Attorno ai palazzi delle istituzioni decine e decine di blindati, centinaia di uomini delle forze dell’ordine (quelli sottopagati da questo Governo che la scorsa settimana manifestavano davanti alla Camera), e soprattutto loro: migliaia di studenti. Ragazzi e ragazze. Striscioni, libri, padri della lingua e della cultura, della civiltà, della modernità, del diritto, citati negli striscioni. Studenti, ricercatori: altro che fannulloni che non hanno voglia di studiare! Come per le migliaia di precari della scuola, anche per i giovani che protestano stiamo parlando delle risorse del sapere, del futuro del nostro Paese. Sono mobilitati da mesi, anche se la loro protesta è più visibile nelle ultime settimane. Sono troppo poco considerati dal Governo, ma forse non a sufficienza capiti dalla politica tutta. Chi li rappresenta? Chi sta comprendendo sul serio la rabbia che c’è in questa generazione e quale sbocco può assumere?
Me lo sto chiedendo e lo domando da settimane ai miei colleghi, agli amici e ai compagni di partito. Qualcuno pensa che, concluso l’iter della pessima riforma Gelmini, non resterà niente di queste proteste? Mi sbaglierò, ma io non credo che sarà così. Ci sono tante ragioni che mi spingono a pensarlo. Intanto questa è la prima generazione dal dopoguerra che, se non cambia lo scenario, è destinata ad avere un futuro peggiore dei propri padri. Un futuro fatto di incertezze, precarietà, dentro ad una crisi economica e sociale senza precedenti nel dopoguerra. E’ bene non dimenticare che un terzo di questa generazione è senza lavoro, e che l’Italia detiene il record della disoccupazione giovanile, soprattutto per le ragazze. E’ una generazione in campo in tutta Europa e si sta confrontando con politiche caratterizzate da un irrigidimento dell’ascensore sociale, da un taglio netto delle opportunità per chi ha condizioni economiche più deboli, dalla difesa dei soli redditi alti e garantiti. Nasce e si muove nella fase di massima sfiducia e distanza della cittadinanza con le istituzioni e la politica. Cosa può produrre tutto questo? Ovviamente non mi riferisco agli scontri e alla violenza, che vanno condannati ma che non riassumono né rappresentano la complessità del movimento.
Non ho conosciuto per ragioni anagrafiche né il ’68 né il ’77. Non so cosa possiamo individuare di simile in questo movimento. Penso che possano esserci energie preziose per innovare e cambiare questo Paese, penso anche che non sia semplice intercettare e rappresentare quel disagio e quella rabbia per noi del Pd, per chi ricopre ruoli istituzionali, ma sono profondamente convinta che commetteremmo un errore imperdonabile a non indagare quella rabbia, a non aprire le porte al confronto. Se non lo faremo saremo complici di una frattura – non so come e quanto sanabile – tra cittadinanza e democrazia, tra società e politica, tra le piazze e i palazzi. E trovo che bene abbia fatto il Presidente Napolitano a riceverli, a confrontarsi con loro, a dire loro che le istituzioni della Repubblica non sono luoghi impenetrabili, ma strumenti della democrazia.
I giovani chiedono una visione del futuro. Il Governo ha dato la sua risposta: repressione, offese, ipotesi di arresto preventivo, considerazione zero. Gasparri si è espresso su di loro più o meno come si trattasse di ultras della curva sud o di pericolosi terroristi, La Russa anche. La mia sensazione è che gli episodi di violenza abbiano fatto alzare la guardia alla maggioranza del movimento, e spero che le frange violente che abbiamo visto in azione siano state isolate e messe ai margini della protesta. L’ho gia scritto nell’editoriale: smettiamola di pensare che per cambiare questo Paese dobbiamo dibattere solo di formule e di alleanze. Se non costruiamo un’opposizione nel Paese, un’opposizione fatta di popolo, di teste e di anime, sarà difficile rendere riconoscibile una nostra visione del futuro per cui batterci. Io credo che quei ragazzi, quelle ragazze e quel movimento siano energie sulle quali investire per dar loro una sponda affidabile, e per questa Italia che ha bisogno di futuro e di speranza.