#Trivelle: il referendum del 17 aprile. Perché voterò Sì

 

Il 17 aprile è innanzitutto importante andare a votare. Sappiamo bene che non sarà un voto di svolta, che non sarà con un sì a un quesito residuale rispetto a un tema immensamente più grande, come le scelte nazionali in materia di approvvigionamento energetico, a determinare una svolta ambientalista nel nostro Paese.

Sappiamo che un’eventuale vittoria del Sì a questo referendum non fermerà lo sfruttamento delle risorse fossili, perchè sono solo 21 gli impianti interessati, giungerebbero a scadenza le concessioni in vita e si vieterebbero solo i rinnovi per quei giacimenti in cui sono ancora disponibili risorse.

Sappiamo anche che, nonostante gli impegni assunti pochi mesi fa a Parigi durante COP21, facendo i conti con previsioni sempre più preoccupanti e ravvicinate su clima e futuro del pianeta, il consumo di combustibili fossili nel mondo è ancora enorme (ogni secondo 1050 barili di petrolio, 105000 metri cubi di gas, 250m tonnellate di carbone) con conseguenze su salute, clima e riscaldamento globale.

E’ noto che tale sfruttamento rappresenta un costo economico grandissimo, sia per l’onerosità degli investimenti per le estrazioni e per le tecnologie, che per le conseguenze climatiche, per la salute, per i nostri preziosi mari. Cosi come sappiamo quanto sia calato il costo delle importazioni di petrolio dai Paesi produttori.

Studi recenti stabiliscono che le risorse in termini di idrocarburi esistenti in Italia (100 milioni di tonnellate a fronte di un consumo annuale di petrolio di circa 56 milioni di tonnellate), se venissero estratte nell’arco di 20 anni coprirebbero meno del 9% del consumo energetico annuale.

Ma se questo sfruttamento nazionale non ci rende significativamente meno dipendenti, se i costi enormi alla fine rischiano di superare i vantaggi, se le conseguenze per inquinamento dell’aria e delle falde acquifere, con effetti devastanti anche sull’agricoltura sono cosi pesanti, se le royalties pagate a Comuni, Regioni sono cosi poco rilevanti e se è vero che investimenti nell’efficienza energetica, nelle rinnovabili generano più posti di lavoro di queste forme di sfruttamento così intensive, perché continuare questo sfruttamento? Perchè non fermarsi definitivamente? Perchè non riscrivere la Strategia Energetica Nazionale? E’ vero la vittoria del Sì fermerebbe solo il rinnovo di 21 concessioni entro le 12 miglia.

Il Governo ha fatto un buon lavoro che va riconosciuto e apprezzato con la Legge di Stabilità 2016, recuperando il divieto di trivellazione entro le 12 miglia, ristabilendo competenze e ruolo degli enti locali, rivedendo percorsi privilegiati per permessi di ricerca, e di fatto accogliendo quanto le 9 Regioni proponenti chiedevano con 5 dei 6 quesiti referendari.

Ma se la vittoria dei Si rappresentasse un segnale della volontà di un Paese che tiene al suo territorio, al suo ambiente, al suo mare, al suo cibo e al clima, forse potrebbe essere il primo passo per cambiare direzione.

Per questo, e nella consapevolezza dei limiti del contesto e del quesito, è utile ogni sforzo possibile per incoraggiare a non disertare le urne, per cogliere un’ opportunità di pronunciamento democratico, e a far prevalere un Sì consapevole.

Un Sì che avrà senso se darà vita a iniziative, atti pressioni o per rivedere la strategia Energetica Nazionale.

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