#terredisiena: agroalimentare e cibo. Crediamoci davvero e sarà una strada concreta

Stimolata da un editoriale de “La Nazione”, nei giorni scorsi sono intervenuta sul tema dell’agroalimentare e del suo sviluppo in terra di Siena, partendo dalla riflessione che le ragioni che oggi portano ad interrogarsi su un maggiore investimento su questo settore non possono essere considerate solo elettorali.

Sarà che da anni mi occupo della materia, sarà che il 2015, con Expo, aiuterà anche chi ha sempre rivolto lo sguardo altrove a capire qualcosa di più della portata di temi come sovranità alimentare, biodiversità, educazione alimentare, filiere agroalimentari, export agroalimentare, rete HoreCa, ecc.. . Tutto questo ci dovrebbe aiutare a comprendere che, l’agricoltura, non è solo un comparto economico, ma molto di più. E’ presidio ambientale, culture, di salute e di molto altro ancora.

Diciamo anche, con franchezza, che per tanti anni, in questa nostra terra, occuparsi di agroalimentare è stato considerato abbastanza secondario, utile, nel migliore dei casi, ad “accompagnare” altri eventi, ad essere annoverato nel micro pantheon delle nicchie, dei progetti classificabili come “carini” e poco più.  Tutto questo nonostante le eccellenze della nostra produzione, i sacrifici e la lungimiranza di molti nostri produttori (e non mi riferisco solo al comparto vitivinicolo) perché la bellezza di alcune aree che sono divenute ad esempio patrimonio Unesco è tale, prima di tutto, in virtù del quotidiano presidio degli agricoltori. Quegli agricoltori che non hanno certo vissuto di grandi redditi.

Non credo nemmeno che singole infrastrutture o singoli progetti, possano, di per sé diventare salvifici per un territorio. Sono davvero convinta, però, che il nostro territorio possa seriamente investire di più sull’agroalimentare e sul cibo. Bisogna però crederci davvero. E crederci tutti: la politica, le istituzioni, la ricerca ed il sapere, le imprese, la rete della ristorazione, della trasformazione e della ricettività turistica, chi si occupa di marketing e promozione, di intermediazione, di mercati internazionali. Non si parte da zero, si è parlato di Enoteca, del Consorzio Agrario, che vanno conservati e rilanciati, ma vorrei aggiungere i consorzi del vino, dell’olio, le varie esperienze di vendita diretta, dei negozi degli agricoltori aperti da associazioni e da privati, le piattaforme organizzate da alcuni comuni per la fornitura di prodotti biologici e locali alle mense scolastiche ecc.. Non sono permessi pasticci o semplici adeguamenti alla moda corrente.

Vogliamo diventare la terra che mette al centro il valore del cibo? Abbiamo spazi fantastici ed unici e competenze da utilizzare. Li abbiamo nelle città, a partire da Siena, nell’Università, nel mondo agricolo, accademico e nella società. Sì, nella società, perché ci sono già centinaia e centinaia di cittadini che si auto organizzano per scegliere e acquistare in azienda agricola. Cittadini che fanno grande attenzione alla qualità dei prodotti che acquistano. C’è la bella esperienza dei Biodistretti, che invito tutti a conoscere. Ci sono Comuni in Italia che hanno da qualche anno cominciato a lavorare sugli sprechi alimentari, sull’agricoltura urbana. Ci sono esperienze importanti nate ad esempio dentro al mercato di San Lorenzo a Firenze, di spuntini e pasti di qualità a prezzo contenuto.

Insomma, ci sono ingredienti e una straordinaria base di partenza, ma siamo capaci di dare tutti assieme un messaggio vero a possibili investitori, ad imprenditori? Possiamo dire “venire ad investire sulla città, o nella terra dell’agroalimentare perché ciò che trovate qui non c’è altrove? Perché ci crede una comunità, un sistema intero?”

Può essere, ma serve in questo momento una regia forte ed abile ed il concorso di tutti davvero, con la convinzione che non si arriva a questo perché “il resto non c’è più”, o perché “oggi tutti guardano all’agroalimentare”, ma solo se questa terra ha voglia di scegliere con convinzione di ripartire davvero dalla “terra di Siena”. Non si vive e non si vivrà, non si tornerà a crescere con il solo agroalimentare. Ma questa potrà essere una vera possibilità solo se comprendiamo fino in fondo che non può essere solo un richiamo “trendy”.

Io non amo parlare di “capitali” per definizione. Capitali lo si diventa con i fatti. Penso che abbiamo le carte per diventarlo, se vogliamo, e spero davvero che qualcosa si stia finalmente mettendo in moto.

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