Ripartire dalla Piazza?

Se i post, i tweet, i video veicolati dai social, producessero effetti, saremmo ad esaminare provvedimenti giorno e notte. Ma le cose non stanno andando proprio così. Dopo 45 giorni dalla tragedia del Ponte Morandi, siamo ancora in attesa del decreto per la ricostruzione che sembrava dover arrivare il giorno dopo.. Un atto, quello dell’ineffabile ministro Toninelli, esperto di autoscatti e di gaffe, che ha evidentemente presentato grosse criticità tecniche, ma, è chiaro, se la tua formazione viene dai Vaffa day, ci vuole un po’ per passare dalle urla alla produzione di provvedimenti concreti, coperti finanziariamente, che rispettano le norme elementari del diritto. Per un po’ puoi crogiolarti nell’assegnare responsabilità (che certo esistono) ad Autostrade, a chi c’era prima ecc.. poi pero tocca a te.

Nel frattempo giunge il primo vero provvedimento di Matteo Salvini, che mette assieme un articolato confuso, ma soprattutto dannoso e che, culturalmente, fa una scelta certamente non casuale: l’abbinamento tra insicurezza e immigrazione. Un provvedimento che, mentre scrivo, non ha ancora tutte le bollinature, ma che ha il privilegio di vantare già alcune analisi pesantissime riguardo ai suoi contenuti. “…tra le misure introdotte ve ne sono alcune che, pur segnando un arretramento sul livello dei diritti garantiti, si muovono nel quadro normativo ed internazionale e nazionale, altre che sono contrarie al buon senso. Ma quelle che più ci allarmano sono quelle relative alla militarizzazione del diritto di asilo e al tema cittadinanza…è un decreto che mira a creare irregolarità, non certo a gestire l’immigrazione..”. Sono alcune delle parole di Mario Morcone direttore del Consiglio Italiano per i rifugiati.

Ed il decreto, che “toglie di torno” sostanzialmente il permesso di soggiorno per motivi umanitari, si propone di costruire non meglio definiti “centri governativi” in cui trattenere i richiedenti asilo, spazza via il sistema SPRAR che aveva invece il merito di concertare politiche, strumenti, numeri con Comuni e Regioni, riuscirà magicamente nell’impresa di trasformare i richiedenti asilo semplicemente in clandestini. Studieremo a fondo il provvedimento e torneremo sul tema, ma intanto è bene sapere quali saranno le immediate conseguenze. Tra i commenti segnalo quello di Oxfam Italia.

Prosegue, intanto, la competizione interna al Governo sulla prossima legge di Bilancio, e ieri abbiamo sfiorato il ridicolo ascoltando le minacce del Ministro Di Maio che ha dichiarato “qualora non ci fosse il reddito di cittadinanza, il M5S non voterebbe la legge di Bilancio”. Come se il M5S non fosse la prima forza parlamentare e di Governo, non esprimesse il Premier Conte, e, ahinoi, tal Rocco Casalino, portavoce, che in un raro esempio di stile ha pensato di far uscire la sua minaccia di epurare tutti al Mef.

Proseguono i vertici per la scrittura di quella che è stata definita la legge di bilancio “del popolo”, ma intanto cominciano a trapelare alcune cose tra i tagli, come la riduzione della possibilità di portare in detrazione gli interessi sui mutui e le spese sanitarie, che, come noto non riguardano “il popolo”. Mi fermo qui, perché e difficile anche l’ironia su tutto questo. Si tratta della vita delle persone, di un Paese in difficoltà, dove si dovrebbe mettere mano alla scadenza della cassa integrazione per molte realtà in crisi, a piani di investimenti, a decisioni definitive (perché ci sono ulteriori novità sul tema dei vaccini con l’ennesima giravolta del Ministro della sanità), c’è da dare qualche certezza ai Comuni.

Questo nostro Paese attraversato da un clima tutt’altro che bello. Censis in questi giorni ci ha raccontato di “aspettative in calo, diseguaglianze sociali, rancore, chiusura e repressione, sullo sfondo di una società che ha rinunciato a consumi e investimenti”. Concetti espressi nella ricerca dal titolo ‘Miti del rancore, miti per la crescita: verso un immaginario collettivo per lo sviluppo’ condotta in collaborazione con Conad. L’analisi sull’Italia, presentata oggi a Roma, mostra un Paese che nutre un forte disagio per il presente ed ha una grande nostalgia del passato. Le ragioni sono tante: dalla bassa natalità alla progressiva scarsità di reddito dalla crisi sociale fino allo smarrimento della cultura del rischio personale. Ci sono i problemi veri e concreti, ma, come abbiamo visto da molte analisi sociali ed economiche, c’è anche un tema di fondo di percezione e di fiducia. Delle paure, della sfiducia, dell’individuazione dell’avversario, del colpevole, si alimenta la destra più becera e pericolosa, si alimentano populismo e qualunquismo. Dobbiamo sconfiggere questi nemici se vogliamo risalire la china. Riguarda tutti i cittadini democratici, riguarda chi ha creduto nel Pd, chi ritiene che il campo della sinistra sia ancora il campo su cui lavorare per leggere questo tempo e trovare le risposte.

Maurizio Martina ci ha convocati il 30 settembre a Roma. Dobbiamo essere in tanti. C’è bisogno di tornare a vedere e riconoscere una comunità che non vuole arrendersi a tutto questo, che vuol provare a produrre la giusta cultura politica, quella che rimette al centro la solidarietà, l’eguaglianza, la giustizia sociale. Gli errori compiuti non si rimediano con una cena di pochi eletti, e nemmeno richiamando tutti alle solite conte delle tessere. In ballo c’è qualcosa di più grande di noi stessi, delle sigle buone o da cambiare: c’è la difesa dei fondamentali sui quali è nata la nostra democrazia, c’è la speranza, c’è la fiducia nella costruzione di un tempo diverso da quello della paura e del rancore.

Quel tempo sta a noi costruirlo, con l’opposizione e con la ricostruzione, in Parlamento, ma soprattutto la fuori. Ci vediamo domenica. Proviamo a risentirci comunità, e forse ripartiamo.

Susanna