Risposta Interrogazione Parlamentare n. 5-04243 “presenza delle donne ai vertici degli Enti agricoli”

Pubblichiamo di seguito il testo dell’Interrogazione Parlamentare n. 5-04243  sulla presenza delle donne ai vertici degli Enti agricoli ed il link  della relativa risposta ricevuta, giovedì 15 settembre 2011, nella seduta  della XIII Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati.

Atto Camera
Interrogazione a risposta in Commissione 5-04243
presentata da
SUSANNA CENNI
giovedì 17 febbraio 2011, seduta n.436

CENNI, SERVODIO e DI GIUSEPPE. –
Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per le pari opportunità.

Per sapere – premesso che:

l’articolo 51 della Costituzione cita testualmente che «Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini»;
l’Unione europea negli ultimi anni ha approvato numerosi documenti per promuovere una effettiva parità di genere nei differenti livelli dirigenziali e nei vertici amministrativi degli enti. In particolare questi indirizzi sono presenti:

a) nella decisione 2001/51/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2000, relativa al programma concernente la strategia comunitaria in materia di parità tra donne e uomini (2001-2005);
b) nella «Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015» della Commissione Ue che prevede nello specifico «la parità nei processi decisionali»;
c) nella risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 10 febbraio 2010 sulla parità tra donne e uomini nell’Unione europea (risoluzione INI/2009/2101) ha stabilito che è compito degli Stati membri e delle parti sociali promuovere una presenza più equilibrata tra donne e uomini nei posti di responsabilità delle imprese, dell’amministrazione e degli organi politici;

il decreto legislativo 25 gennaio 2010, numero 5, sulla «Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego» specifica, tra l’altro, che «La parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compresi quelli dell’occupazione, del lavoro e della retribuzione» (articolo 1, comma 2) e che «L’obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività» (articolo 1, comma 4);
la necessità di non discriminare le donne e di promuovere le pari opportunità nell’accesso al mondo del lavoro, in ogni settore ad ogni livello, responsabilità e retribuzione, è stata più volte rimarcata dal Ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna;
va segnalato, in questo contesto, che la Camera dei deputati ha approvato il 2 dicembre 2010 in prima lettura (in sede legislativa presso la Commissione Finanze) recependo una direttiva comunitaria, un testo di legge (ora all’esame del Senato, atto Senato numero 2482) sulla parità della rappresentanza di genere nei Consigli di amministrazione delle società quotate e partecipate dalle amministrazioni statali;
nonostante questi numerosi atti normativi, sia nazionali che comunitari, la presenza di donne in Italia nei posti decisionali rimane ad oggi nettamente inferiore rispetto alla componente maschile e molto distante dalle medie delle più avanzate realtà europee;
per la presenza di donne nei posti decisionali l’Italia è infatti agli ultimi posti in Europa: è «al femminile» circa il 23 per cento nel top management delle aziende pubbliche e private (10 per cento se restringiamo l’attenzione alle private) e solo il 6 per cento nei Consigli di amministrazione delle società quotate;
anche nel nostro Paese la scolarizzazione femminile, la preparazione professionale, la specializzazione delle donne è cresciuta enormemente in ogni campo: in Italia sessanta laureati su cento sono donne, una percentuale superiore a nazioni come Regno Unito e Stati Uniti. Nonostante questo primato, nel nostro Paese, circa il 22 per cento delle laureate non lavora, contro il 9 per cento degli uomini, senza dimenticare che le donne laureate impiegate sono mediamente retribuite in maniera inferiore rispetto ai loro colleghi maschi;
tutti gli atti di indirizzo e programmazione comunitaria in materia di agricoltura, a partire dagli stessi piani di sviluppo rurale, rilevano nei giovani e nelle donne, indicatori utili per la creazione di nuova impresa, occupazione, innovazione;
secondo recenti indagini la presenza femminile in agricoltura ha registrato, negli ultimi anni, una consistente crescita e si sta caratterizzando e connotando in aziende con produzioni di grande qualità, progetti fortemente innovativi;
questi dati sono confermati ad esempio:

a) dalla indagine «donne impresa» di Coldiretti che ha evidenziato come il 17,8 per cento delle imprese complessive italiane gestite da donne si trovino nel comparto agricolo;
b) dal rapporto sull’imprenditoria femminile elaborato da Unioncamere con la collaborazione del Ministero dello sviluppo economico e del dipartimento per le pari opportunità che ha rilevato che la presenza delle donne alla guida delle imprese agricole si attesta tra le più alte nell’ambito dei settori di attività economica per un totale di 253.214 aziende;
c) dall’associazione «Donne in Campo» della Cia secondo la quale il comparto agricolo è uno dei settori produttivi dove il tasso di femminilizzazione è più alto. Circa il 30 per cento delle imprese agricole, infatti, è a conduzione femminile e le imprese femminili in agricoltura sembrano rispondere meglio alla crisi generale che sta interessando l’intero settore primario a livello nazionale;
d) dall’Atlante delle donne impegnate in agricoltura, presentato dalla Rete rurale nazionale nel mese di gennaio 2011, che ha indicato come l’Italia sia al primo posto, fra i Paesi europei, per la presenza di aziende guidate da donne;

pertanto molte donne competenti e preparate professionalmente scelgono di avviare la loro iniziativa imprenditoriale proprio in agricoltura, valorizzando e promuovendo la differenza di genere con successo (ad esempio la esperienza delle donne del vino);
moltissime competenze femminili in campo scientifico, economico ed agronomico sono presenti anche nei centri formativi, di ricerca e negli atenei italiani (rivestendo anche ruoli ed incarichi e di primo piano come presidi di facoltà agrarie);
l’agricoltura si conferma quindi come un settore in grado di attirare un crescente interesse del mondo femminile e di valorizzare, conseguentemente, la presenza, l’iniziativa imprenditoriale e la capacità di innovazione delle donne nel settore primario;
ad oggi nei vertici degli enti agricoli di nomina governativa e ministeriale (prendendo in esame presidenti, commissari straordinari e consigli di amministrazione) non sono state nominate donne, fatta eccezione per una sola presenza femminile nel consiglio di amministrazione di Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura);
gli enti in oggetto collegati al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sono: Inea – Istituto nazionale di economia agraria, Inran – Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e per la nutrizione, Enr – Ente nazionale risi, Cra – Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura. Unire – Unione nazionale per l’incremento delle razze equine, Agea – Agenzia per le erogazioni in agricoltura, Ismea – Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, Buonitalia Spa; Isa – Istituto sviluppo agroalimentare Spa;
alla luce di quanto sopra richiamato si ritiene quindi improbabile che tale quadro di nomine possa discendere dalla assenza di adeguate competenze femminili nel settore -:

se il Ministro, alla luce di quanto esposto in premessa, sia consapevole che nei vertici amministrativi dei differenti enti collegati al suo dicastero sia presente solamente una donna, una percentuale in palese violazione della legislazione italiana e delle direttive ed indirizzi comunitari vigenti, che questa mancanza di presenze e competenze femminili nei vertici amministrativi sopracitati arrechi di fatto un danno al sistema agricolo nazionale, e alla esigenza di innovazione e modernizzazione, dal momento che le competenze tecnico scientifiche, e l’imprenditoria «in rosa» rappresentano oggi per risultati, crescita e professionalità un esempio ed un punto di riferimento di qualità per l’intero comparto a livello nazionale e quali iniziative e provvedimenti intenda assumere per poter assicurare, nella governance di tali enti sopracitati, una effettiva ed adeguata rappresentanza femminile, quale utile investimento, anche in relazione alla generale e qualificata crescita della presenza delle donne nell’intero comparto agricolo nazionale. (5-04243)

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