretari dei grandi partiti.
Ma basta con i numeri.
Torno alla partenza. La cultura della parità nella politica.
Con le leggi possiamo accrescere la partecipazione. Ma il ruolo della politica è poi quello di costruire le decisioni. Io credo che oggi, in questo passaggio, le decisioni siano sostanzialmente ancora assunte dagli uomini, e stanno prevalendo modelli rigidi, spesso violenti, che nulla hanno a che vedere con il pensiero e con l’agire femminile.
Ed allora una domanda è: le donne vogliono partecipare a questa scena politica?
O meglio, se ci chiediamo…
Oggi le donne vogliono essere protagoniste della politica?
Io credo che la risposta sia: si. Lo credo convintamente. Sono una parlamentare che viene da un territorio, che ha fatto un percorso dal basso, giro molto il territorio conosco e vedo persone, nei campi di cui mi occupo e non solo.
Mi colpiscono in queste settimane le giovanissime donne nelle liste per i Comuni, una presenza che io non vedevo da tempo.
Si vogliono esserci.
Ma io credo che ci sia da analizzare seriamente “il come”, e che quel come oggi possa ancora più di ieri essere la chiave di volta per salvare la politica. Una politica profondamente in crisi e distante dal sentire comune di uomini e donne.
Si salvare la politica, non ho paura di usare questo termine.
Ne ho ancora una concezione nobile, ma vedo con sofferenza dove siamo.
Penso pero che ci sia speranza, e che le donne siano un volto di questa speranza.
Qualche settimana fa Giovanna Badalassi, studiosa di genere, ligure, (una donna che considero un’amica, che ho sentito spesso lavorando ad alcune modifiche alla legge di bilancio sul bilancio di genere) ha scritto un bellissimo editoriale su “Ladynomics” un sito che si occupa di politiche di genere. Il titolo del suo editoriale si intitola “la gentilezza in politica non e roba da signorine?”.
E racconta la sua riflessione, credo non solitaria, di quanto sia stato forte il messaggio di una meravigliosa premier, Jacinta Ardens, all’indomani del terribile attentato che ha colpito quel Paese. Il suo volto che comunicava dolore, il suo rispetto nel coprirsi la testa portando la vicinanza dello Stato ai familiari delle vittime. Quel suo modo “gentile” di farsi Stato vicino al credo di altri e al dolore di persone colpite. (agire la differenza di genere)..
E racconta anche degli attacchi che Jacinta ha subito per quella sua scelta. Aggiungo io che questa straordinaria Premier ha svolto una campagna elettorale ed e stata eletta con un enorme pancione di mamma in attesa, il suo compagno ha preso il congedo di paternità per accudire il piccolo ecc..
Ma il tema che Giovanna ci propone e cosa ci sta dietro alla scelta di quel comportamento.
Pensateci, pensiamoci.
Jacinta con il suo volto addolorato, con la vicinanza umana, con “gentilezza” è un volto preciso, dello Stato, dell’agire della politica, della rappresentanza, cosi come il vicepremier che si fa immortalare assieme ad altri capi di Governo davanti ad un filo spinato di confine o che sale su una ruspa, che ritiene meglio chiudere gli shop della mariuana light e magari aprire alla prostituzione legalizzata, oppure di affrontare il dramma di periferie e città violente, rendendo più facile l’accesso ad armi ed al loro uso un altro volto dello Stato e dell’agire politico.
La gentilezza, il sentimento, la vicinanza.
Il decisionismo, il machismo, i toni alti.
Leggendo Giovanna mi è tornato intente un ricordo personale. Ho avuto l’onore ed il privilegio di scrivere leggi, di assumere decisioni, di svolgere un ruolo di governo nella regione, e la mia cultura di genere mi ha sempre accompagnato, qualche volta aiutandomi, qualche volta complicandomi le cose..ma c’è un apprezzamento che conservo come cosa preziosa, arrivatomi dal mio Presidente Martini, che disse di apprezzare di me..”la pacata determinazione”. E il più bel compimento che conservo della mia esperienza politica,
Ecco allora, il tema fondamentale per me, parlando di parità nella politica è innanzitutto questo, poter agire con le proprie peculiarita. Non serve “esibire modelli maschili, ..gli attributi”
Ma cosa è oggi la politica e come possiamo cambiarla.
Potrei dire molto di quanto la politica stia in questa fase colpendo le donne con atti e possibili terribili leggi. Ma sono convinta che la nostra scommessa, oltre alle leggi, oltre agli strumenti di democrazia paritaria che non possono arretrare sta qui: nella capacità di mettere in campo qualcosa di profondamente nuovo che sia un nuovo stile nel far politica, nel costruire un nuovo potere femminile che nasce dalla straordinaria potenza della differenza di genere.
Io non so ancora cosa può essere quel nuovo da generare, ma lo incontro spesso, nelle donne con cui parlo e che hanno cambiato vita per aver cura di sementi che stavano comparendo o allevare capre, o maiali in luoghi complicati, con le tante studiose che ci e mi aiutano a capire meglio cosa sta avvenendo nella vita delle donne italiane che ci sentono lontane, che si occupano di consumi, di diritti, di ambiente, di qualità della vita, di mense scolastiche, di lavoro, di dignità.
E le vedo negli occhi di una ragazzina ostinata, con le trecce, che ogni venerdì con un cartello parla alla politica ed ha messo in moto milioni di suoi coetanei. Ha potuto farlo perché quel sistema che ha concorso al disastro climatico, prodotta dagli uomini e da decenni di predazione, ha fallito. Lei lo ha detto.
E allora la cultura della parità oggi, significa,
coltivare la democrazia paritaria,
coltivare la cultura della differenza di genere
citare il fallimento di sistemi politici ed economici che hanno prodotto diseguaglianze
e farlo con la capacita di
agire l’ascolto, la gentilezza con una pacata ma forte determinazione.
Jacinta, Greta, Sandra, Paola, Roberta…
…Le donne possono essere potenti, più di quanto possono immaginare, ma dobbiamo provare a trasformare la potenza in potere ed in cambiamento.
Questa è la mia punta di spillo.
Noi possiamo farlo.
Grazie