Un altro sviluppo è possibile

 

Non so voi, ma io sono stata colpita da alcune foto impressionanti in queste settimane.

Una è quella del cavalluccio marino avvolto ad un cotton fioc. Io li ho visti quei cavallucci, li ho visti nell’oceano, in un luogo immacolato, lontano da inquinamento e plastiche. Meravigliosi.

Quelle plastiche, quei rifiuti, gli eventi meteorologici violenti, improvvisi e sconvolgenti che seminano morte dall’altra parte del mondo, come nella nostra Livorno, tutto quanto discende dai nostri comportamenti, dal consumo sfrenato di risorse fondamentali di aria, acqua e suolo. Eppure, nonostante la drammaticità di questi eventi, ogni anno, a ogni cambio di stagione, l’uomo più potente della terra rischia di azzerare i passi avanti compiuti con gli accordi di Parigi per fermare quell’orologio accelerato verso l’auto distruzione dell’umanità.

“Siamo tutti vittime del cambiamento climatico, ma anche colpevoli. Il silenzio è di tutti” sostiene Amitav Ghosh nel suo ultimo lavoro ‘La grande cecità’, “Eppure – continua – affrontare il cambiamento climatico risolverebbe tanti problemi dell’occidente”.

Eppure, ci sono uomini e donne che da tempo si muovono diversamente.

Da anni mi capita di incontrare persone impegnate sui temi della Biodiversità e della Sostenibilità. Fa parte del mio impegno, del mio approccio con le politiche agricole, con le politiche dello sviluppo del territorio. Ho cercato nel tempo di recepire richieste, cambiamenti e possibilità in norme di legge, alcune delle quali sono diventate Legge dello Stato. È avvenuto con la Biodiversità, con l’agricoltura sociale, con l’agricoltura biologica, con le norme contro il consumo di suolo.

Se ne parla in convegni, seminari e trasmissioni televisive. È pane quotidiano di associazioni da sempre impegnate sul tema, e per fortuna di cittadini sempre più sensibili, attenti e consapevoli.

Ma siamo ben oltre le parole e le riflessioni e per fortuna potrei stilare elenchi di luoghi, nomi, esperienze concrete. Anche in questi giorni ho avuto modo di approfondire il lavoro fatto e in divenire attorno all’esperienza nata un anno fa a cavallo tra la Toscana e l’Emilia Romagna e ho avuto modo di conoscere un’esperienza come quella di Dynamo Camp: straordinaria realtà impegnata nel sociale ma con progetti economici, formativi e agricoli di assoluta qualità.

Si chiama economia sociale, coniuga la scelta convinta di investimenti ambientalmente e socialmente sostenibili, con utili e risultati economici importanti.

L’ambiente, il clima, la Biodiversità, l’attenzione alla salute e alle condizioni sociali sono la nuova frontiera dell’economia di qualità, di una economia vera che produce reddito e posti di lavoro.

Qualche giorno fa Dario Di Vico ne ha parlato sul Corriere della Sera in un articolo dedicato al circolo virtuoso di cui sono protagoniste le aziende che si impegnano sui tempi della sostenibilità e dell’ambiente. Agricoltura biologica, Responsabilità Sociale di Impresa, riuso, economia circolare…imprese che investono e che creano business con risultati che arrivano anche tra le imprese italiane.

Qualcosa sta cambiando.

Ma non abbastanza e io credo che questo terreno sia l’ambito in cui una sinistra che guarda al futuro e alle giovani generazioni debba investire senza tentennamenti e senza ascoltare sirene.

I dati sulla crescita sono finalmente positivi, si ricomincia a produrre, ma questi dati, pur positivi, non ci consentiranno di uscire definitivamente dalla crisi terribile di questi anni se non saremo capaci di guidare una svolta green a tutto campo.

In ballo c’è la sopravvivenza, il futuro. E come i dati stanno dimostrando un’altra crescita sarebbe anche conveniente economicamente e socialmente.

Proviamoci.

Susanna

 

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