La distanza tra la contabilità di vite e di corpi e lo schermo televisivo, o quello di un Pc, attenuano sin troppo la dimensione apocalittica di quanto sta ancora accadendo nel Mediterraneo, in quelle acque in cui ci immergiamo durante le vacanze.
Ho provato a cercare una dimensione visiva della tragedia accaduta nella notte tra il 18 e il 19 aprile scorso. Provate a pensare a San Giovanni d’Asso: il più piccolo Comune della nostra provincia, con circa 900 abitanti. E provate a pensare a tutti gli abitanti di quel Comune caricati su un barcone: uomini, donne, bambini sballottati dalle onde, disperati, affamati, in fuga da morte, persecuzione verso l’ignoto vestito da speranza. Corpi.
Il barcone si ribalta. I corpi precipitano in mare. Si salvano poche decine. Quel piccolo Paese non esiste più, è affondato nel Mediterraneo. Ne testimoniano la sorte i pochi che possono raccontare, le piccole salme a galla. Bambini.
Trafficanti di disperazione. E’ proprio la disperazione la molla che fa partire su un barcone. Non avere una scelta nel proprio Paese, né una possibilità. Investire su una piccola percentuale di vita da cui ripartire, senza bagagli e senza tutti quegli oggetti che affollano e riempiono di troppo le nostre comode case. Perché altrimenti prendere con sé bimbi piccolissimi, piccole vite come quel corpicino inanimato che abbiamo visto immortalato nelle agenzie di questi giorni? La consapevolezza di avere una sola speranza in più, anche una sola, e magari affidarsi a squallidi trafficanti ai quali quelle vite e quelle storie non dicono assolutamente niente se non perché rappresentano il gruzzolo, il prezzo pagato al “Caronte di turno”. Nient’altro come purtroppo abbiamo letto in questi giorni dai giornali.
Mentre scrivo le agenzie continuano a battere notizia di altre centinaia di vite, per adesso di vite giunte sulle coste greche o siciliane. Ieri mattina il Presidente Matteo Renzi ha parlato di un impegno internazionale che finalmente sembrerebbe arrivare, per provare a intervenire là dove tutto nasce, per organizzare l’accoglienza sulle coste africane, dove le organizzazioni internazionali potranno andare e selezionare i bisognosi di asilo politico, ed eventuali corridoi verso altri Paesi. Spero tutto ciò si concretizzi.
Il clima di questi giorni è pesante. Lunedì la Camera tornerà a esaminare la Legge elettorale e le posizioni dentro al Pd . La scorsa settimana, di fronte alle posizioni del Presidente del Consiglio che non intende consentire alcuna modifica, si è dimesso il capogruppo Speranza e qualche giorno fa 10 colleghi della commissione Affari costituzionali sono stati sostituiti dalla Presidenza del gruppo. In realtà gli emendamenti presentati erano solo 11, che avrebbero semplicemente potuto essere respinti. Si è scelta un’altra strada.
Personalmente non ho condiviso la scelta compiuta dai Riformisti di alzare lo scontro interno sulla Legge elettorale. Questa legge non mi piace molto, avrei preferito, dopo il fallimento del Patto del Nazareno un orientamento verso piccoli collegi uninominali – a mio parere la forma che meglio lega l’eletto all’elettore- ma è innegabile che sono stati fatti alcuni passi avanti rispetto al testo precedente. Detto ciò, ritengo sbagliata la scelta di sostituire i deputati che hanno chiesto modifiche (e piantiamola con la storiella dei Bindi Bersani, perché tra di loro ci sono autorevoli costituzionalisti: c’è il più giovane deputato italiano, ci sono sindaci). Ritengo molto sbagliata l’ipotesi di un voto di fiducia sulla Legge elettorale e gravi, molto gravi, i toni di qualche tifoso di troppo, non solo romano, che forse ha scambiato il contesto delle riforme con un derby di periferia.
Proviamo a rimettere il buon senso in campo, i contenuti e il merito sul tavolo e arriviamo in fondo presto, ma possibilmente bene.
Martedì mi è capitato di vedere l’inizio di “Ballarò”, trasmissione che come tutti i talk show non vedo spesso. Mi sono soffermata ad ascoltare il presidente dell’ Anpi di Treviso Umberto Lorenzoni, e le interviste effettuate dallo studio prevalentemente a ragazzi e ragazze in giro in varie città Italiane. Si chiedeva del 25 aprile, cosa fosse quella ricorrenza. Le risposte sono andate ben oltre ogni mia più pessima previsione. Il volto di Umberto era terreo come può esserlo per chi con generosità ha lasciato tutto a 17 anni per combattere nazifascismo, dittatura, per regalarci democrazia, libertà e poi una Costituzione repubblicana.
Che fine ha fatto il testimone della storia e della nascita della Costituzione? E la scuola? E quale impianto di valori siamo riusciti a custodire e attualizzare?
Ho e abbiamo la fortuna di vivere in una terra che ancora si impegna tanto su tutto questo. Abbiamo tanti giovani impegnati nell’ ANPI, abbiamo istituzioni che ogni anno, anche con risorse decrescenti, organizzano il Treno della Memoria per accompagnare tanti ragazzi e insegnanti ad Aushwitz. Ma forse non basta.
Tra pochi giorni è il 25 Aprile. E saranno 70 anni. Proviamo tutti quanti ad assumere un impegno di compleanno. Facciamo tutti una cosa per accrescere il numero delle iniziative, per ricordare la Liberazione, regaliamo libri, film, foto, riempiamo le nostre bacheche di immagini, di senso. Facciamo di più, ma non consentiamo l’oblio.
Susanna